ARRIVA IL NATALE E DA LETTA A MELONI, PASSANDO PER RENZI, GENTILONI E CONTE, NON POTEVA MANCARE LA SOLITA PANTOMIMA DEGLI AUGURI AI NOSTRI MILITARI ALL’ESTERO

Con l’avvicinarsi del Natale, anche quest’anno – come inaugurato nel 2013 dall’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta – il Premier di turno si è recato presso un’unità militare, scelta chiaramente secondo le più fini strategie della comunicazione, per rendere omaggio alla stessa ed augurare a tutti i militari ed alle loro famiglie, Buon Natale e Felice Anno Nuovo.

Così, Giorgia Meloni, ieri è voluta a Bagdad dove ha incontrato, l’Ambasciatore italiano, Maurizio Greganti, e il Generale Giovanni Maria Iannucci, Comandante, non solo della missione italiana ma anche dell’intera Coalizione anti-Daesh (OIR), chiaramente su mandato NATO.

Insieme all’alto ufficiale, ad attendere Giorgia, vi era una rappresentanza di militari italiani presenti e il personale del contingente militare italiano in Iraq tra i quali spiccavano gli uomini del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” ed i militi del 13° Reggimento “Friuli Venezia Giulia”.

Ad essi la Premier ha rivolto le seguenti parole: “Voi sapete meglio di me quanto a questa terra abbiamo dato, quanto abbiamo dato in termini di sacrifici, in termini di tributo di sangue“, alludendo chiaramente alla strage di Nassiriya del 2006, attentato nel quale persero la vita ben 25 italiani, di cui 12 erano carabinieri, e che in Patria suscitò spontanee manifestazioni d’amor patrio, e “quel sacrificio”, ha continuato la Meloni “e quel tributo costruito perfino in Patria, il nostro senso di appartenenza, la consapevolezza della comunità che siamo“.

Detto ciò, dopo essere stata omaggiata dai nostri militari con il dono di una giacca mimetica vegetata ed una patch con il proprio nome, è stata la volta delle foto di rito e subito di corsa dal Primo Ministro irakeno Muhammad Sudani, vero destinatario di questo viaggio.

Infatti il vero obiettivo del Governo Meloni, o meglio tentativo, è quello di strappare importanti forniture di Gas naturale a basso costo da questo Paese che, ricordiamolo, è il dodicesimo produttore al mondo di questa risorsa.

In tale ottica il ragionamento della Premier non fa una grinza: mantenere con un costo elevatissimo, 1200 militari italiani a 4000 km da casa, “val bene una messa” se serve a garantirci un autonomia energetica, ma non è così!

Infatti il gas in questione dovrebbe giungerci o via mare, partendo dal porto di Bassora, con tutti i costi di trasporto ed i relativi impianti di stoccaggio e trasformazione, che anche i più sprovveduti cittadini hanno imparato a conoscere o attraverso le cosiddette “pipeline” che dovrebbero attraversare zone altamente instabili come Siria, Libano, Kurdistan Turco.

In più c’è da considerare il fatto che l’Iraq ha riserve di gas naturale pari a 1.947 volte il consumo annuo interno. Eppure l’elettricità salta continuamente e ogni casa, ristorante, hotel, negozio ha un generatore accesso 24 ore su 24.

A tal riguardo, anni fa, un ingegnere iracheno spiegò ad un giornalista italiano: “Ogni giorno mandiamo in fumo milioni di metri cubi di gas, perché il gas derivante dalla produzione del greggio non viene raccolto, ma sprecato. E poi importiamo energia dall’Iran per mandare avanti il Paese”.

Sempre su questa questione una comparazione l’ha fatta il Washington Institute for Near East Policy: l’Iraq spreca una quantità di gas naturale dieci volte maggiore a quella che importa. Se ne vanno in fumo 2,5 miliardi di dollari l’anno, mentre nelle città del sud – da Bassora a Nassiriya – le estati sono attraversate dalle proteste dei residenti che non hanno elettricità ma pozzi di petrolio sull’uscio di casa.

Secondo il ministero del petrolio iracheno in campo ci sono progetti della Basra Gas Company per iniziare a produrre gas naturale a Bassora, a Maysan, a Dhi Qar. Sul piatto c’erano anche investimenti internazionali di compagnie come Exxon, Chevron e Total, le monopoliste del mercato iracheno, ma i piani sarebbero saltati per “ragioni di sicurezza”.

Secondo altri, però, le ragioni dello spreco non sono finanziarie. Sono politiche: le interferenze esterne e l’obbligo non scritto a non usare quel gas. Pressioni che giungerebbero dal vicino Iran, principale venditore, ma anche dalla Turchia che con l’Iraq ha un interscambio commerciale importante come la sua influenza.

E a questo punto che entrata in gioco la seconda parte della visita della Meloni in Iraq.

Il Primo Ministro italiano, infatti, da Bagdad si è subito spostato ad Erbil – capitale del Kurdistan Irakeno, entità, non si sa ancora per quanto tempo, federata alla Repubblica dell’Iraq, visto che, nel 2017, il 93% della popolazione curda ha votato sì per l’indipendenza del Kurdistan dall’Iraq – e qui ha incontrato l’altra parte del contingente italiano comandato dal Colonnello Daniele Pisani.

Effettuato un nuovo cambio di mimetica, dalla vegetata, infatti, si è passata alla desertica, il Premier ha proferito il seguente discorso: “I sacrifici che fate non sono ovviamente una cosa facile, lo avete fatto per scelta, e quella scelta è una scelta d’amore. Questo dimostra che siete persone libere perché, dice il filosofo Gustave Thibon, che l’uomo non è libero nella misura in cui non dipende da niente e da nessuno ma è libero nell’esatta misura in cui dipende da ciò che ama ed è schiavo nell’esatta misura in cui dipende da ciò che non può amare … I vostri sacrifici e le vostre rinunce” – ha aggiunto – “dipendono da quello che amate, vi rendono liberi e rendono la vostra Nazione libera”.

Quante belle parole!

Quanti bei sentimenti, conditi da lacrime e scambi di doni, come la gigantografia della Meloni, realizzata a mo di mosaico con tutte le foto tessere dei 1000 militari italiani partecipanti alla missione, donata da questi ultimi al Premier: un onore mai concesso a nessun Presidente del Consiglio prima d’ora che la dice lunga anche su come i militari e le forze dell’ordine in genere, siano il principale bacino di voti per Fratelli d’Italia.

Certo, ognuno è libero di votare chi vuole, così come ognuno è libero di lisciare il pelo ai propri elettori, sta di fatto che è quantomeno stucchevole, agli occhi di chi come me ha servito veramente la Patria, gratis et amore dei, come ogni vero patriota volontario dovrebbe fare, perché poi le cose dobbiamo dircele anche chiaramente!

Io sono stato in gioventù, un Caporale Paracadutista della Folgore, non perché mi hanno chiamato ma perché volontariamente mi sono offerto di regalare un anno della mia vita alla Patria e l’ho fatto, non per un lauto compenso (noi non eravamo come i Carabinieri Ausiliari che prendevano 1 milione di lire al mese, io, infatti, tra il mio grado e l’indennità di volo, percepivo qualcosa, al mese, come 250 mila lire) ma perché lo ritenevo giusto.

Ho espletato il mio servizio di leva subito dopo le Scuole Superiori e prima dell’Università, quando tantissimi altri miei coetanei cercavano tutte le vie immaginabili per non fare il militare, dall’essere riformati, al rinvio per studio, all’obiezione di coscienza, come infatti lo hanno fatto tanti politici che poi sono diventati Premier, Renzi in primis … ragion per cui … dopo la mimetica addosso all’ex Sindaco di Firenze tutto è possibile nella “Repubblica delle Banane”, cara Giorgia Meloni.

Altro che serietà, schiena dritta del Paese, orgoglio per i nostri militari …

A volte scherzando si dice la verità, e quando, ad esempio, Checco Zalone, in “Che bella Giornata”, fa dire a Rocco Papaleo, che interpreta suo padre, cuoco dell’esercito, tornato da una missione: “Prendo 6mila euro al mese e non faccio un c…: per me questo è l’ideale”, sta dicendo l’amara verità, perché, al netto dei morti che puntualmente si registrano in queste attività, per andare in missione, bisognava raccomandarsi o finire alle mani: qui c’è gente che in ¾ anni si è comprata casa ed ha estinto il mutuo.

I veri volontari sono i ragazzi come il compianto Santo Pelliccia che, gratuitamente e andarono a combattere durante la Seconda Guerra Mondiale, riguardo poi i morti, ahimè se ne registrano tantissimi anche nei vari cantieri di lavoro sparsi per la nostra penisola.

Il sacrificio lo fanno tutti: forse coloro i quali lavorano in mezzo a mare, sulle piattaforme, la sera di Natale o di Capodanno, hanno meno dignità degli altri? O i sanitari impiegati negli ospedali? O i camerieri, i cuochi e via discorrendo …

Il punto tuttavia è un altro, non è questo il problema.

La questione è come si possa usare una dialettica sovranista quanto credo che si sappia che non si stia facendo niente di dissimile da quanto finora fatto per il Paese, cioè NULLA DI POSITIVO!

Che senso ha continuare ad alimentare la questione del Kurdistan se poi si consente alla Turchia di farla da padrona nel Mediterraneo?

Perché dal Kurdistan si soffia sulla rivoluzione iraniana se non per parare le spalle agli Stati Uniti?

Quali sono i nostri reali interessi in IRAQ, Paese nel quale, fino ad ora, come in Afganistan abbiamo solo perso vite umane e dilapidato soldi pubblici

Perché tutte queste risorse, unitamente a quelle utilizzate per l’Ucraina, non vengono riorganizzate e riutilizzate in Libia, Paese ricco di Gas e petrolio a due passi da casa?

Perché anziché perdere tempo in Iraq non si lavora seriamente per evitare un escalation in Kosovo, e quindi a pochi chilometri dalla Puglia?

Perché, se dobbiamo andare lontano, non ci occupiamo dell’Eritrea e della Somalia, nostre ex colonie in grandi difficoltà economiche ma che rivestono una grandissima importanza sul “collo di bottiglia” di “BĀB AL-MANDAB”

Se avessimo una risposta seria per ognuna di queste nostre domande sarebbe veramente un Buon Natale, ma siccome sappiamo che non le avremo mai ci vogliamo affidare solo alla speranza, ce è sempre l’ultima a morire.

Buon Natale cari lettori.

Lorenzo Valloreja

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