BUON 2019 , TRA CONSERVAZIONE BUONISTA E DESIDERI DI CAMBIAMENTO.

Tra discorsi augurali di inizio anno dal Quirinale e controdiscorsi , o discorsi alternativi di Salvini, e di Di Majo e Di Battista, senza dimenticare il più maleducato e irriverente di Beppe Grillo che ha osato interloquire con gli italiani in contemporanea con il Presidente Mattarella oltretutto sfoggiando un corpo da campione di culturismo e il viso in un tablet, quindi confermandosi come punto di riferimento non necessariamente politico ma di certo umano e comportamentale per qualunque non allineato e politicamente scorretto, archiviamo il 2018 e ci troviamo immessi nel 2019.

 Da notare anche la strumentale puntigliosità con cui la forzista Bernini ha bacchettato espressamente Di Majo ma anche il cosiddetto alleato Salvini, che avrebbero avuto l’impudenza di rivolgersi agli italiani in concorrenza col più alto colle di Roma : assurdo, se si pensa alla dimestichezza del suo vecchio capo con i videomessaggi e agli apprezzamenti per nulla positivi anzi vittimistici che questi spesso ha elaborato verso più di un inquilino dell’ ex palazzo reale ( un tempo ancor prima, papale).

Non mi interessa qui fare le esegesi delle varie allocuzioni, che annoierebbero non solo chi scrive ma soprattutto il lettore, bensì constatare che la rivoluzione italiana, come le armate della prima guerra mondiale, prende atto della impossibilità di avanzare ulteriormente, e allora scende in trincea, e ingaggia guerra di posizione contro estabilishement, eurocrazia , e forze della conservazione e restaurazione. Basta con i toni inutilmente stizziti e rancorosi verso Moscovici e Juncker, non certo perché costoro non lo meritino, ma perché non pagano e dato che in fondo alla sarabanda della storia “sanzioni sì sanzioni no” non sembra proprio, diciamoci la verità, che il governo gialloverde sia riuscito davvero a imporsi, ma piuttosto che abbia evitato una disastrosa abiura alla Tsipras. Ed allora, si mantengano le posizioni fino alle elezioni europee di maggio, sperando che non siano l’ennesimo scampato pericolo dell’euroatlantismo . A proposito, a quando le “interferenze russe”? A Pasqua? O soltanto se il risultato dovesse essere troppo indigesto?

Dal discorso presidenziale, ho ricavato una impressione sostanziale . Il messaggio è garbatamente, innegabilmente signorile come nel migliore retaggio democristiano, ma molto, troppo “repubblicano”: dove repubblicano sta, nel massonichese franco-americano, per manichea divisione tra bene e male, senza messa in discussione morale; per o bianco o nero senza sfumature di grigio; per rifiuto di dialogo o sintesi dato che la verità è sempre, soltanto e comunque dalla propria parte. Da una parte i tutori dell’ordine che tengono compagnia a una vecchietta in agghiacciante solitudine, i quadri dei ragazzi affetti da autismo, la “Comunità” (termine non vintage come Patria, non sottilmente minaccioso come Stato, non insulso e sinistrese come Paese, ma parrocchiale e bonario), insomma la riedizione aggiornata di Cuore di De Amicis. Dall’altra, anche se mai apertamente nominati persone o atti, il mondo del rancore e dell’odio (cioè delle ruspe salviniane e degli intralci alle ONG di Soros traghettanti in Mediterraneo la sostituzione etnica), Trump, il sovranismo e il populismo.

Una ricetta schematica e semplicistica quanto si vuole, ma che finora ha funzionato abbastanza in tutta Europa, e che rischia di continuare a farlo in una opinione pubblica lobotomizzata e manipolata.

 Speriamo che Marine Le Pen, nell’approntare le liste elettorali alle elezioni europee, dia molto spazio ai gilet gialli: un eventuale e significativo successo potrebbe indicare la giusta direzione alle prossime strategie del populismo di lotta e di governo.   

A.Martino

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