DOPO LA SPARATA DI PAPA FRANCESCO SUI SOLDATI “CECENI E BURIATI”, LA MEDIAZIONE VATICANA APPARE IN SALITA

Le parole di papa Francesco sulle “crudeltà dei soldati ceceni e buriati”, anche se la diplomazia riuscirà  a ricucire più o meno ipocritamente e pro forma lo strappo, dicono o meglio confermano qualcosa che non c’entra nulla con la diplomazia: ovvero che le motivazioni di questo pontificato (o servizio petrino, pontificato suona troppo “antico”) come dell’abdicazione di Benedetto XVI risiedono rigorosamente nella “normalizzazione” della Chiesa (post)cattolica rispetto ai dettami, esigenze, interessi, visioni geopolitiche del main stream.

Non è che papa Francesco non abbia detto qualcosa di sgradito anche agli ucraini o agli euroatlantisti, basti pensare all’ “abbaiare” della NATO alle porte russe e alle condoglianze per l’uccisione della professoressa Dugina: se però qui siamo dinanzi a delle gaffes sfuggite, forse, per attimi più da Papa che da “leader religioso”, nel campo della russofobia siamo nell’ambito di “quello che va detto”. Il suo atteggiamento di fondo e sostanziale è quello plasticamente rappresentato dall’ impugnare, nei primi mesi di “operazione speciale”, una bandiera ucraina che aveva sventolato su Azovstahl. E solo la sua sostanziale ignoranza storica (almeno relativamente alle immense saggezza e avvedutezza verbale che una volta, solitamente, erano proprie dei Vicari di Cristo) può giustificare la notevole gravità dell’accaduto.

Innanzitutto, perché nell’intervista alla rivista dei gesuiti americani America ignora che atrocità vi sono certo in questo dannato (come tutti) conflitto, ma da entrambe le parti (come sempre). Da chi di più o di meno, poi, è difficile stabilire quando, e se ormai anche in Vaticano, ci si abbevera all’ informazione di Sistema e politicamente corretta (o corrotta). D’altronde Bergoglio non disse a Scalfari di leggere con particolare attenzione non l’ Osservatore romano, ma il giornalone da lui fondato? Peccato però che circa dieci giorni prima vi sia stato il caso del filmato di prigionieri russi fatti sdraiare a terra, e poi freddati.

L’affermazione circa la particolare crudeltà dei ceceni (musulmani) e buriati (induisti) fa a pugni con tutto l’ ultraecumenismo e cosmopolitismo modernista della peculiare teologia bergogliana. E’ di scarsa utilità agli stessi ucraini, dato che diminuisce le chances arbitrali del Vaticano. E nel mondo russo ma multietnico e tendenzialmente virile, parlare di “soldati ceceni” o altri, rispetto ai “soldati russi” è una specie di bestemmia patriottica o un cocente insulto, laddove per quelle etnie (basti pensare al rapporto particolarissimo di Kadyrov con Putin) indossare la divisa russa non è una costrizione coloniale ma un orgoglio.

La pioggia di dichiarazioni di rabbia russa non lasciano presagire nulla di straordinariamente interessante riguardo ai rapporti russo-vaticani.

La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova: le parole papali “al di là della russofobia, sono una perversione della verità”. Ahi ahi…perversioni, pervertiti…che brutti concetti, ”chi sono io per giudicare”…?

L’ambasciatore russo presso la Santa Sede: “ La Russia è indignata per l’insinuazione di presunte atrocità commesse dai militari russi nel corso dell’operazione militare speciale in Ucraina. L’unità del popolo russo multietnico è incrollabile e nessuno la metterà mai in discussione”.

A. Martino

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