ADDIO A MONICA VITTI: UNA DELLE PIU’ GRANDI ATTRICI ITALIANE

Dispiace dirlo, ma (salvo qualche mostro sacro del teatro che ancora calca eroicamente il palcoscenico, come Umberto Orsini o Gabriele Lavia), gli uomini e le donne che hanno fatto il cinema italiano negli anni Sessanta e Settanta e che in seguito hanno ancora regalato grandi interpretazioni, se ne sono quasi tutti andati. Ultima ieri Monica Vitti, che però da venti anni, in un dignitoso ritiro tutelato da un affettuoso marito, era ostaggio di neurodegenerazione sempre più straniante. Godiamo tuttora, e speriamo per tanto, del mestiere di Giancarlo Giannini. Parliamo di quel folto manipolo di attori e attrici più giovani di Alberto Sordi o Sofia Loren (che ancora grazie a Dio sa dire la sua) esploso circa dieci anni dopo di questi: Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Mariangela Melato, Paolo Villaggio, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi…Ma come dimenticare un Adolfo Celi o una Sylva Koscina, o una Laura Antonelli?

Ma tutti questi nomi dicono qualcosa ai cosiddetti millenials? Non facciamoci illusioni: no. E’ gente che ha fatto film “vecchi”, addirittura in bianco e nero, capirai… Certo, ci saranno pure tra di loro aspiranti al DAMS o frequentatori di Cineforum o di scuole di recitazione, ma lo spirito dei tempi è questo, che piaccia o no.

Sono però fiducioso che l’età, a costoro, porterà il famoso “consiglio”. E’ impossibile che non sapranno apprezzare pazzeschi duo attoriali come quelli della ormai scomparsa Monica nazionale (eh sì, mi dispiace per la Bellucci ormai mezza francese) con Tognazzi, con Mastroianni, con Giannini, e soprattutto con Sordi senza dimenticare Gigi Proietti.

Tre strepitose prove di attrice, con penosa riduzione della filmografia di Monica.

Polvere di stelle (1973). Di e con Alberto Sordi. Due attorucoli prossimi al fallimento umano prima che professionale (ma bravi e appassionati nel loro mestiere) vivono più di un giorno da leone grazie allo sfacelo della Patria dell’Otto Settembre: reciteranno per gli Alleati al mitico Petruzzelli di Bari. La stabilizzazione del meschino “Regno del Sud” li riporterà all’amara realtà, e lei, illusasi di un futuro hollywoodiano, saprà ritrovare il suo partner nel difficile lavoro e nella difficile vita (ovviamente, Albertone).

Amore mio aiutami, ancora di e con Alberto Sordi (1969). Un dirigente di banca (Giovanni Machiavelli, nome significativo) gioca a fare il moderno, e in modo contorto fa di tutto per allontanare la moglie da un fascinoso personaggio da cui è attratta. Crede nella sua invulnerabilità di uomo evoluto e navigato, ma più si muove, più spinge Raffaella (Monica Vitti) tra le braccia dell’amante in pectore. Salverà in extremis la dignità e a questo punto, davvero l’onore, rifiutando una penosa riconciliazione nientemeno che in terra spagnola. Memorabile, da immaginario collettivo, il furioso e violento inseguimento di Raffaella (controfigurata da una giovanissima  Fiorella Mannoia) da parte di Giovanni-“Albertone” sul litorale laziale: roba ormai non più filmabile.

Infine, L’anatra all’arancia (1975) di Luciano Salce, con Ugo Tognazzi. Monica Vitti e il grande attore di Cremona sono una coppia di coniugi profondamente innamorati, ma anche loro insidiati dalla modernità secolarizzatrice e sgretolatrice dei valori familiari, anzi umani tout court. Mettono in mezzo un vacuo francese che sarebbe il presunto amante di lei, ma solo per vedere chi tra i due riuscirà a dissimulare più a lungo il proprio bisogno dell’altro. La fine è spettacolarmente liberatoria, a differenza dell’amaro epilogo di Amore mio, aiutami.

Grazie, Monica.

A. Martino

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