LETTERA APERTA AL GENERALE ROBERTO VANNACCI

Caro Signor Generale, Roberto Vannacci, chi le scrive è un ex Caporale Paracadutista che fu inquadrato presso l’ormai disciolta “Compagnia Armi di Sostegno – Sparvieri” del 2 Battaglione “Tarquinia” e che ebbe quale incarico il 111A.

Mi permetto di scriverle, dunque, in primis come suo ex commilitone – benché Ella, in quegli anni, fosse inquadrato presso il glorioso 9 Reggimento d’assalto “Col Moschin” e non, come me, presso il 187 Reggimento Paracadutisti “Folgore”.

Ora, premesso che, come la stragrande maggioranza degli italiani, condivido il suo malessere e buona parte delle sue tesi espresse nell’ormai famoso libro “IL MONDO AL CONTRARIO”, vengo a manifestarle una certa delusione riguardo il suo tentativo – nelle ore immediatamente successive allo scoppio della polemica mediatica circa i suoi pensieri – di smorzare i toni, di sottolineare i travisamenti, insomma, di salvare il salvabile.

Lei, Signor Generale, è sufficientemente colto, intelligente e di mondo, per sapere e immaginare, che con una simile pubblicazione si sarebbe tagliato letteralmente i ponti alle spalle.

Ella, conosce molto bene il mondo delle comunicazione e le proprie regole, non fosse altro che, nel 2000, a Mostar, era inquadrato della Divisione multinazionale “Salamandre” dove si occupava delle “operazioni psicologiche militari” (PSYOP) del contingente, cioè, nella produzione dell’INFORMAZIONE poiché, come da dottrina, le “PSYOP” altro non sono che “l’insieme di prodotti e/o azioni che condizionano o rafforzano attitudini, opinioni ed emozioni di specifici target quali Governi di Paesi stranieri, organizzazioni, gruppi o singoli individui al fine di indurli a comportarsi in modo tale da supportare gli obiettivi che gli operatori si sono preposti”.

Dunque non posso credere, Signor Generale, alle sue parole quando ha affermato: “Sono amareggiato dalla decontestualizzazione e dal processo a delle opinioni … Non mi aspettavo un simile polverone …”, lei è fin troppo uomo di mondo da non poter non sapere che nel nostro Paese, di fatto, non vi è la libertà d’opinione.

Infatti la libertà d’opinione è garantita solo su eventi marginali e pecorecci: i tradimenti intercorsi all’interno di una coppia VIP, gli scandali legati al mondo del calcio, la cronaca nera, ed altre amenità similari.

Provi lei ad esprimere una sua sincera e personalissima opinione negativa sul nostro Capo di Stato e vedrà se non incorrerà nel “Reato di Vilipendio” sancito dall’Art.278 del Codice Penale che prevede la reclusione del colpevole da 1 anno a 5 anni di carcere a seconda della gravità e con un ammenda che può variare dai 5.000 ai 30.000 Euro.

Dunque dov’è la libertà d’opinione se un cittadino non può criticare liberamente ed anche pesantemente, il proprio Capo di Sato?

Ma la stessa cosa è accaduta anni fa ad un’insegnante della quale non condividevo e non condivido una sola parola di ciò che ha detto, ma che, il 22 febbraio 2018, avendo augurato la morte alle forze dell’ordine durante una manifestazione antifascista contro un convention elettorale di CasaPound – quindi manifestando solo il proprio odio, non sparando o usando violenza fisica contro di essi – per questa sua bravata, è stata licenziata.

Ergo, se siamo seri e consapevoli, la libertà d’opinione nel nostro Paese non c’è mai stata ne mai ci sarà, giacché, non solo ai fascisti e preclusa la parola, come dalle tante diatribe giudiziarie testimoniate, ma anche agli statali.

Essi in Italia, sono all’incirca 3 milioni e mezzo di unità, cioè quasi il 6% della popolazione alla quale, stando all’Art. 3 del DPCM del 16/09/2014, viene preclusa ogni esternazione difforme dal politicamente corretto vigente.

Infatti, al 1 comma, viene detto che: “Il dipendente (pubblico) osserva la Costituzione, servendo la Nazione con la disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa”; così come al comma 5 viene precisato che: “Nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell’azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, adesione o svolgimento di attività sindacale, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale”.

Ora se a questo 6% aggiungiamo i 18 milioni di pensionati, che per logica, in quanto percettori di un assegno statale, anch’essi possono essere considerati degli “statali”, arriviamo ad un buon 39% degli italiani che deve necessariamente tacere, conformandosi al verbo unico e sostenere, con il sorriso sulle labbra, che tutto va bene madama la marchesa!.

Ad onor del vero questa piaga non è solo del nostro Paese tant’è che, anche negli Stati Uniti d’America, da sempre considerati Patria delle Libertà, non tutti i partiti hanno diritto di parola: li, ad esempio, il Partito Comunista è bandito, e che Paese è mai libero la dove ad una parte della popolazione è preclusa la parola e la rappresentanza?

Ergo non esiste la vera libertà e lei questo ben lo sapeva, così come è cosciente del fatto che è diventato Generale non certo per soli suoi meriti.

Lei è certamente un ufficiale preparato, ma allo stesso modo di ufficiali preparati l’Italia ne ha piene le caserme.

Per fare quel salto in più, qualche politico dell’epoca, qualche Sottosegretario, qualche Ministro, doveva averla in simpatia.

Ciò non significa affatto, che lei, Signor Generale, abbia mai chiesto una raccomandazione, ma semplicemente che al suo nome, all’epoca della sua promozione, nessuno ha osato porre un veto … altrimenti l’avrebbero fermata al grado di Colonnello.

Dunque perché Lei ha pubblicato questo libro proprio in questo momento brillante della sua carriera?

Cosa si aspettava che accadesse?

È un segnale per i suoi colleghi e per tutti gli italiani che la pensano in un certo modo o veramente devo credere che lei in questa vicenda è stato uno sprovveduto?

Vede, Signor Generale, anch’io nel 2017 ho autoprodotto un libro intitolato: “AL DI LÀ DEL PREGIUDIZO – SAGGIO SUL PERCHÈ L’ITALIA PER RINASCERE DEBBA TASSATIVAMENTE: USCIRE DALL’UNIONE EUROPEA; USCIRE DALL’EURO; USCIRE DALLA NATO; ALLEARSI ALLA RUSSIA DI PUTIN” e per tale pubblicazione, dopo l’inizio dell’operazione speciale sono stato anche minacciato di morte, ma non è che ho mai tentato di ritrattare la mia posizione perché il libro era stato scritto prima della guerra, che le mie frasi sono state decontestualizzate, ecc. ecc. sapevo i rischi a cui andavo incontro e conosco i rischi a cui vado ancora in corso, e li accetto perché sono sempre dell’avviso come sosteneva Ezra Pound che “se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla”.

So molto bene, ad esempio, come già è successo durante le due ultime guerre mondiali che se, malauguratamente, il nostro Paese entrasse in guerra contro la Federazione Russa, io sarei immediatamente arresto ed internato come lo furono i giapponesi negli Stati Uniti o gli italiani in Egitto.

Si rende conto???

Io internato!

Proprio io che mi considero uno dei maggiori patrioti italiani, che per il mio Paese, anziché cercare di non fare il servizio militare negli anni 90, come facevano tutti, partii volontario dall’Abruzzo per andare militare nella Folgore, a più di 500 km da casa e questo non per fare carriera e sistemarmi, ma per fare il mio dovere di cittadino italiano, come lo fecero, prima di me: mio padre, mio nonno ed il mio bisnonno.

A me che, per amore di Patria, mi sono sempre occupato, gratuitamente ed amore dei, di politica, sociale, ambiente e tradizioni, potrebbe toccare questo destino … eppure sono disposto ad affrontare l’onta perché la dignità non ha prezzo ed è l’unica cosa che forse possiamo portarci nell’aldilà.

Date queste considerazioni e sapendo che a lei, caro Signor Generale, il coraggio di certo non manca, mi sarei aspettato da parte sua, con il montare delle polemiche, una conferenza stampa nella quale Ella avrebbe:

  • Presentato le sue dimissioni irrevocabili dall’esercito per incompatibilità con la classe politica di questo Paese;
  • Smascherato i nomi ed i cognomi di tutti coloro i quali, in questi anni, hanno usato l’esercito e le istituzioni per i propri porci comodi;
  • Assunto il ruolo di punto di riferimento verso la lotta e contestazione a questo sistema.

Ma non essendo stato così, il danno è stato sicuramente doppio, poiché, se alle chiacchiere non si da corpo e sostanza, un opinione, per quanto autorevole, è destinata a diventare dialettica da bar, buona solo a favorire il gioco dell’alternanza parlamentare, ma giammai, quella dell’alternativa politica.

Ciò che lei ha denunciato con il suo scritto, in fondo, per quanto condivisibile, è solo la rappresentazione dei “peccati veniali di questo Paese”, ma la polpa, o se vogliamo i veri peccati originali del nostro sistema, sono da lei ancora sottaciuti.

Mi piacerebbe pertanto sapere quali sono le sue opinioni personali riguardo le missioni che per conto del nostro Stato lei ha effettuato.

Cosa ad esempio ha pensato riguardo il nostro intervento in Afghanistan, in Iraq, piuttosto che in Bosnia?

Cosa ne pensa della guerra in Ucraina?

Cosa ne pensa dell’Unione Europea e dell’Euro?

Tutto ciò è importante perché, in un Paese, dove la classe politica sembra essere, al di là delle varie sigle esistenti, la medesima, i militari potrebbero essere un punto di riferimento per tutti quei cittadini che non trovano più risposte adeguate alle proprie esigenze.

In altri termini, nel 2023, vi è più un d’Annunzio che sia disposto a disubbidire per salvare la Patria o l’esercito è diventato un luogo dove costruire solo solide speranze, cioè le proprie?

Perciò, caro Signor Generale, la invito a dimettersi per assurgere al ruolo di guida ideale e plastica di un’altra Italia.

Diversamente ci troveremmo dinnanzi solo all’ennesima versione aggiornata del film di Monicelli “Vogliamo i colonnelli”.

Lorenzo Valloreja

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