IL CALDO FINE SETTIMANA DI VLADIMIR PUTIN. DALL’INCRIMINAZIONE A L’AJA ALLA VISITA IN CRIMEA, E A MARIUPOL IN RICOSTRUZIONE.
Venerdì 17 è, almeno per noi italiani, generalmente considerato giorno infausto.
La Storia dirà se il passo del Tribunale penale internazionale lo sarà verso Vladimir Putin in particolare, o verso la pace mondiale in generale. Comunque sia, il 17 marzo 2023 il Tribunale penale internazionale dell’ Aja, che piaccia o no, ha emesso un mandato di cattura nei confronti di Vladimir Putin. In teoria, qualunque autorità giudiziaria o governativa al mondo (dipende dal livello di separazione tra potere esecutivo e giudiziario) potrebbe mettergli le manette ai polsi.
Vladimir Vladimirovic sarebbe “responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia“. Un altro mandato di arresto è stato spiccato nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino.
A titolo di cronaca, il fratello di Ahmid Khan, presidente della Corte suddetta (qui sotto) ha ottenuto poco tempo fa uno sconto di pena con scarcerazione dalla magistratura britannica per reati legati alla pedofilia. Guarda caso, la sua scarcerazione è avvenuta pochissimi giorni dopo il deposito dell’atto di richiesta di arresto verso il leader russo: una immensa ambiguità giuridica e morale, altro che “legalità” (termine molto di moda ultimamente).
La dottoressa Lvova-Belova è tra i principali promotori e imprenditori umanitari di Russia, ha sposato un sacerdote ortodosso dal quale ha avuto cinque figli naturali adottandone altri diciotto. E questa sarebbe una “mercante di bambini”? “Diabolus est Deus inversus”, anche perché ahimè, l’Ucraina dopo la fine dell’ URSS è stata spesso sotto i riflettori per l’abominevole traffico di orfanelli.
Piccolo particolare tecnico: non solo i due diretti contendenti nel conflitto non aderiscono alla Convenzione internazionale sottostante, ma nemmeno gli USA (che hanno diretto l’entusiasta ed emozionato coro dei loro vassalli acommento dell’incriminazione). Oltretutto, i capi di stato godono di una immunità assoluta. Nel peggiore dei casi, Putin dovrà evitare, anche non più da presidente, qualsiasi stato euroatlantista: se ne farà una ragione, già la Russia è ampiamente sufficiente a non dare la sensazione claustrofobica che possono offrire il confinamento in San Marino o Bhutan.
Non metto in discussione che tra Germania o Francia o Spagna piuttosto che in una procura di provincia italiana o belga o canadese si trovi qualche toga fanatica pronta a dare esecuzione a quanto sopra, ma si renderebbero conto questi signori che ciò provocherebbe la terza guerra mondiale? Forse sì o forse no: speriamo che nessuno di questi volenterosi e paludati cretini (perché già ci sono tanti candidati, di sicuro) non abbia mai occasione, cosa fortunatamente assai improbabile come detto, di “far rispettare la legalità internazionale”. E se la terza guerra mondiale fosse proprio nei desideri di questi giri pedosatanisti detti elites occidentali?
Sabato diciotto marzo, a sorpresa e come a voler sfidare i suoi antagonisti globali, Vladimir Putin si è recato a Sebastopoli nel nono anniversario della riannessione della Crimea alla Russia: ha guidato personalmente la sua auto. Avrebbe dovuto collegarsi on line con una scuola di arte per bambini, ma ha voluto esserci di persona. Entusiasmo delle autorità locali, e prime analisi sofisticatissime delle immagini sulla stampa main stream per dimostrare, in subordine: 1) Putin manda in giro un sosia; 2) Putin è visibilmente malato.
Il giorno (anzi, la notte successiva) si è invece recato a Mariupol, teatro di una delle più sanguinose battaglie di tutta la “Operazione speciale” facendo da testimonial della sua ricostruzione e recandosi nello stesso teatro (già ricostruito) dove si è svolto il processo a veri membri del battaglione Azov che sarebbero stati tenuti scandalosamente in un gabbione sul palco. Veramente, gabbie per uso umano mi risultano anche in ogni aula principale dei tribunali italiani….
Rabbia di Kiev, cui anche i nostri giornaloni fanno sponda. Giuridicamente, sarebbe “istigazione a delinquere”, ma la famosa “legalità”, come già detto, è ormai tutto un relativismo. Leggete come vomita odio “la nostra inviata” de La repubblica (vuoi vedere che sta in un albergo di Kiev?) Brunella Giovara: “ Nikolay Lotkov, suo figlio Dmitry, la nuora Ekaterina, l’amico Alexey Bondarenko lo hanno accolto nella loro cucina appena installata. E lì gli abitanti di Mariupol in esilio sono insorti: “Dmitry e Ekaterina sono sciacalli, li abbiamo visti saccheggiare le case durante i bombardamenti. Sono proprio loro”. Se l’Ucraina riuscirà a riconquistare la città, i Lotkov saranno i primi a finire linciati, e il loro frigo nuovo verrà buttato dalla finestra.”
Ottimo esempio di “hate speech”: brava.
Insomma, Putin (che si preparava a ricevere il collega cinese a Mosca) non dà segni di essere intimidito o ridimensionato dal diritto internazionale brandito contro Mosca come un nuovo modello di missile, o dalle voci di congiure di palazzo imminenti. E c’è chi rischia di rovinarsi il fegato, non tanto in Ucraina quanto da queste parti.
A. Martino
Lascia un commento