IL G7 – IN QUESTO MONDO, NELL’ANNO DEL SIGNORE 2023 – SPARLA DI COSE DI CUI NON POTREBBE NE’ PARLARE, NE’ DECIDERE
Il G7 sta alla Santa Alleanza come la “Nuova Via della Seta” sta all’Impero di Kublai Khan.
Organizzazioni quindi, queste ultime, al servizio di forze imperialiste intente solo a mantenere i propri interessi e non quelle dei popoli che esse governano.
Il formato G7, poi, ha l’aggravante, nella dicitura stessa dell’organizzazione, cioè quella di voler accogliere nel proprio seno le cosiddette Nazioni più industrializzate della terra, ma è del tutto evidente come, un consesso che non preveda, nel 2023, la presenza della Cina e dell’India, sia, in realtà, tutto fuorché un’assemblea dei maggiori Paesi industrializzati.
Il G7, infatti, è da sempre un’emanazione degli Stati Uniti, e lo è, precisamente, fin dai lontani anni 70 del secolo scorso quando venne istituito per rafforzare l’immagine di Washington uscita innegabilmente opacizzata dalla precedente rescissione dai trattati di Bretton Woods.
Il G7, quindi, altro non è che il club delle forze occidentali, un luogo dove, dietro la parvenza dell’uguaglianza, dello sviluppo e del benessere, si propagano idee e agende legate alla più bieca disumanizzazione tipica delle cosiddette “democrazie compiute”, come nel caso del pagliatone fatto dal Primo Ministro Canadese, Justin Trudeau, alla nostra Premier, Giorgia Meloni, in merito al ritardo che il nostro Paese ha accumulato rispetto all’emancipazione dei diritti della comunità LGBT.
Una compagine, quella andata in scena ad Hiroshima, che, se non fosse reale, potrebbe anche far sorridere per quante e tali, castronate ha deliberato:
Una fra tutte: la volontà di far sedere Zelensky e Putin intorno ad un tavolo delle trattative attraverso la fornitura di caccia da guerra a Kiev e nuove sanzioni contro Mosca, queste ultime, nella versione più aggiornata, rivolte addirittura verso i diamanti estratti, lavorati e commercializzati, dalla Russia; una vera e propria follia, insomma, incorniciata ed impreziosita, come al solito dall’immancabile e improbabile, duo euroburocratico von der Leyen/Michel, nonché dal girovago Presidente Ucraino che, per questa occasione, si è fatto addirittura portare in Giappone da un volo di Stato della Repubblica Francese.
Intanto, mentre nella terra del Sol Levante si vaneggia, la Wagner – che per la cronaca non doveva essere più a Bakhmut, poche ore fa – ha annunciato di aver ripreso completamente tutta la città, segnale questo che, anche tutte le polemiche, sollevate da Prigozhin contro i vertici dell’Armata Rossa, lasciano il tempo che trovano.
La Meloni, dal canto suo, ha tentato in tutti i modi, in quest’ultimo vertice, di portare all’attenzione dei propri alleati il dossier Tunisia, salvo poi, come al solito, non rendersi conto che, i primi a volere la Tunisia nei guai, sono i nostri cugini francesi.
Infatti il destino del regime di Tunisi è troppo importante per Roma: La terra che ospitò Cartagine è la cerniera naturale tra Libia e l’Algeria. Punta più estrema del Magreb, proiettata verso il vecchio continente, da qui transitano i gasdotti che trasferiscono il gas algerino verso la Sicilia e quindi verso la nostra rete nazionale ed è sempre da qui che, ahinoi, negli ultimi tempi, partono la maggioranza dei migranti che sbarcano sulle coste italiane.
Controllare la Tunisia, per noi, è dunque pregnante.
D’altronde lo sapeva molto bene anche Craxi che, attraverso i servizi segreti italiani, riuscì, nel 1987, a far salire al soglio Presidenziale un proprio uomo, l’ex Ministro degli Interni, Ben Alì, lo stesso che, per i medesimi motivi ed invidia della Francia, fu defenestrato nel 2011, dall’allora Presidente Nicolas Sarkozy, attraverso la cosiddetta “Primavera Araba”.
Eliseo, quindi, che, piuttosto che consentire la realizzazione del “Piano Mattei per l’Africa” sarebbe disposto a mandare alle ortiche l’intera Unione Europea e Zelensky stesso.
Dunque che cos’è questo G7 se non l’ultima trappola per stritolare un Paese a Sovranità limitata come il nostro?
Se volessimo seriamente la pace, ed il pacifico multipolarismo, l’unica organizzazione deputata a parlare dovrebbe essere il G20.
Un formato, questo, composto non solo dagli occidentali, ma anche da Paesi come la Russia, la Cina, l’India, l’Arabia Saudita, il Brasile, l’Argentina, il Sud Africa, l’Australia, la Corea del Sud, il Messico e la Turchia.
Il resto sono solo chiacchiere da partigiani e guerrafondai.
Lorenzo Valloreja
Lascia un commento