SPERIAMO CHE LA GIORNATA SULL’AUTISMO, D’ORA IN POI, NON SI RIDUCA PIU’ ALLA SOLITA SAGRA DELL’IPOCRISIA
Oggi, come ogni anno dal 2008, ricorre la giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo.
Un evento senz’altro importante e meritorio ma che, come tutti gli eventi similari, nascondi una certa ipocrisia.
Falsità che è data dal fatto che, passato questo appuntamento, le famiglie di questi cosiddetti “ragazzi speciali” saranno lasciate nuovamente da soli davanti all’eterno problema del “dopo di noi” e le persone affette da questo disturbo del “neurosviluppo” guardate ancora con estrema diffidenza e fastidio da parte dell’uomo comune.
Qualche ben pensante a questo punto dirà che certamente sto esagerando perché non è così, ma posso garantirvi allora che chiunque non condivida questa mia affermazione ho non ha mai avuto a che fare con persone autistiche o mente spudoratamente.
Ciò di cui parlo è facilmente dimostrabile andando, ad esempio, al cinema e ascoltando il commento delle persone o gli improperi, rivolti a quei ragazzi che, inconsapevolmente, durante la proiezione si alzano, come se nulla fosse, per sfarfallare con le mani o emettere dei suoni apparentemente incomprensibili … lì, in quel caso, la giornata della consapevolezza sull’autismo sembra andata letteralmente a farsi benedire … e che dire di tutte quelle persone che, in spiaggia, si lamentano di quel ragazzo speciale, vicino d’ombrellone, il quale, con il suo passeggiare continuo e costante intorno all’altrui sdraio, o con il correre sulla battigia facendo cadere schizzi di sabbia ed acqua su coloro i quali placidamente prendono il sole, vengono richiamati ed allontanati … quanta ipocrisia!
Questo mondo non è affatto empatico, è invece più chiuso degli autistici verso l’altro, vero il debole, il “diverso”.
Così per metterci l’anima a posto abbiamo inventato slogan rassicuranti come: “ragazzi speciali”; “l’autismo non è una malattia ma un modo di essere” … da pur usando queste belle parole la sostanza non cambia se non cambiamo i cuori, ma soprattutto non implementiamo la ricerca.
È di questi giorni infatti la notizia data da “Nature” che è stata terminata la mappatura del genoma umano: mancava solo l’8% di essa e per completarla ci abbiamo messo più di 20 anni, bene!
Dato che, secondo gli studiosi, le cause dell’autismo sono da ricercarsi nell’80% dei casi in problematiche legate al DNA forse sarebbe giunta l’ora di fare qualcosa di serio per interrompere la diffusione di questo “modo di essere”.
Tenete presente infatti che, se nel 1911, data in cui sono stati riscontrati i primi casi d’autismo, l’incidenza era di 1 caso su 11.000 persone, nel 2009 la percentuale era salita ad 1 su 64 e nel 2014 ad 1 nato su 50, è probabile che tra qualche anno l’incidenza toccherà la terrificante cifra dell’1 su 10.
Ciò è terribile perché, oggettivamente, come potrà, un sistema sanitario nazionale qualsiasi, farsi carico di tanti e tali casi???
Sarà indubbiamente impossibile perché le persone affette da questo disturbo hanno bisogno non solo d’amore, e quello non costa nulla, ma di un’infinità di terapie … tutte costosissime e che oggi ricadono per la stragrande maggioranza dei casi totalmente sulle spalle dei famigliari di queste persone.
Ippoterapia, Musicoterapia, Idrokinesiterapia, Logoterapia, ecc. ecc., giusto per citarne alcune.
Allora, dato che, diciamocelo francamente, la componente genetica non può avere tutta questa importanza perché se fosse così, quando io ero più giovane, avrei di sicuro incontrato qualche ragazzo autistico durante il mio percorso scolastico ed invece così non è mai stato, mentre, al contrario, negli ultimi 20 anni, abbiamo assistito ad una crescita geometrica dei casi, è evidente che, l’effetto di fattori esterni come ciò che mangiamo, beviamo, respiriamo o, nel caso di farmaci, ci iniettiamo, deve aver avuto ed ha ancora, un peso notevole su questa vicenda, perciò cosa aspetta lo Stato e la comunità scientifica a fare i giusti passi per eliminare le cause di questo “modo di essere”?
Il dopo di noi, infatti, lo si costruisce non solo dando la possibilità a queste persone di integrarsi nella società ma anche impedendo, nelle future generazioni, che questo fenomeno dilaghi a tal punto da rendere impossibile la “cura” e l’integrazione di queste persone speciali.
Lorenzo Valloreja
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