PIANGIAMO QUALUNQUE VITTIMA DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO, E I BAMBINI IN PARTICOLARE. PREGHIAMO PER LA SUA FINE IMMEDIATA. MA CI INGINOCCHIAMO DINANZI AI CADUTI RUSSI E ALLE LORO FAMIGLIE.
Questa testata è addolorata per quanto sta accadendo in Ucraina. Piangiamo qualunque perdita e sofferenza umana, in entrambi gli schieramenti. Vorremmo che tutto cessasse, se possibile, al momento.
Sappiamo che le conseguenze umane, politiche ed economiche di questo conflitto e della relativa triste girandola di sanzioni e controsanzioni avranno una portata e durata ignota agli stessi promotori e autori di esse, meno preveggenti e accorti di quanto si possa comunemente pensare.
Uno speciale affetto nutriamo verso i bimbi vittime di questa guerra o in essi feriti o rimasti senza genitori. Dal 2014, però, tutti nel cosiddetto Occidente ignoravano le sofferenze e le morti delle bambine e dei bambini della Repubblica popolare di Donetsk o della Repubblica popolare di Lugansk; se informatine, si voltavano dall’altra parte per ordine di atlantica scuderia.
Vorremmo che tutto, senza se e senza ma, cessasse se possibile all’istante.
Ci uniamo a Papa Francesco nelle sue preghiere, e nei suoi sforzi per la pace che avvertiamo davvero paterni e al di sopra delle parti, non giudicanti e non disprezzanti nessuno.
Ma un’attenzione e un affetto ancor più particolari, oserei dire viscerali, lo nutriamo verso i ragazzi dell’esercito russo caduti nell’adempimento del proprio dovere. Se ciò non ammettessimo, e se pubblicamente non rendessimo omaggio al loro valore e al dolore di chi in Russia piange ora un coniuge, o un figlio (o figlia), o un genitore che mai più rivedrà, saremmo solo dei leoni (o cialtroni) da tastiera che inseguono una improbabile visibilità grazie a tesi lunatiche e bastian contrarie da cui prendere le distanze quando dovesse tirare brutta aria. Ricordiamo ai tanti che lo ignorano, che gran parte dei soldati russi sono giovani o giovanissimi militari di leva.
Non siamo neanche Matteo Salvini o Giorgia Meloni, che hanno capito che per andare al governo, contro l’assetto atlantista dell’Italia non si può dire nulla, anzi sarebbe meglio non pensarlo proprio. Le sparate contro l’Unione europea o l’atlantismo, ormai le lasciano alla pausa-caffè dei loro sodali meno ambiziosi e più folcloristici.
Per quanto riguarda poi le eventuali surreali accuse di “tradimento” o “intelligenza col nemico”, facciamo umilmente notare che l’Ucraina, al momento, non è membro della NATO e nemmeno alleato esclusivo dell’Italia (ammesso che a questa sia teoricamente concesso averne). La cartolina precetto per il filoucrainismo, la rispediamo al mittente per irricevibilità giuridica e morale.
Sappiamo bene di aver contribuito e contribuire, nel nostro piccolissimo, alla formazione di un sentimento globale di Dissenso intellettuale e di sete di alternativa ideologico-antropologica, di messa in discussione dell’egemonia globalista e finanziaria. Non possiamo tirarci indietro proprio ora che, seppure nel modo più triste e meno auspicabile, nella Storia, da qualche parte del mondo, qualcuno è passato dalle chiacchiere innocue ai fatti dolorosissimi; non era così, che volevamo contrastato il globalismo finaziario. Ma non rinneghiamo e abiuriamo una virgola.
Ripeto: voglia Dio far cessare tutto al momento, e maledizione a quel 24 febbraio 2022 in cui tutto è iniziato. Ma riteniamo di essere dalla parte giusta della Storia, augurandoci che la vittoria arrida ad essa.
E in questo spirito, ci inginocchiamo idealmente dinanzi a ciascuno dei caduti russi, esprimendo il più sentito cordoglio e conforto alle loro famiglie, isolati in una Italia rancorosa di quel brutto rancore che solo i servi più pavidi e i filistei più maligni sanno avere.
A. Martino
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