CRISI DEMOGRAFICA O CRISI DELLA POLITICA?

L’Italia è, dopo la Germania e la Francia, il terzo paese con più abitanti dell’Unione Europea, il venticinquesimo al mondo. Oggi il 22,6% della popolazione ha più di sessantacinque anni mentre solo il 13,5% ha meno di quindici anni.

Allo stesso tempo sono in costante aumento gli stranieri che, oramai, superano  l’8,8% dei residenti pari a 5.193.669 persone. L’Italia di oggi è uno dei paesi con il tasso di natalità più basso. Tasso che, oramai, si attesta a 1,25 per donna. Dato in costante calo, che vuol dire peggioramento.

Allo stesso tempo il nostro magnifico paese è sempre più disabitato visto che la popolazione si concentra nei grandi centri urbani e solo 741 comuni hanno almeno quindicimila abitanti. Su 8.040 comuni sono 7.299 i piccoli comuni, cioè quelli con poche migliaia di abitanti.

Le cause di questa situazione assai preoccupante sono molteplici. Per esempio il 33% dei bambini sotto i tre anni nato al centro nord possono usufruire di un nido pubblico mentre il Sud fa fatica a raggiungere il 14%. Per la precisione sono 13.834 i servizi per la prima infanzia, i nidi, per 361.318 posti di cui il 50% all’interno di strutture pubbliche.

Mediamente una famiglia spende al mese 303 euro con punte in Trentino Alto Adige ove si può arrivare a rette mensili pari a 472 euro. La retta più bassa in Molise con 169 euro.

Questi costi vanno letti insieme allo stipendio medio in Italia che è di circa 1.600 euro netti al mese per 13 mensilità, ma vi sono molte famiglie, soprattutto le giovani, che non raggiungono questi livelli di reddito.

Gli asili nido aziendali in Italia sono 220, di questi 208 nel Nord Italia e appartengono a grandi realtà aziendali.

Dati eloquenti e che aiutano a comprendere perché in Italia non nascono più bambini.

Come può, infatti, una giovane coppia che, per esempio, non ha una casa di proprietà condivisa con i genitori o comprata/affittata con l’aiuto degli stessi decidere di buon grado di mettere al mondo un figlio, men che meno due.

Due per famiglia significa crescita zero!

In Italia, oltretutto, si inizia a lavorare tardi. A 24 anni i ragazzi ed a 26 le ragazze, fra i quattro ed i cinque anni più tardi rispetto al resto d’Europa.

Addirittura peggio della Grecia che, in termini macroeconomici, è l’unica che si trova in condizioni più complesse dell’Italia.

In Italia si hanno stipendi netti più bassi che nella media europea, si inizia a lavorare più tardi e, quasi sempre, nei primi anni si fa lo stagista quasi gratis. 

In Italia si vive pressoché esclusivamente nei grandi centri urbani ove il costo della vita è più caro, ancora peggio al nord.

Servizi pubblici costosi per la qualità che forniscono, affitti spesso impossibili per le giovani coppie, lavoro quasi sempre mal pagato soprattutto al primo impiego.

Questa la fotografia.

Sarà, forse, per questo che noi “cittadini semplici” non ci stupiamo nell’apprendere che sempre più neo laureati lasciano la nostra patria e che, in termini percentuali, nascono più bambini da giovani coppie italiane all’estero che nel bel paese.

La politica tutta, destra centro e sinistra, saprà, oltre le tante chiacchiere sulla crisi demografica, compiere scelte che possano far invertire la tendenza?

Ignoto UNO

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