IPOCRISIA A LIVELLI DI DELIRIO ISTITUZIONALE PER LA MORTE DI SILVIO BERLUSCONI

Era prevedibile, ma non fino a questo punto. L’ipocrisia “cordoglista” per il trapasso di Silvio Berlusconi di cui già vi erano avvisaglie evidentissime (vedi il mio articolo del 23 aprile 2023 PICCOLO VIAGGIO TRA LE CONTRADDIZIONI E INCOERENZE DEL SISTEMA: 2)LA RIDICOLA QUANTO IPOCRITA “PAURA PER BERLUSCONI” DI STAMPA E POLITICI CHE LO HANNO SEMPRE ODIATO). ha raggiunto vette davvero da psicopatologia di massa, o forse e piuttosto, del Potere.

Parrebbe che unica lingua franca parlabile nel panorama pubblico italiano (non solo politico, ma anche sociale e culturale) sia soltanto quella dell’ipocrisia; parrebbe che unico movente non censurabile e non polemizzabile della vita pubblica (non soltanto politica ma anche sociale e culturale) sia il fine inconfessato e obliquo. 

Intendiamoci: una piccola e sana dose di ipocrisia serve anche nella vita interpersonale e sociale (immaginate ad esempio cosa significherebbe dire a chiunque semplicemente ciò che si pensa di lui), figuriamoci poi se “esponente delle istituzioni” o “servitore dello stato”. In tal caso, l’ipocrisia è virtù civica ed espressione di buon senso e saggezza pratica. Se però passa a miglior vita un nemico o persona particolarmente antipatica, innanzitutto occorre la misericordia cristiana e una preghiera da non negare a nessuno; e se non si ha fede, si ricordi almeno la massima latina del “parce sepulto” (che di solito la Sinistra, ora anche “cancel culture” nella sua affannosa rincorsa di ogni moda politicamente corretta proveniente da oltre atlantico, non osserva affatto).

Ma i funerali di stato e il lutto nazionale per un ex capo del governo che il predecessore di Mattarella al Quirinale fece di tutto per spodestare in cooperazione con eurocrazia e vertici governativi tedeschi; il cordoglio addirittura della Associazione nazionale magistrati per un cittadino che il sistema giudiziario ha deciso di risparmiare dopo quasi trenta anni di accuse tramite cavilli e prescrizioni varie (sensatezza o meno delle ultime e residuali imputazioni a parte) solo perché politicamente ormai inoffensivo per il Sistema euroatlantista; per un umiliato uomo di stato cui fu ritirato il cavalierato e persino il passaporto; per un reo condannato al servizio sociale come misura alternativa al carcere alla pari di un balordo qualunque; tutto ciò assieme alla valanga mediatica di contraddizioni e incoerenze cordogliste non possono che gettare una ulteriore patina di non credibilità, non serietà, non onestà intellettuale sul Sistema che prima condanna in via definitiva per un reato fiscale un cittadino (tra l’altro con sentenza di Cassazione ineditamente ed incredibilmente ferragostana per evitare la prescrizione incombente), e poi per la sua dipartita lista a lutto le bandiere delle caserme della Guardia di finanza. Se questo Sistema fosse una persona fisica, abbisognerebbe indubbiamente di una seria psicoterapia.

A meno che….a meno che…..tutto questo non serva, banalmente e volgarmente, a spartirsi le ormai ridottissime vesti di un elettorato forzista ai minimi termini. E non serva, anche, a completare la preziosa opera della destra bluette che, su posizioni solo teatralmente diverse dalla sinistra fucsia, da un pezzo conduce per mano (e forse Berlusconi ne fu riluttante ma fondamentale complice) il suo elettorato spesso ingenuo, o fin troppo furbo a seconda dei casi, alla cremazione dello stato italiano nel crogiolo europeista e nel nichilismo più radicale (i cromatismi sono rubati a Diego Fusaro).

E poi, non facciamo il diavolo più nero di quello che sia: un pochino di debito morale per la colossale presa in giro di un vecchio malfermo all’ultima elezione del presidente della repubblica, può anche essere che lo sentissero. In fondo, gli hanno negato in vita quello che Silvio Berlusconi riteneva il coronamento naturale del suo cursus honorum. Il “mausoleo” (così chiamato dalla stampa main stream senza remora alcuna) non di Alicarnasso (una delle sette mitiche meraviglie del mondo classico) ma di Arcore è proprio come il lascito politico e culturale di Silvio Berlusconi. Sarà pure opera del maestro novecentesco della pietra Pietro (nomen omen) Cascella, ma come gran parte della produzione artistica del nichilismo astrattista contemporaneo, ti dà un’impressione di straniamento, di creatività simbolicamente sprecata; lo vedi e non ti lascia nulla, a differenza di un Mosè o Pietà michelangioleschi.

Silvio Berlusconi, che fu follemente aggredito a Milano proprio con una statuetta del Duomo (atto gravissimo praticamente impunito), ha riscosso attenzioni da anni nel cinema e anche in opere surreali alla Cattelan, come quella assurda e vagamente necrofiliaca da morto in una teca trasparente.

Allo stesso modo della fine da lui scelta per le proprie spoglie mortali, scusatemi, ma il trentennio della leadership e/o premiership di Silvio Berlusconi (che per essere lì collocato dove dicevo ha dovuto infatti essere cremato) che cosa lascia agli italiani, a parte le incredibili maratone televisive tra lunedì e mercoledì? Ho la presunzione di dirvelo, e credetemi, non è opera di grande sforzo intellettuale.

La “rivoluzione liberale”? No. Lo Stato tende sempre più all’autoritarismo e ai controlli, dalla moneta contante alla dittatura sanitaria momentaneamente sospesa. Non si acquista più anonimamente nemmeno un biglietto per la curva allo stadio, e questo il patron del grande Milan e poi del Monza, lo sapeva molto bene.

Un nuovo e più rilassato ed equo e multilaterale ordine internazionale, grazie all’amicizia con Vladimir Putin? No. L’ex premier italiano fu deriso come se fosse un vecchio ubriacone da Zelensky per le sue parole sagge e sincere sulla crisi ucraina: l’ultima esternazione coraggiosa e fuori dai denti di un uomo la cui ricchezza ed enormità di interessi, paradossalmente, furono la sua debolezza.

Rispetto alla sua “discesa in campo” del 1993, l’Italia è più libera come soggetto europeo e mondiale? No, ovviamente: anzi, nel 1993 avevamo la sovranità monetaria persa materialmente proprio sotto il Berlusconi bis (anno 2002).

Ci ha lasciato almeno la pace? No. Dalle “missioni di pace” siamo passati alla guerra per procura e a una frattura forse irrimediabile proprio con la Russia dell’amico Putin.

La riforma della magistratura? No. L’Associazione nazionale magistrati sta ancora lì, organo praticamente corporativo, a telecomandare con i suoi anatemi (peraltro non udibili solo se si volesse) il naufragio di qualunque serio e radicale tentativo in tal senso.

Divorzi e vivacità private a parte, all’epoca di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI giurava e spergiurava su Forza Italia garante dei valori familiari e cristiani, raccontava la storiella delle zie suore ecc. …Ci possiamo ancora dire una società influenzata dal cristianesimo? No. Gli è bastato qualche sermoncino dalla penultima compagna, e le intimidazioni delle lobbies LGBT anche alle sue aziende, per collaborare alla omosessualizazione della nostra società.

Ma almeno ci consegna un cinema, piuttosto che il calcio, degni di un paese dalle potenzialità e tradizioni enormi in quei campi? No: il gruppo Mediaset (ora significativamente europeizzato dalla partecipazione di Vivendi in Media for Europe, la sua nuova veste societaria) non è più interessato alle sale cinematografiche come all’epoca di Medusa (antiquariato audiovisivo secondo molti). E il Milan (che “vinse tutto quello che poteva vincere”), non più utile all’exploit politico è stato venduto a stranieri speculatori per cui il calcio è un business come qualunque altro. Il Monza? Ultimo giocattolo del vecchio leader, farà la fine dell’alano impagliato del Gattopardo: buttato chissà dove dagli eredi.

Comunque sia, grazie sincere (queste sì) al grande Silvio Berlusconi. Ci ha sì delusi, ma anche illusi: e per vivere bene, credetemi, ci vogliono anche le illusioni da idealista.

A. Martino  

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