MONS.GIOVANNI D’ERCOLE SULLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE PER CUI NON C’E’ STATA ALCUNA “DITTATURA SANITARIA”.
Mi pare interessante il commento di Mons. Giovanni D’Ercole, vescovo dimissionario (o dimissionato) di Ascoli Piceno probabilmente per le sue critiche alla “dittatura sanitaria”, alla ultima sentenza della Corte Costituzionale in cui rigetta drasticamente censure di legittimità riguardo l’operato dei governi Conte bis e Draghi i quali (più il primo che il secondo), passeranno alla Storia, magari indesideratamente, come “i governi del lockdown”, o “della pandemia”.
Mi piace molto il magistero (anche se dimissionario di una particolare sede, e uomo dallo stile semplice e affabile che, ausiliario a L’ Aquila, partecipò alla protesta delle carriole, resta sempre un vescovo) di D’Ercole sul sano relativismo cui guardare alle umane leggi che oggi possono anche sancire l’abominio, e domani magari accanirvisi contro. E’ in cristiana e naturalistica contraddizione con l’attuale parola d’ordine della “legalità”, sostantivo non a caso molto più diffuso oggi di “onestà” o “giustizia”.
Ringraziamo il blog di Sabino Paciolla, e pubblichiamo interamente l’ intervento di Mons.D’ercole.
“La Corte Costituzionale ha sentenziato che “le scelte del Governo in pandemia non sono state né irragionevoli né sproporzionate” e quindi le decisioni del Governo in tempo di pandemia non sono state incostituzionali. Molti si aspettavano una opposta decisione, che chiamavano di “verità e giustizia”, invece è arrivato quanto più o meno s’intuiva. Penso a tanti che hanno pregato in varie parti d’Italia perché la sentenza fosse diversa e ora possono sentirsi delusi. Non temete e non scoraggiatevi! Questa decisione era più o meno prevedibile, e sarà molto interessante attendere le motivazioni in punto di diritto che ci verranno forse date come “dono” natalizio. Non credo sia difficile articolare le motivazioni, come ha ampiamento argomentato l’Avvocatura dello Stato, a partire per esempio dalla solidarietà in tempo di pandemia a cui fece cenno anche papa Francesco, se ben ricordo, parlando del vaccinarsi come un atto di amore. Le sentenze dei tribunali sono sempre umane cioè purtroppo incapaci di cogliere sempre e in pieno la verità: soddisfano alcuni e lasciano altri con la bocca amare. Tanti ora gioiranno per questa sentenza perché in perfetta buona fede hanno operato in tempo di crisi (occorre sempre riconoscere l’impegno di chi lavora in emergenza).
Tuttavia altri, che in tante parti d’Italia hanno pregato in questi giorni, restano delusi, perplessi e pensosi perché, come qualcuno ha scritto, questa decisione ferisce l’attesa di tanti (tra questi stimati uomini di legge e persone di alta serietà umana, etica e professionale), e può gettare le basi politiche per lo stato d’emergenza di domani, nel quale si potrà ripetere lo stesso schema utilizzato per il covid, appellandosi a questa sentenza. Amici, mai perdere la fiducia: potrebbe ben succedere che domani altri giudici della Corte Costituzionale dicano il contrario. Non va infatti dimenticato – come intelligentemente qualcuno ha fatto rimarcare – che erano legge l’apartheid, il delitto d’onore, persino la discriminazione razziale, il tema della laicità degli Stati, la compressione di importanti diritti umani. E qui mi fermo perché l’elenco potrebbe allungarsi. Con il tempo queste leggi sono state tutte cambiate.
Succederà anche per questo, non ci si scoraggi. Lasciamo tempo al tempo ma continuino la riflessione e il dibattito perché la storia si scrive con il forte coinvolgimento di chi crede in quel che professa e con perseveranza lotta, ascolta, legge, approfondisce, ci mette la faccia e alla fine vince. I secoli raccontano tante avventure come questa, dove persone di buona volontà hanno cambiato leggi sempre più a favore dell’uomo e della donna, a favore della giustizia e della verità. Occorre continuare su questa scia sapendo che la battaglia è sempre viva quando si tratta di difendere i valori dell’essere umani. Ma oggi a cosa è ridotto l’essere umano? Questo è il vero problema che interpella la cultura e anche la nostra fede cristiana. Povero essere umano in questa società dove è stata annullata di fatto la differenza fra esser qualcuno e essere qualcosa (pensate all’essere umano non più procreato ma prodotto in laboratorio, quindi diventato una cosa). E’ in questa complessità confusa e disarmonica che oggi tutto diventa relativo e possibile perché fattibile. E per quale ragione le sentenze dei tribunali non devono risentire di questo clima profondamente pervasivo di ogni ambito sociale? Per un cristiano però non deve venir meno la fiducia e la preghiera resta l’arma vincente d’ogni battaglia che sia secondo il cuore di Dio e non per interessi di parte politici, ideologici, economici e persino religiosi. Siatene certi: verrà il giorno nel quale chi ci sarà, dirà grazie a chi senza scoraggiarsi ha continuato a difendere i diritti della libertà umana illuminata dalla verità di Dio. E nel frattempo continuiamo con pazienza a cercare insieme la strada d’un futuro migliore in dialogo con tutti ma senza annacquare o rinunciare alla nostra identità umana, sociale, culturale e spirituale. Non siamo né pochi, né ciechi, né muti; e vogliamo parlare soprattutto con la vita! Il profeta Isaia, in questa seconda domenica di Avvento, ci ricorda con parole incoraggianti che sono i testimoni (i martiri) i veri artefici della speranza Accendiamo quindi con fede la seconda candela della corona di Avvento e sia occasione propizia per infiammare il nostro animo con il fuoco indistruttibile della SPERANZA.”
A. Martino
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