DAL PONTE MORANDI ALLA PRIVATIZZAZIONE DEGLI ACQUEDOTTI, STORIA DELL’INVOLUZIONE DI UN PAESE

In base al DdL Concorrenza l’acqua pubblica verrà totalmente privatizzata.

Il 30 maggio scorso, infatti, il Senato, in un aula che vedeva assenti 108 su 315 membri, con 180 voti favorevoli, 26 contrari e un’astensione, ha approvato il disegno di Legge d’iniziativa governativa n. 2469, la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” con la quale, ad oggi, si apre un percorso di privatizzazione delle fonti idriche pubbliche e delle infrastrutture connesse.

L’acqua bene di tutti trasformato in “prodotto” la cui gestione finisce nelle mani di pochi.

Magari sempre gli stessi, quegli “stessi” che stanno già dando prova della loro etica e della loro competenza in tanti altri settori strategici della vita sociale italiana.

Il testo, ora alla Camera per la seconda lettura, avrà certamente una terza lettura al Senato, ove verrà approvato entro la pausa di agosto.

Questa la reazione di questo governo e di questo Parlamento all’emergenza idrica nel Paese.

Emergenza che ha, fra le cause principali, la pessima manutenzione della rete infrastrutturale idrica.

Rete idrica pubblica.

Con questa legge lo Stato dichiara la sua incapacità a governare e gestire la cosa pubblica su uno dei quattro elementi fondamentali per la vita e passa la mano ai privati.

Acqua, aria, terra e fuoco sono, infatti, gli elementi fondanti la vita.

Ora io, da sempre e fieramente “cittadino semplice”, mi chiedo, e vi chiedo, se possa essere privatizzato un “elemento” fondante la vita?

Se possa essere concesso il ruolo di garantire la vita ad alcuni sugli altri?Questi “alcuni”, poi, possono veramente dare a “tutti” questa certezza di essere, in primo luogo eticamente, in grado di svolgere il ruolo di “garanti”?

Io, “cittadino semplice”, forte cultore di una idea di Stato basata sullo stesso che si perimetra nel ruolo di “garante e controllore” e non di “gestore”, sono assolutamente certo che vi siano elementi di un sistema sociale che debbano rimanere nella sfera pubblica, fra questi un bene essenziale quale l’acqua e che questo valga in tutti gli Stati democratici e liberali.

Io “cittadino semplice”, riducendo il ragionamento all’interno della nostra amata Italia di oggi, nel vedere questo percorso di privatizzazione delle fonti idriche, ricordo la storia italiana delle concessioni autostradali con il drammatico epilogo che prese inizio con la tragedia del Ponte Morandi di Genova.

Tragedia che riporta alle nostre menti di “cittadini semplici” morte e pessima gestione della cosa comune da parte di pochi privati.

Ricorda, forse, corruzione di parti dello Stato chiamate a controllare che hanno preferito “guardare distrattamente” per anni da un’altra parte.

Ricorda potere ed arroganza in pochi a discapito di tanti.

Ricorda arricchimenti eccessivi negli stessi “pochi”, visibili ed occulti, e vessazione per tanti. “Soprattutto ci ricorda, a noi “cittadini semplici”, uno Stato che cede al privato il compito di “gestire” una infrastruttura strategica dichiarandosi “incapace” di farlo in proprio.

Il risultato lo conosciamo bene tutti.

Dobbiamo ripetere il “rischio” con l’acqua?

Noi “cittadini semplici” sappiamo bene che l’etica debba essere l’elemento determinante sia delle scelte che della gestione del proprio ruolo.

Oggi vediamo questo nella nostra amata Italia?

Vediamo questo nel nostro ceto dirigente pubblico e privato?

Nel caso la risposta fosse quantomeno dubitativa io, “cittadino semplice” ma non “cittadino stupido”, ricordo il motto latino “Quieta non movere et mota quietare” ovvero “Non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato”.

La strumentalizzazione di una emergenza noi “cittadini semplici” nella nostra amata Italia la abbiamo già vista molte volte.

Nell’ottobre del 1997, presidente del Consiglio Romano Prodi, venne iniziata la privatizzazione della Telecom, per esempio, con il fine di fare cassa ed entrare nell’Euro.

Euro che doveva essere la “soluzione” di tutti i problemi italiani.

Forse vero, forse no, certamente la nostra amata Italia di noi “cittadini semplici” oggi è più povera, molto più povera.

Nel 1999 fu il tempo della privatizzazione della rete autostradale di cui il Ponte Morandi fu l’epilogo.

Le cause e gli obiettivi iniziali che portarono al processo di privatizzazione di asset strategici dello Stato fu il grave deterioramento dei conti delle aziende a partecipazione statale, soprattutto dell’IRI e dell’EFIM, in una fase in cui anche i conti dello Stato erano in condizioni non più sostenibili ed accelerate dalla “scelta” di ingresso nell’Euro.il debito pubblico, eravamo nel 1999 a pochi anni dall’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica, si attestava oltre il 120% del PIL.

Le privatizzazioni furono accelerate, inoltre, dagli scandali di tangentopoli, la famosa “Mani Pulite” che tanto ricorda oggi gli slogan di “onestà onestà onestà, che portarono alla luce fenomeni estesi di dilapidazione di risorse pubbliche e di corruzione nelle aziende di proprietà dello Stato.

Gli obiettivi del programma di privatizzazione furono indicati dal Governo nel «Libro verde sulle partecipazioni dello Stato», presentato al parlamento nel novembre del 1992.

In particolare si parlava di aumento dell’efficienza aziendale; di creazione di una decina di gruppi industriali capaci di competere internazionalmente (politica industriale); di sviluppo della proprietà azionaria diffusa, assicurando al contempo il controllo delle imprese privatizzate da parte di nuclei stabili di azionisti; di riduzione del debito pubblico.

Noi “cittadini semplici” vediamo questo oggi?

Chi furono i decisori nel sistema paese al tempo?

Possiamo notare che sembrerebbero gli stessi di oggi?

Se le vostre risposte dovessero essere positive a queste ultime domande, forse, noi “cittadini semplici” dovremmo chiedere che certe scelte “lungimiranti” non vengano portate avanti da chi di scelte “lungimiranti” ha già dato prova di non saperle implementare.

A prescindere dal fatto che siano ritenute corrette o meno.

Inoltre e per terminare, come pensa questo ceto politico dirigente di dichiararsi pronto a gestire  la complessità che tutti siamo, ed ancor più saremo, chiamati ad affrontare se non si dichiara capace nemmeno a garantire che un acquedotto non sperperi il flusso d’acqua che in esso deve passare?

Gli stessi dirigenti politici che chiamano il privato “in soccorso” delle loro manifeste incapacità sarebbe quello che dovrebbe saper garantire la ripresa economica o la pace in occidente e nel mondo?

Ignoto Uno

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