LA LETTERA Z, SEGNO DI ZORRO MA ANCHE … DI PUTIN
Vuoi vedere che l’alfabeto si fermerà alla Y?
E che la zucca o gli zucchini diverrano “ucca” e “ucchini”?
In tempi di cancel culture e di delirio russofobico persino per un sommo scrittore nato duecento anni fa (Dostoevskij) autore sì de I fratelli Karamazov ma purtroppo nato sull’esecratissimo quanto innevato suolo, l’ipotesi potrebbe essere più di una facile ironia.
Infatti, già dai giorni immediatamente precedenti alla “operazione speciale” in Ucraina avviata dalle forze russe, su gran parte dei mezzi corazzati e militari di Mosca, una Z di vernice bianca campeggia evidentissima.
La cosa curiosa è che, come in una specie di segreto militare, non si riesce a capire cosa questa Z significhi o simboleggi. Forse Zapad (ovest)? O la Z iniziale del cognome del povero presidente ucraino, cui quegli strumenti militari prometterebbero di arrivare? O, semplicemente, è un banale contrassegno per evitare il “fuoco amico”. Comunque, sui mezzi militari dello “zar”si nota pure una V.
Sta di fatto che nella sconfinata Russia, anche a migliaia di chilometri dal fronte, dilaga una patriottica Z-mania, adesivo su automobili o anche tracciata con un semplice quanto deturpante spray, o su felpe o magliette, o frettolosamente assegnata a una fermata di autobus. Una specie di ” Vincere” di italica memoria in una geopolitica totalmente diversa.
Evidentemente, non solo disfattisti sorosiani sfilano a uso e consumo della propaganda occidentale ma anche la “maggioranza silenziosa” esterna così sentimenti patriottici e di incoraggiamento verso i propri ragazzi al fronte, oltre che di affetto verso chi ha perduto un caro o un amico.
Nell’ultimo “incidente diplomatico” lesivo dei corretti sentimenti occidentalisti, il giovanissimo ginnasta russo Ivan Kuliak ha indossato la lettera “Z” sulla canotta durante la gara e la premiazione (medaglia d’oro) ai campionati mondiali di ginnastica artistica in Doha (Qatar). In questo modo compensando la decisione delle autorità sportive mondiali(ste) di privare gli atleti russi dell’esecuzione dell’inno e del loro simbolo nazionale su ogni tenuta sportiva. A onor del vero, sul podio era presente un atleta ucraino.
Occhio a Zorro e al suo marchio in fil di spada, beffardo per prepotenti e tirannelli: d’ora in poi, don Diego De La Vega, come Masha e l’orso, potrà trovarsi bandito da ogni schermo cinematografico e televisivo.
E complimenti a Ivan, dalla schiena dritta non solo per postura dovuta allo sport in cui eccelle.
A. Martino
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