PERCHE’ ELON MUSK VUOLE A TUTTI I COSTI TWITTER?

Quando l’interesse di Elon Musk per Twitter era ancora considerato tentativo di “acquisizione ostile”, così dichiarò alla SEC “….  Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale per essere la piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo. E credo che la libertà di espressione sia un imperativo sociale per una democrazia funzionante…. “.

E’ ovviamente una mera dichiarazione di nobili intenti, anche perché la libertà di opinione, per persone come il suddetto, perfettamente inserite nel Globalismo fino all’esserne attuale perno, come un Bezos o dei più classici Rockfeller o Soros, ha ben precisi paletti (Pensiero unico, politicamente corretto etc.).

Insomma, vorrei capire per quale motivo il sommo oligarca delle auto elettriche, del business spaziale, e di varie ed eventuali, abbia deciso di sborsare la bellezza di 40-45 miliardi di dollari per un social network. Oltretutto, l’oligarca (uso volutamente questo termine, che il main stream circoscrive sprezzantemente alla sola economia russa), sta pesantemente supportando lo sforzo militare ucraino con satelliti, droni etc.

Una intervista di MicroMega al saggista e docete universitario Michele Mezza, che ha tra l’altro ideato la piattaforma Rainews24, mi sembra interessante ed abbastanza illuminante. Credo di avervi trovato una valida risposta.

In estrema sintesi: la globalizzazione è fallita, Cina Russia e India se ne distaccano creando una loro polarità anzi forse più di una, l’oligarchia globalista si arrocca e deve costruirsi una banca dati di informazioni e opinioni qualificate e “vip”. Twitter sembra quindi l’ideale.

La prima domanda non può che essere: perché Elon Musk vuole comprare Twitter? E perché proprio ora, con un conflitto in corso come quello in Ucraina?
Giusto partire dal contesto. Siamo in una stretta bellica drammatica che, oltre ai terribili aspetti umani, sta ridisegnando drasticamente la geografia del mercato e della rete, rendendo “locali” le grandi piattaforme. “Locali” perché dovranno, di fatto, rinunciare al grande mercato orientale. La questione centrale è quindi capire come si riassetterà questo mondo, e questo mercato. L’operazione di Elon Musk fa intuire la strada: stiamo andando verso un arroccamento territoriale, localizzato nel cosiddetto Occidente, da parte dei grandi gruppi che mirano ormai a costruire dei domini locali, quasi per bilanciare la perdita di una fetta di fatturato in un’area che fino a poco fa era di consistente espansione come Cina, Russia, India. Parliamo di metà della popolazione del pianeta.

Che tipo di operazione ha in mente Elon Musk con Twitter?
Il gruppo che fa capo a Elon Musk ruota intorno a tre aree, tutte e tre in grande espansione. La prima è rappresentata dal gruppo automobilistico Telsa che sta marciando verso un sistema di guida senza pilota, utilizzando dati e sensori per sostituire l’uomo. La seconda: una flotta composta da 18mila satelliti che stanno scannerizzando ogni area del pianeta e che sta intervenendo nella guerra come alleato diretto della resistenza ucraina. La terza: la parte legata alle microbiologie che, in neurologia, sta lavorando a un uso terapeutico dei microchip.
Cosa manca in questo “portafogli”? Un “luogo” in cui attingere a dati comportamentali, magari di un segmento elitario della popolazione. Ebbene, Twitter non ha solo 250 milioni di utenti attivi, ma tra questi ben cinque milioni di giornalisti di ogni angolo del pianeta. Su Twitter gira gran parte del traffico relativo alle informazioni e alle opinioni. Su Twitter si può analizzare il clima politico e culturale di specifiche aree del pianeta.
Diciamo che l’operazione Twitter è volta ad avere un “data set” utile per costruire e sviluppare nuovi processi di automazione.

Gli altri colossi resteranno a guardare? E in Oriente cosa accadrà?
In corso c’è un cambio radicale dei meccanismi tecnologici, una sorta di “balcanizzazione”, una contrapposizione territoriale che per anni escluderà la tanto citata trasversalità delle piattaforme. Ogni potenza rimarrà recintata nelle proprie piattaforme: a Oriente dobbiamo aspettarci la nascita – la creazione – di un intranet orientale; a Occidente un modello di sviluppo più coerente con il clima culturale e politico.
Quello che cambierà saranno i processi di fruizione e i meccanismi di offerta. Netflix ne è una prova. Stiamo entrando in una logica di interoperabilità e le grandi piattaforme usciranno da questa crisi geopolitica con una faccia ripulita: scandali come Cambridge Analytica saranno alle spalle perché saranno stati strenui sostenitori della libertà in Occidente. Dall’altra parte, però, avranno accumulato straordinarie esperienze, analisi, proiezioni in questo grande “laboratorio” che è la guerra in Ucraina……….”.

A. Martino

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