IL DELIRANTE COMIZIO SANREMESE DI ROBERTO BENIGNI SULLA “COSTITUZIONE PIU’ BELLA DEL MONDO”. E’ SEMBRATO DI ESSERE IN UNA PAGINA DI GEORGE ORWELL.
L’articolo 21 della Costituzione della Repubblica italiana testualmente afferma:
“ Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.”.
Tale testo è stato, innanzitutto, semplicisticamente citato solo nel capoverso iniziale, da un Roberto Benigni in piena trance propagandistica e adorazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente a parte (credo, non essendo stato, mi pare, più ripreso dalle telecamere) della serata inaugurale del Festival di San Remo della canzone italiana edizione 2023 (o venti ventitré, come dice Amadeus con stupida costruzione lessicale anglofona).
Infatti, dal seguito del dettato legislativo si arguisce che in sostanza, se è vero che la stampa non può conoscere censura preventiva, è sicuramente sotto controllo tra questa e quella legge, e questo o quell’intervento giudiziario: la storia politica e giuridica della repubblica è piena di alti e bassi della libertà di stampa, basti pensare alla declinazione praticamente censoria a posteriori che le querele per diffamazione hanno assunto nella Seconda Repubblica.
L’apologo benigniano, per cui praticamente si è scomodata niente meno che la prima magistratura repubblicana, però, è più generale: vorrebbe insegnare cioè, che il magnifico articolo 21 garantisce la più ampia, ed esemplare, libertà di espressione del pensiero, calpestata invece dove tra le altre cose “si avvelena” (vedasi Russia), e calpestata quando da noi c’era la bieca dittatura i cui manutengoli irrompevano, se si diceva una parola di troppo, pure “se si mangiava una pizza”.
Ma questo Benigni che sembra uscire da un romanzo di George Orwell, ci è o ci fa? Non avrei mai pensato, e lo misi pure per iscritto (chi ne ha voglia può ricercare tra i nostri articoli al tempo del COVID), che dopo lo scempio delle libertà costituzionali fatto da un Conte che a suo sovrano apprezzamento, coperto da tutte le altre massime istituzioni Corte costituzionale compresa, ci diceva se poter uscire o non di casa, e quali attività commerciali potessero lavorare o no, qualche imbonitore tirasse ancora fuori la leggenda metropolitana della “costituzione più bella del mondo”. Che di leggende metropolitane derivate, regno di ogni libertà a parte, ne contiene tante altre quale ad esempio l’obbligatorietà dell’azione penale, come recentemente spiegai. E come il “ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali” pure ricordato da Benigni, imposto dai vincitori che supervisionarono la stesura della Costituzione, ma che certo non impedisce, tanto per dirne una, la sempre più massiccia fornitura di armi per la guerra su commissione.
“Diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”: e allora, come mai Madame, per poter partecipare proprio a San Remo, ha dovuto abiurare i suoi “errori” no vax in una specie di laica confessione pubblica, con tanto di vaccinazione riparatoria?
E allora, come mai, persino in atti di pubblica accusa, si contesta a cittadini italiani il “negazionismo” dell’emergenza sanitaria, dopo quello di chi, magari a torto, nega o anche solo ridimensiona certi tristi fenomeni della storia contemporanea? Sta per arrivare il “negazionismo dell’emergenza alimentare” contro chi si rifiuterà di mangiare grilli o scarafaggi?
E allora, come mai, la serrata critica all’operato politico di un Presidente della repubblica, viene spesso considerata puro e semplice vilipendio?
E allora, come mai, prima o poi, anche il centro-destra acconsentirà a imbavagliare qualunque critica o ragionamento non entusiasta riguardo l’ideologia LGBTQI+?
E allora, come mai un intellettuale come Marcello Veneziani, propugna ormai il “passaggio al bosco”?
E allora, come mai, il sottoscritto calibra ogni parola che qui si permette di scrivere, consapevole della silenziosa attenzione poliziesca del pensiero su ogni articolo de l’Ortis?
E allora, come mai, l’aborto è un pilastro indiscutibile della Repubblica?
E allora, come mai, non si può spiegare, magari sbagliando, che nel conflitto russo-ucraino la dicotomia aggressore-aggredito è semplicista e di comodo?
E allora, come mai, in barba a ogni trattato internazionale di cooperazione e amicizia, le associazioni per gli scambi italo-russe sono guardate con sospetto, controllate, se non minacciate e prive di ogni tutela giurisdizionale?
E allora, come mai, vagliare negativamente l’adesione italiana a Nato o UE crea uno stigma di stupidità se non peggio?
Non so se la costituzione di questa repubblica sia la migliore del mondo: di certo, è la più tradita da chi avrebbe dovuto difenderla.
A. Martino
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