IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO DI CRIMEA A IL GIORNALE: “LA CRIMEA ERA, E’ E SARA’ RUSSA”.
Vladimir Kostantinov, Presidente del Parlamento della Crimea, è davvero netto sul futuro della sua terra. “Zelensky si scordi questo pezzo di Russia”, dice sostanzialmente nell’intervista a Il Giornale, che anche noi vi proponiamo. D’altronde, circa una settimana fa il leader ucraino, in uno dei suoi ormai innumerevoli interventi in streaming, aveva aperto proprio sul riconoscimento del diritto all’autodeterminazione della penisola divenuta ucraina solo negli anni Sessanta dell’ URSS, senza un reale motivo che non fosse un campanilistico favore di Kruscev alla sua terra natale. “Istanze superiori” lo hanno però rimesso in riga, e adesso addirittura, imbaldanzito dai successi ucraini sul campo, ne vagheggia la riconquista manu militari.
Ecco quello che ha detto a Gianluca Micalessin de Il Giornale (che ringraziamo), Vladimir Kostantinov.
«Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i suoi amici se lo possono scordare, la Crimea non tornerà mai a far parte dell’Ucraina. Quello che racconta alla vostra televisione è soltanto propaganda. La Crimea è parte integrante della Russia e resterà per sempre tale. La pratica si è chiusa con il referendum del 2014 quando il 96 per cento dei nostri abitanti scelse il ritorno alla Russia. Quel referendum è l’unica decisione con pieno valore legale assunta dopo il colpo di stato del 2014».
Però fino al 2014 eravate parte dell’Ucraina. E la comunità internazionale non riconosce quel referendum…
«Non diciamo sciocchezze! La Crimea ha sempre fatto parte della Russia. Le nostre città più importanti sono state fondate dalla Russia. Nelle nostre caserme sono cresciute generazioni di soldati russi E qui la Russia ha combattuto sia nel nome dello Zar sia, durante la seconda guerra mondiale, dell’Unione Sovietica. Nei cuori di tutti i nostri cittadini arde un sentimento patriottico che rende impossibile un distacco dalla madre Russia».
Qualcuno insinua che a Mosca interessasse soltanto il porto di Sebastopoli…
«In quel periodo la Russia stava già sviluppando il porto di Novorossisk e quindi Sebastopoli stava perdendo importanza. Se non ci fosse stato il colpo di stato del 2014 la Russia avrebbe preferito puntare su quel porto. Anche perché qui attorno si susseguivano le esercitazioni Nato».
Economicamente quanto conta un collegamento stabile con i territori da Mariupol a Melitopoli occupati dall’esercito russo?
«La sorte dell’Ucraina non è assolutamente legata a quelle terre. Siamo una regione economicamente autonoma, anche se è vero che abbiamo sempre intrattenuto scambi economici con quelle zone. Ma il loro futuro non ci riguarda. E non saremo noi a deciderlo».
Qualcuno ipotizza che grazie all’appoggio della Nato l’Ucraina possa riconquistare non solo quei territori, ma anche i vostri territori.
«Non scherziamo. L’Ucraina, come la conoscevamo, ha già smesso di esistere. E il fatto che Zelensky e il suo governo continuino a guidarla non significa che continui a esistere come stato».
E che vorreste farne?
«Un’Ucraina governata dall’attuale regime rappresenta una presenza inammissibile e un evidente minaccia per la Russia. L’Ucraina continuerà a esistere solo se accetterà di venire ridotta alla neutralità».
L’Europa e gli Stati Uniti non la pensano così.
«Capisco che per alcuni stati occidentali un’Ucraina neutrale non sia molto attraente. A loro interessa soltanto un’Ucraina da usare in funzione antirussa, ma sarebbe giusto che il popolo ucraino possa scegliere il proprio futuro. In caso contrario l’Ucraina potrebbe ritrovarsi divisa in vari stati».
È un progetto di smembramento?
«No, è una realtà storica. La popolazione del Sud Est ovvero il Donbass non ha mai fatto parte dell’Ucraina. La parte occidentale invece apparteneva a Polonia, Ungheria e Romania. L’unica vera Ucraina è quella di Kiev e delle province centrali».
Vi accusano di discriminare la minoranza tatara.
«Quando la Crimea è diventata parte della Russia è stato portato a termine quel processo di riabilitazione delle popolazioni tatare che l’Ucraina in 25 anni non aveva mai neppure iniziato. Grazie ad un programma da 7 miliardi di rubli abbiamo costruito scuole, asili nido, ospedali, infrastrutture e strade. E sono terminate le provocazioni dei gruppi, finanziati dagli Stati Uniti, che compromettevano la convivenza delle nostre popolazioni».
A. Martino
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