LA CONTROFFENSIVA UCRAINA È INIZIATA MA È DESTINATA GIÀ A FINIRE ROVINOSAMENTE

In questi ultimi 3 giorni di combattimenti le perdite delle forze armate ucraine ammontano a 3715 militari, 52 carri armati, tra cui molti dei famigerati Leopard inviati solo qualche mese fa, 207 veicoli corazzati da combattimento, 134 veicoli leggeri, 5 aerei, 2 elicotteri, 48 obici trainanti da campo e 53 droni: un ecatombe quindi, sia di mezzi forniti dall’occidente che di uomini messi a disposizione da Kiev, per non parlare, poi, della distruzione del sistema di difesa aerea tedesco IRIS-T il cui costo è di  17 milioni di euro.

In questo caso l’impreparazione degli ucraini ed il pressapochismo dei propri istruttori militari sono stati talmente eclatanti che avrebbero fatto impallidire persino Pippo e Paperino, infatti:

  1. Il sistema è stato schierato a 26 km dal fronte, ampiamente nel raggio di azione dei Lancet russi;
  2. Il sistema, originariamente destinato all’Egitto – in un bel giallo sabbia, tipo “El Alamein” per intenderci – non è stato nemmeno ridipinto di verde, come sarebbe stato più consono per l’utilizzo in una foresta in piena estate. In altri termini, all’IRIS-T, mancavano solo le lucette di Natale ed il lavoro sarebbe stato completo (sic);
  3. Il radar era spento, anzi spentissimo ed il complesso era senza alcuna protezione nelle immediate vicinanze.

In conseguenza di ciò, come si è visto da alcuni filmati delle forze armate russe, un drone da ricognizione ha individuato l’IRIS-T senza alcuna fatica e, in 3-2-1 secondi, il Lancet ne ha fatto, come da manuale, “carne di porco”.

Hai voglia quindi a dire in queste ore che l’esercito di Kiev ha riconquistato 3 villaggi ed è avanzato in diversi punti di 250 metri, oppure 500, così come di 1,5 km.

Questi sarebbero dati eclatanti se si stesse parlando di una battaglia all’interno di una città dove, lo scontro, avverrebbe strada per strada e porta per porta, ma qui, le operazioni si stanno svolgendo su vasta scala, e perdere tutto questo materiale bellico, oltre che recidere la vita di migliaia di persone, per avanzare solo poche centinaia di metri, è senza dubbio fallimentare.

D’altronde, come fu inutile lo stillicidio di vite umane durante la guerra di trincea del 1915/18 per conquistare pochi sassi in più, nel 2023 lo è ancor di più per avanzare di soli 1500 metri e, se si è intellettualmente onesti bisogna ammetterlo, al di là di ogni retorica atlantista.

L’Ucraina è innegabilmente sull’orlo del collasso e ciò è constatabile, non certo per bocca nostra, quanto, per gli insegnamenti che la Storia ci ha lasciato, e, delle quali, ahimè, gli uomini non hanno mai saputo far tesoro.

Infatti ciò che sta facendo l’esercito ucraino, senza ironia di sorta, assomiglia molto a quello che fecero i tedeschi, tra il dicembre del 1944 ed il gennaio del 1945, con la cosiddetta Controffensiva della Ardenne, dove, questi ultimi, in 20 giorni bruciarono, tutte le risorse rimanenti, permettendo così al nemico di assumere, a sua volta, l’iniziativa e chiudere la partita.

Altro errore tattico che ha commesso Kiev è stato quello di distruggere la diga di Kakhovka credendo di assetare la Crimea e quindi creare disagio ai filorussi. Al contrario tanta distruzione non ha fatto altro che creare una situazione di vantaggio per i difensori, così come fu un errore, da parte degli Alleati, nel 1944, distruggere l’Abbazia di Montecassino trasformando, quel sacro luogo, nel nido perfetto per le mitragliatrici dei paracadutisti tedeschi, tanto da far si che la V Armata Statunitense e la VIII Armata Britannica impiegassero ben 4 mesi per conquistare le macerie del monastero.   

È della stessa teoria, in un certo qual modo, anche il professor John Mearsheimer, politologo dell’Università di Chicago, il quale ha sottolineato come, se all’inizio del conflitto, la proporzione tra i militari di Mosca e quelli di Kiev era di soli 3,5 soldati a 1, oggi, essa, è nettamente a favore dei russi, parliamo infatti di un nuovo rapporto che si assesta sul 5 a 1 senza tener conto, tra l’altro, dei 300mila mobilitati da Putin nel 2023 e non ancora giunti sui campi di battaglia.

Truppe fresche, quest’ultime, che potrebbero fare la differenza – insieme ai tanti carri armati di ultima generazione mai usati o ai Sukhoi mai decollati – qualora il Cremlino decidesse di occupare i restanti Oblast ad est del fiume Dnipro: Cernihiv, Dnipropetrovs’k, Kharkiv, Poltava, Sumy.

Tutte regioni, queste, abitate, per maggioranza, da popolazioni russofone e quindi facilmente governabili a differenza delle altre posizionate ad ovest che, con molta probabilità, potrebbero essere foriere di terribili guerriglie partigiane, anche dopo la firma di un trattato di pace.

Ma che vi sia o meno la controffensiva russa una cosa è certa, la pace è sempre più vicina: ben presto gli ucraini saranno costretti a scendere a più miti consigli e Putin, come da noi preannunciato già mesi fa, otterrà tutti gli obbiettivi che si era prefissato.

La diplomazia vaticana, infatti, altro non è, in questa occasione, che la “cartina di tornasole” di questa situazione.

Lorenzo Valloreja

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