LA SITUAZIONE MILITARE IN UCRAINA PER LA RUSSIA E’ DIFFICILE E A UN PUNTO CRITICO. PRIGOZHIN HA RAGIONE, MA A COSA PUNTA?
Qui non si tratta di essere putiniani o atlantisti, o geopoliticamente attendisti. Sforziamoci di essere seri e concreti osservatori del dramma ucraino, a quindici mesi dall’inizio della “operazione militare speciale” della Russia. Più che di politica e ideologia, vorrei occuparmi della situazione puramente militare.
Il panorama non è oggettivamente propizio, in questo momento, per la Russia. Il che non può far esultare più di tanto gli allineati e coperti, schiacciati sul verbo euroatlantista, dato che l’Orso, proprio in quanto ferito e sempre più timoroso per la propria tana, potrebbe porre in essere mosse di straordinaria aggressività e di imprevedibili conseguenze.
Innanzitutto, la Russia ha scoperto più o meno tutte le sue carte in tema di armamenti con relative debolezze. Un po’ come l’Italia nel 1940 quando ad esempio la flotta italiana si rivelò non certo in grado di impensierire la talassocrazia britannica nel Mediterraneo, che ne trasse le conseguenze tattiche potendo dirottare molti mezzi e uomini verso il più globalmente strategico Atlantico: alla lunga, purtroppo, preparammo El Alamein e lo sbarco in Sicilia. Oggi tutto il mondo ha capito le debolezze logistiche e di addestramento delle forze di terra russe, o che i tanto temuti missili ipersonici come i Kinzahl sono abbattibili prima che raggiungano la massima velocità (e ciò avviene proprio in territorio russo); ha capito che la flotta del Mar nero sconta il divieto di transito turco; ha capito che i carri armati russi che dovrebbero fare la differenza sono pochi e che i famosi “fondi di magazzino dell’era sovietica” ne costituiscono proprio il grosso, cui si è ormai attinto.
Ha capito inoltre che i reparti di elite russi sono stati bruciati (con conseguenze umane pesantissime) nei primi mesi, anzi nelle prime settimane, di campagna. L’inesorabile avversario euroatlantista sa benissimo come muoversi nella guerra per commissione (a quanto pare le risorse finanziarie destinate sono illimitate, il che potrebbe essere anche un rischio) in base ai punti deboli di Mosca, e Zelensky quando compila l’ordine sull’ immenso Amazon gratuito delle armi a sua disposizione, non chiede nulla a casaccio. L’Ucraina assurge al ruolo, oggettivamente parlando, di superpotenza militare: mi ricorda un po’ l’Iran imperiale degli ultimi anni, che però carri armati e aerei se li comprava con sonanti petrodollari.
E i suoi servizi di intelligence organizzano clamorose eliminazioni sul territorio russo ingaggiando “pellegrini” che poi, stranamente, i non temibilissimi eredi del KGB beccano sempre ad attentato fatto e riuscito (uno fra tutti, quello dell’indimenticabile Darya Dugina). Gli attuali ribelli che hanno operato attorno a Belgorod e altre città sono davvero “partigiani russi” o più semplicemente, ucraini infiltratisi da un pezzo in territorio russo? Quale sarebbe stata la risposta russa al drone, o ai droni, contro addirittura il Cremlino? La solita sventagliata di missili all’alba, peraltro a detta degli ucraini, quasi tutta abbattuta dai Patriot americani? Intanto, spavaldamente, i servizi segreti ucraini, proclamano di perseguire l’eliminazione dello stesso Putin (chissà chi li sta aiutando e indirizzando…).
Ecco quindi che l’ultima spietata requisitoria di Evghenyi Prigozhin proprietario della Wagner, “grillo parlante” di Putin già “cuoco” in quanto originariamente operante nella ristorazione, come sappiamo, è sensatissima. Vale la pena dar spazio al più significativo passaggio della sua ultima esternazione digitale (come da fonte ANSA) in cui oltretutto ha ammesso che la Wagner ha perso a Bakhmut 20.000 uomini.
“Una nuova “rivoluzione potrebbe scuotere la Russia se il suo balbettante sforzo bellico in Ucraina continua”, ha detto il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin in un’intervista a Konstantin Dolgov, blogger filo-russo.
Prigozhin si è appellato a Putin affinché dichiari “una legge marziale e una nuova ondata di mobilitazione”.
E ha avvertito che se le perdite russe continuano ad aumentare, “tutto questo può finire in una rivoluzione, proprio come nel 1917. I soldati si alzeranno e poi i loro cari si alzeranno. È sbagliato pensare che ce ne siano centinaia, ce ne sono già decine di migliaia, parenti di coloro che sono stati uccisi”.
Ma quale è lo scopo di tanto accanimento dialettico? Egli prevede un possibile crollo del Sistema russo: ed allora, che ruolo vi vorrebbe avere? Alleato degli uomini nuovi? Pretoriano irriducibile di Putin? Capitano di ventura in vendita al miglior offerente? Sconcertante non è la implacabile critica alla gestione oggettivamente fallimentare delle cose militari bensì la sua ambiguità: pare un disfattista, ma potrebbe essere anche un patriota che fa appello alle forze migliori per salvate la Santa Madre. Misteri di Russia.
A. Martino
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