MA CHE IRAN O RUSSIA … DIETRO HAMAS CI SONO SOLO NETANYAHU E LA SOSTITUZIONE ETNICA PERPRETATA DA ANNI A SUON DI ESPROPRI E VIOLENZE

“Una voce si ode a Rama, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata perché essi non sono più”.

Così si legge nell’Antico Testamento nel Libro di Geremia, testo redatto molto probabilmente tra il 626 e il 586 a.C, ma che, nonostante siano passati più 2500 anni, sembra ancora attualissimo nella Terra Santa del III millennio, perché, che siano ebrei o mussulmani, in Palestina, ahimè, ancora oggi si muore!

Solo, stranamente, ci sono dipartite che sembrano pesare più di altre, così, se ci si scandalizza per i 700 israeliani morti, i 2500 feriti ed i 130 ebrei tratti in ostaggio – a seguito degli ultimi attacchi di Hamas perpetrati conto lo Stato d’Israele attraverso l’operazione “Alluvione al-Aqsa” – nessuno, negli anni passati, si è mai disperato per i:

  • 600 palestinesi uccisi durante l’operazione “Piombo Fuso”, nel quale l’esercito israeliano, tra il 27 dicembre del 2008 e il 17 gennaio 2009, colpì duramente la Striscia di Gaza lasciando sul terreno solo 13 israeliani;
  • 2327 palestinesi eliminati nel 2014 nella Striscia di Gaza durante l’operazione “Margine di Protezione” e costata la vita a 66 ragazzi dell’IDF;
  • 5854 palestinesi morti tra il 2008 ed il 2021 contro i 251 cittadini israeliani deceduti nel medesimo periodo, cioè in un macabro rapporto di 1 a 23.

Così come nessuna cancelleria occidentale si è strappata le vesti a seguito della denuncia di “Save the Children”, la quale ha sottolineato come il sistema di detenzione militare israeliano abbia trattenuto ogni anno tra i 500 e i 1000 minori palestinesi.

Questi ultimi, sempre secondo una delle più grandi ONG esistenti, hanno subito, durante la detenzione, abusi fisici ed emotivi. Addirittura quattro su cinque (l’86%) sarebbero stati picchiati mentre il 69% sarebbe stato sottoposto a perquisizione.

Sempre secondo “Save the Children” quasi la metà di questi ragazzini (il 42%) viene ferita al momento dell’arresto, e tra le ferite ci sono quelle da arma da fuoco e fratture ossee (vedi rotture delle ginocchia). Alcuni denunciano violenze di natura sessuale mentre altri vengono trasferiti in tribunale o in centri di detenzione in piccole gabbie.

Però, nonostante tute queste angherie, lo sguardo impaurito e sperduto di questi ragazzini, non è mai stato trasmesso e documentato dal mainstream, chissà perché?

Con ciò non voglio minimamente giustificare l’operato di Hamas ma sottolineare come un altro insegnamento biblico, questa volta di Cristo, sia più che mai attuale e necessario: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada”.

Ora, quante volte si è cercato di rimettere la spada nel fodero in Palestina?

Francamente poche volte, molte di più si è perpetrata la strada della vendetta.

Dunque una risposta estremamente violenta come quella paventata dal Governo Netanyahu che, in alcune sue componenti, desidererebbe spianare letteralmente Gaza porterà mia alla risoluzione del problema?

Certo che no! anzi, a mio modesto parere sarebbe ancora peggio, perché il mondo mussulmano è estremamente variegato ed Hamas non è che una sola componente di questo caleidoscopio religioso.

Per essere sensati nelle decisioni bisogna conoscere la realtà che si ha di fronte, e, in queste ultime ore, così come negli ultimi anni, si è lavorato più avvalendosi dei pregiudizi e delle generalizzazioni che riconoscendo le cause certe.

Pertanto non possiamo non considerare il fatto che:

  • Hamas:
    • E’ nata come un braccio operativo dei Fratelli Musulmani e come tale gode di cospicui finanziamenti e protezione più o meno esplicita da parte dei governi di Turchia e Qatar, non dall’Iran;
    • Si è costituita, nel 1987, come organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista di estrema destra;
    • Dichiara nel proprio Statuto che il suo obiettivo è quello di “sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina”, cioè di eliminare lo Stato di Israele e sostituirlo con una Repubblica Islamica. Questo aspetto rende Hamas una organizzazione politicamente diversa rispetto agli altri movimenti islamisti presenti in tutto il mondo islamico limitando rigidamente la sua attività di lotta di liberazione alla sola Palestina. Questo elemento delimita pertanto l’azione politica di Hamas a una causa strettamente nazionale;
    • E’ nemica giurata di Al-Fatah, organizzazione fondata nel 1959 da Yāser ʿArafāt, la quale, per decenni, è stata l’unico vero partito combattente palestinese contro lo Stato d’Israele;
    • Dal giugno del 2007, avendo eliminato dalla Striscia di esponenti di Al-Fatah, ha assunto il totale controllo, civile e militare, di Gaza;
    • E’ un finanziatore di servizi sociali, scuole, ospedali e servizi agricoli per migliaia di palestinesi di Gaza.
  • Al-Fatah:
    • Ha sempre avuto un’impostazione laica e politicamente di sinistra e ha guidato il popolo palestinese per cinquanta anni quasi senza interruzioni. È un partito membro dell’Internazionale Socialista e dell’Alleanza Progressista ed ha aderito al Partito del Socialismo Europeo in qualità di osservatore;
    • Finanziata principalmente da uomini d’affari palestinesi immigrati in Paesi come il Kuwait ed il Qatar, dove si occupavano di petrolio, ebbe l’appoggio e la protezione anche della Libia di Gheddafi, della Siria degli Hassad, dell’Iraq di Saddam, dell’Unione Sovietica, dell’Italia di Bettino Craxi. Attualmente è finanziata da quasi tutto l’universo arabo e, soprattutto, islamico;
    • Essendo stata cacciata, ad opera di Hamas, dalla Striscia di Gaza nel 2007 ha bandito a sua volta il gruppo di Hamas dai territori della Cisgiordania, territori che ora Governa da sola sotto la Presidenza di Mahmūd Abbās;
  • Hezbollah:
    •  E’ un’organizzazione paramilitare islamista sciita libanese e quindi opposta ad organizzazioni come Hamas in quanto, quest’ultima, sunnita.
    • E’ fortemente antisionista e in Palestina opera principalmente nelle alture del Golan in quanto gli israeliani qui occupano la zona detta delle fattorie di Sheb’a, che apparterrebbero al Libano, oltre a tutta la parte orientale del lago di Tiberiade che sarebbero di pertinenza della Siria;
    • Nata nel giugno 1982 come milizia paramilitare durante il conflitto libanese scoppiato quell’anno con Israele, dallo sforzo iraniano di aggregare una varietà di gruppi di militanti sciiti libanesi in un’organizzazione unificata. I suoi leader si ispirano all’Ayatollah Khomeini, e le sue forze militari sono state addestrate e organizzate da un contingente del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica. In quegli anni si resero protagonisti di una trentina di attacchi suicidi, il più grave nel 1983 quando in un duplice attentato alla forza di pace internazionale a Beirut ovest morirono 241 marines statunitensi e 56 parà francesi.
    • E’ un finanziatore di servizi sociali, scuole, ospedali e servizi agricoli per migliaia di libanesi, e svolge un ruolo significativo nella politica libanese;
    •  E’ divenuto successivamente anche un partito politico ed ha abbandonato l’idea originaria di trasformare il Libano in una Repubblica Islamica Teocratica in favore di un approccio più inclusivo, ivi compreso quello dei cristiani presenti nel “Paese dei cedri”.
    • Nelle ultime elezioni legislative libanesi del 2018, sotto la guida del proprio Segretario Politico, il partito ha ottenuto 12 seggi.
    • È finanziato e sostenuto dall’Iran degli Ayatollah e dalla Siria degli Hassad.

Quindi pensare che vi possa essere una saldatura preesistente tra Hamas e Hezbollah, prima dello scoppio dell’operazione “Alluvione al-Aqsa”, o che ci sia l’Iran dietro questa azione è da folli, come è da pazzi sostenere che la Russia sia responsabile di questa crisi in quanto, per chi non lo sapesse, oltre 100mila cittadini israeliani vivono nella Federazione Russa, mentre centinaia di migliaia di cittadini russi risiedono in Israele il quale, a sua volta, conta ben 1,5 milioni di cittadini nativi di lingua russa.

Certo, il caos inscenato fa gioco, sia a Teheran che a Mosca, perché:

  • Nel primo caso:
    • Potrebbe far saltare gli Accordi di Abramo, fortemente voluti da Trump e lesivi dell’Iran:
    • dimostrerebbe come:
      • Sia pericoloso continuare nella campagna di denigrazione di un regime come quello degli Ayatollah anche attraverso la consegna di Premi Nobel come quello assegnato all’attivista iraniana Narges Mohammadi la quale è in carcere per la difesa dei diritti delle donne (l’operazione  Alluvione al-Aqsa” è scattata proprio all’indomani dell’assegnazione del Nobel);
      • l’Iran, con il suo appoggio verbale alla lotta di Hamas, sia l’unica entità statuale rimasta, che di fatto si preoccupa della cacciata degli ebrei dalla Palestina e della creazione di uno Stato Indipendente di Palestina corrispondente, per ampiezza, ai suoi confini storici.
  • Nel secondo caso:
    •  Distoglierebbe uomini, forze e mezzi, dallo scenario ucraino sempre assetato di risorse;
    • Causerebbe impennate del prezzo di risorse come quelle del gas che in mattinata, ad Amsterdam, sulla piattaforma Ttf, ha fatto registrare un +5,28% portando il costo del megawattora a 40,25 Euro mentre il Brent non è stato da meno: 87,23 Dollari per barile (in aumento del 3,13%) e il Wti ha toccato quota 85,60 Dollari per barile (+3,50). Così facendo le divisioni nel fronte antirusso si acuiranno ancor di più e Mosca ne gioverebbe.

Ma, torno a ripetere, pensare che un piano così complesso e perfetto da parte di Hamas, che indubbiamente ha richiesto anni di preparazione, pianificazione ed addestramento, sia stato ordito dall’asse Mosca – Teheran è fuori luogo non fosse altro perché il Mossad, la potente intelligence israeliana, ha sempre gli occhi e le orecchie puntata su quel quadrante del mondo … ed allora chi è il mandante???

Senza voler cadere nel complottiamo, se si analizzano bene alcuni indizi, la risposta è una sola: l’attuale Governo Netanyahu … Perché?

Perché, come fu per l’11 settembre negli Stati Uniti, le crisi uniscono e cancellano il dissenso.

Ricordiamo infatti che, dal 2019, Benjamin Netanyahu non se la passa proprio bene perché è stato formalmente incriminato per aver ricevuto dei regali lussuosi e una copertura mediatica in suo favore in cambio di leggi in grado di agevolare alcuni media israeliani ed importanti uomini d’affari.

Come se non bastasse, a partire dal luglio 2023 fino a tutto settembre, il Paese di Davide si è completamente spaccato a seguito della proposta di Riforma della Giustizia che prevede la rimozione del “Principio di Irragionevolezza”, cioè la possibilità della Corte Suprema di intervenire sui provvedimenti amministrativi approvati dal Governo e abolirli se li ritiene in qualche modo “irragionevoli”.

Per questa decisione in centinaia di migliaia sono scesi in piazza per 28 settimane consecutive ed anche i riservisti, cioè il nerbo dell’esercito israeliano, è sceso per strada per protestare.

Una situazione che definirla esplosiva sarebbe stata un eufemismo e che ha fatto si che Netanyahu, sempre più isolato, si legasse sempre di più agli elementi più marginali ed estremisti del proprio Governo.

Non a caso nel marzo del 2023, la Knesset, il Parlamento monocamerale israeliano, ha abrogato alcune clausole della legge sul disimpegno del 2005 che hanno spianato la strada alla ricostruzione di 4 insediamenti, distrutti e poi evacuati dai coloni israeliani nel nord della Cisgiordania.

Una risoluzione, quest’ultima, micidiale, spinta anche dalla pressione demografica ebrea: a parte i flussi costanti, da tutto il mondo, di ebrei che vogliono risiedere stabilmente, come i loro antenati, in Palestina, vi è la componente delle nascite che è letteralmente in controtendenza rispetto al mondo occidentale con un tasso di riproduttività del 2% all’anno ed una media di 3 figli per donna.

Cifre, queste ultime, destinate ancora a crescere dato che, la componente degli ebrei ortodossi, che oggi rappresentano solo il 13% della popolazione dello Stato d’Israele, risulta essere molto più feconda avendo a testa ben 6 figli, e che, quindi, secondo calcoli approssimativi, nel 2050 dovrebbe rappresentare ben il 25% della popolazione ebraica ivi presente.   

Ora se il caos che imperversa in Israele è stato risolto tra gli ebrei nel modo appena accennato verso l’esterno, cioè i palestinesi, la politica israeliana si è caratterizzata per l’arte del “dividi et impera”: Hamas contro Al-Fatah ed Hezbollah, al nord, fuori dai giochi della Giudea.

Il Governo Netanyahu sapeva ciò che Hamas stava preparando da tempo perché era stato avvertito dai servizi segreti del Governo egiziano di Al-Sisi, ma gli israeliani, ufficialmente, non diedero peso alla cosa, perché erano presi dall’osservare l’evoluzione della situazione in Cisgiordania.

Poi, anni prima, nel 2011, Netanyahu aveva fatto rilasciare uno dei principali responsabili della futura operazione “Alluvione al-Aqsa”, Yahya Sinwar, perché facente parte del gruppo di 1000 prigionieri palestinesi scambiati con un solo soldato israeliano, Gilad Shalit, catturato nel 2006 e tenuto in ostaggio a Gaza per cinque anni.

Sinwar non dimenticherà mai questo dettaglio ed infatti è stato lui a voler far rapire il numero massimo di persone che è stato possibile prelevare durante l’attacco di Hamas di questi giorni.

Insomma Netanyahu ha alimentato come meglio poteva questo bubbone per poi vederlo esplodere nel momento più propizio.

È infatti impossibile pensare che la compressione di 2 milioni di palestinesi dentro un’area di appena 365 km² – cioè poco più grande del Comune di Manfredonia, con un tasso di disoccupazione pari al 45% della popolazione ivi presente ed il 64% delle famiglie a rischio di insicurezza alimentare – non potesse portare a delle deflagrazioni come quelle a cui stiamo assistendo.

Ora che Israele è in guerra Netanyahu diventerà leader di un Governo di Unità Nazionale e tutte le polemiche si concluderanno, nel mentre anche Biden cerca di trarne il proprio tornaconto ed inviando una portaerei al largo delle coste israeliane vuole ergersi a pacificatore della regione denunciando la velleità degli Accordi di Abramo.

Insomma, tutti hanno un motivo per soffiare sul fuoco … tutti tranne la povera gente, come gli italiani qui in Europa (vedi prezzo dell’energia) e gli ebrei ed i palestinesi in Terra Santa (vedi bilancio drammatico delle vittime).

Lorenzo Valloreja

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