“LE STREGHE SON TORNATE”, MA PIU’ CHE FAR TREMARE ORMAI HANNO PROPRIO ANNOIATO E ROTTO LE SCATOLE.

Bene, la Festa della Donna 2019 è archiviata, e L’ Ortis non ha voluto fare la parte del guastafeste.

Però, che questo anno in Italia, questa indigeribile sagra veterofemminista, che non solo le beneamate istituzioni, ma persino la cosiddetta Destra si sono fatte imporre dal Pensiero Unico, abbia ormai varcato la soglia del buon gusto e del buon senso, lo dobbiamo dire anche perché nessuno ha il coraggio di dirlo.

Come nessuno ha il coraggio di notare che determinate professioni o impieghi sono ormai quasi totalmente femminili (basti pensare all’insegnamento di tutti gli ordini e gradi), e che in nessuna situazione societaria o imprenditoriale manca una presenza femminile anche ai livelli più alti. E che dire poi, delle donne nelle forze armate? E nella magistratura, ai più alti livelli della burocrazia, in qualunque corpo elettivo (non sia mai se così non fosse, vedi le “quote rosa”). Ma qui, non vi è nessuna polemica: semplicemente, si chiede comprensione per il fatto che ancora nascono tanti, troppi uomini. Però questi sono “pezzi di merda” per dirla con la performance televisiva di Angela Finocchiaro di qualche tempo fa; naturalmente tutti violentatori, maltrattatori, femminicidari potenziali almeno col pensiero (ma su questo, vi è una apposita giornata rituale il 25 novembre).

 A questo punto, però, possiamo dire che le femministe hanno veramente rotto le scatole con la loro cultura del piagnisteo permanente, e col loro rancore da secchiona sfigata che alle feste liceali sfoglia L’Unità perché nessuno se la fila? Possiamo dire che le donne normali e lavoratrici si sono in grandissima maggioranza infischiate nientemeno che di uno sciopero generale indetto da tutti i sindacati nazionali ? Per quanto mi riguarda, infatti, nessuna delle mie colleghe vi ha aderito.

Accennavamo al buon gusto, alla pacatezza e al decoro che se indubbiamente abbondanti nei pistolotti e rituali istituzionali, sulla piazza sono clamorosamente mancati a opera, ripetiamo, di una minoranza fanatica, ultraideologica e ateistica militante alla “tremate le streghe son tornate” che in Monica Cirinnà, alfiera dei matrimoni gay tanto cara alla “dialogante” Conferenza episcopale italiana, ha una sua esponente di primissimo piano se non leader. La correttissima, civilissima, signora ha inalberato tra un tripudio di mimose il cartello di cui alla foto (ma non è questa povera patria, a pagarle i suoi lauti emolumenti?).

E cosa dire, a Milano, della statua di Indro Montanelli imbrattata di vernice rosa, o del cartello con la plateale bestemmia ovviamente non notata dalle autorità competenti recitante “Il corpo è mio e non di quel porco di D….?

Basta con questa sagra dell’odio e del rancore di frustrate di successo perché di regime, e dei loro reggicoda lobotomizzati dal Pensiero Unico; iniziamo a boicottare la cosiddetta Festa della donna lasciando ad appassire sugli alberi le ormai detestabili inflorescenze gialle.

Antonio Martino     

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