STIAMO VIVENDO L’ESTATE PIU’ CALDA DA SEMPRE (PER QUANTO NE SAPPIAMO). MA ATTENZIONE: IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E’ ORMAI SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI, MOLTO MENO L'”INGEGNERIA CLIMATICA”.

Notte tropicale sarebbe quella in cui la minima notturna non scende al di sotto dei 20 gradi Celsius.

Ciò tocca alle città, borghi, territori italiani (ancora solo d’estate, la precisazione non è a questo punto oziosa), sempre più spesso negli ultimi trenta-trentacinque anni. Ma questa estate, partita un po’ fiacca e facente seguito a una primavera alquanto piovosa sembra apposta per regalarci qualche bottiglia di acqua minerale in più, sembra destinata a battere ogni record.

In questi giorni il caldo (solitamente afoso) data la mancanza di correnti d’aria, ha raggiunto livelli di assoluto record storico: è sotto gli occhi di tutti, non occorre la ratifica notarile degli “esperti” che esaminata la trafila statistica, decreteranno in successione “è stata l’estate più calda di sempre” dovunque e non solo in Italia, verso la metà del 2024 “ il 2023 è stato l’anno più caldo” e così a seguire. In questi giorni una massima di quaranta gradi e più a Roma, Napoli, Pescara, Latina, in Sicilia oppure in Sardegna, è una inquietante normalità. Inquietante anche troppo.  

Anzi, giacché ci sono, azzardo una previsione da meteorologo abusivo e sfacciato: l’autunno 2023 sarà caldo anzi bollente, i nostri ragazzi rientreranno a scuola con più caldo di quello che c’era alla chiusura dell’anno scolastico, ad ottobre si andrà al mare e si faranno i bagni lungo tutti i nostri lidi, il livello dei Laghi si riabbasserà paurosamente, l’estate di san Martino sarà quasi un solleone (scongiurato solo dall’astronomia) che lambirà il Santo Natale il quale tutto sarà tranne che bianco. Andiamo presumibilmente, verso il destino dell’Andalusia, terra baciata perennemente dal sole (o forse, piuttosto, da questo bruciata). Ovviamente, gli eventi meteorologicamente estremi in contraccolpo saranno sempre più frequenti (super grandinate, alluvioni, fulmini, etc.).

Tutto ciò, perdonatemi se sono inguaribilmente polemico fino all’apparente “complottismo cronico” calza a pennello sulla narrazione main stream e istituzionale del “cambiamento climatico”. Intendiamoci: il cambiamento climatico c’è, sono stato fin troppo pessimista nella sua evocazione. Ma andiamo al dunque: non c’entra nulla, o ben poco, con le attività e abitudini umane, come crede anche il professor Antonino Zichichi; quanto piuttosto, con correnti atlantiche portanti a queste latitudini aria tropicale (come sette anni fa) e soprattutto con la scomparsa dell’ Anticiclone delle Azzorre (prima presenza alquanto indesiderata nelle nostre estati a partire dagli anni Ottanta, ma apportatore di stabilità protratta più che vero e proprio bollore), sostituito dal ben più rovente Anticiclone africano nostro visitatore anche d’ inverno e ormai e al momento, vero dominus del clima italiano.

Ma anche se in letteratura classica (o quello che ci è pervenuto nella lingua di Cicerone o di Omero) poco o nulla sappiamo di queste cose, come accennammo tempo fa, è ben chiaro che l’antichità mediterranea conobbe temperature ben più calde della modernità e del Medio Evo. Nulle o quasi le rappresentazioni in scultura o arti pittoriche, di uomini o donne in pellicce o mantelli; gli elefanti di Annibale varcarono le Alpi in inverno semplicemente perché la neve non vi era, altro che abnegazione pachidermica.

Sarebbe saggio e concreto rivedere, specie per l’estate, orari di attività commerciali e lavorative; non limitarsi al feticcio dello “smart working”. E soprattutto, non è la follia dell’auto elettrica che cambierà il tutto: cosa volete che interessi all’ Anticiclone africano che abbiamo delegato alla Cina la realizzazione delle batterie essenziali per esse? Vederci in braghe di tela non lo muoverà a compassione.

Ma tornando a qualche mia perplessità sulla narrazione main stream e istituzionale del “cambiamento climatico”, vi segnalo il sito della Commissione europea (quanto dovrebbe esservi di più affidabile, o no?) laddove ammette apertamente delle attività di “ingegneria climatica” da parte dello IPCC (un gruppo intergovernativo di scienziati del clima).

…..”Uno dei metodi discussi riguarda l’eliminazione del biossido di carbonio (CO2) e dei gas serra (GHG) dall’atmosfera. In alternativa, vi sono tecniche per gestire la radiazione solare (SRM), le quali riducono la quantità di luce solare assorbita dalla Terra, nel tentativo di compensare gli effetti determinati dalle maggiori concentrazioni di GHG. Il progetto IMPLICC (“Implications and risks of engineering solar radiation to limit climate change”), finanziato dall’UE, si proponeva di studiare l’efficienza, gli effetti collaterali e le implicazioni economiche delle tecniche SRM. Gli scienziati si sono concentrati su tre metodi principali, vale a dire riflettori spaziali posti tra la Terra e il Sole, iniezioni di zolfo nella stratosfera e nuvole marine di basso livello. Servendosi di modelli di sistema terrestre, i partner di IMPLICC hanno lavorato all’esecuzione di simulazioni climatiche degli effetti delle varie tecniche di geoingegneria. I risultati hanno indicato che l’efficacia sugli effetti delle attività solari sulla Terra (“solar forcing”) è inferiore al “forcing” CO2 e che, per bilanciare l’aumento della temperatura globale, sarebbe necessario il 10-20 % di ingegneria in più rispetto al previsto. Un altro risultato importante riguarda il fatto che le tecniche SRM non potrebbero ripristinare il clima storico,perché se l’aumento della temperatura fosse interamente equilibrato, si sovracompenserebbe l’aumento delle precipitazioni. Le iniezioni di zolfo nella stratosfera si fondano sul principio che prevede la creazione di uno strato di aerosol, il quale essenzialmente rifletterebbe la luce solare. Per indagare sugli effetti positivi di tale approccio senza incidere sullo strato di ozono, i ricercatori hanno compiuto vari esperimenti di simulazione, valutando l’efficacia di emissioni a diverse altitudini e latitudini. Rispetto alla manipolazione riguardante lo sbiancamento delle nuvole come mezzo per bilanciare gli effetti dei GHG, i partner hanno scoperto che in generale le aree più sensibili rispetto a questa tecnica sono state individuate sopra gli oceani tropicali. Nel complesso, gli studi IMPLICC sulle tecniche di geoingegneria hanno evidenziato una certa incertezza riguardo alle dimensioni degli effetti radiativi causati da questi metodi. È stato anche suggerito che, per poter valutare con maggiore precisione le potenzialità di questi metodi, potrebbero rivelarsi utili osservazioni complete di fenomeni naturali correlati”.

E se in tutto questo fosse inciampato un apprendista stregone (ad esempio in giochetti con lo zolfo o nello sbiancare troppo le nuvole da qualche parte, o al contrario nel dare un aiutino, per motivi di incoraggiamento alla  “transizione ecologica”, all’Anticiclone africano?).

Non lo sappiamo, come tutto ciò che di più importante condiziona le nostre vite e quelle dei nostri cari: tu chiamalo se vuoi, parafrasando il grande Lucio Battisti, complottismo…

A. Martino  

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