MA QUALE DEFAULT DEGLI USA… NON PUO’ FALLIRE UNO STATO LA CUI MONETA E’ DA MEZZO SECOLO CARTA STRACCIA SENZA ALCUN LIMITE ALL’EMISSIONE.
Il temuto default delle casse federali statunitensi è un po’ come la storia del “se crolla l’Ucraina, toccherà all’ Europa”: serve a compattare il sistema euroatlantista, insegnando che c’è chi è responsabile, che tutto sommato una soluzione ragionevole in Occidente alla fine si trova sempre ecc. E’ solo una pantomima, un procurato allarme per masse disorientate, manipolate e grate a ogni salvatore per ogni pericolo più o meno costruito a tavolino.
Gli USA, semplicemente, non possono finanziariamente fallire. Dico semplicemente perché il dollaro USA, moneta in cui presumo si svolga la totalità delle transazioni federali dal pagamento degli stipendi a quello dei lavori pubblici passando per (last but not least) il rimborso dei bond federali e il pagamento dei relativi interessi, non ha ufficialmente un valore reale da quando, il 15 agosto 1971, si pose fine alla convertibilità del dollaro in oro sancita dagli accordi di Bretton Woods del 1944 che diedero origine al dominio finanziario della divisa statunitense (rapporto dollaro/oncia d’oro=35:1) con i presìdi di Banca mondiale e Fondo Monetario internazionale. Il dollaro USA era la sola moneta convertibile in ro.
Paradosso della logica illogica della finanza ormai globalista: ciò non rappresentò il benvenuto al dollaro USA e all’economia statunitense nel mondo dei “comuni mortali” della finanza, ma il loro esplosivo trionfo; la massa monetaria, non essendo più sottoposta a un rapportarsi almeno parziale e prudenziale con l’oro disponibile della Federal Reserve e neanche con quello potenzialmente negoziabile sul suolo della Terra, ebbe come unica legittimazione motivazioni geopolitiche, vale a dire il diritto degli USA di inondare il mondo di pezzi di carta bianco-verdi con le effigi dei loro presidenti nella Storia e di finanziare con gli stessi la loro immensa espansione economica e il loro welfare. Nel mondo digitale e della banca con un clic, poi, basta davvero un secondo per creare “moneta” da parte delle banche centrali o dei gestori del credito.
Peccato però che (il dato è significativo quanto semplicissimo), mentre fino al 15 agosto 1971 bastavano $ 35 per un’oncia d’oro (31,1 grammi), ora ce ne vogliono circa 1850. Significherà qualcosa o no?
Nel sistema liberale classico, la spesa pubblica deve essere rigorosamente controllata dai rappresentanti del popolo (per questo “sfizio” si fa per dire, scoppiò la guerra di indipendenza americana ma anche, in fondo, la rivoluzione francese). Dal 1917, però, a causa dell’entrata degli USA nella prima guerra mondiale, si semplificarono un po’ le cose: Senato e Congresso assegnano un tetto massimo (budget) non sforabile e magari rinegoziabile di volta in volta, con relativa dinamica politica bipolare repubblicani/democratici con tanto di “assalti alla diligenza” che le nostre “leggi di stabilità” (ex “finanziarie”) ben conoscono. Tutto qui. Certo, nell’ultimo decennio, dagli ultimi anni di Obama in poi, il famoso budget è sempre più precario e rinegoziato.
Ma non dubitatene: nella capitale dell’impero l’accordo si troverà entro il fatidico primo giorno di giugno. Altrimenti, ma figuratevi se può mai essere, imploderà tutto e un grammo d’oro schizzerà a tremila dollari.
Cosa volete che sia: è tutto un castello di…carte anzi di mouse.
A. Martino
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