URAGANO MEDITERRANEO SULLA SICILIA, E DISASTRO A CATANIA E NELLA SUA PROVINCIA
Catania è, tra le città della nostra Italia, sinceramente tra le mie predilette. Storia, cultura, suggestioni della Natura, con il maestoso Etna a debita distanza (meno lo sono centri più piccoli come Nicolosi). Se si vuole, si legga il mio ETNA, RE DI SICILIA E SPETTACOLO ITALIANO del 27 giugno.
Più grande città d’ Italia capoluogo di provincia (e ci mancherebbe), ma non capoluogo di regione, ha sempre vissuto con signorile distacco, oserei dire persino con una punta di snobismo, la sua forzata subalternità alla “capitale” siciliana Palermo, che in effetti seconda capitale del Regno delle Due Sicilie era.
I massoni ci sono stati e ci sono (e dove no, dall’ unità d’ Italia almeno). Però, un catenese vero cattolico o uomo di Tradizione ha un modo di dire unico per descrivere rivoluzionari giacobini, massoni, patrioti risorgimentali, e in genere progressisti di ogni tipo da più di duecento anni: “comunisti”. Per Ferdinando II Catania e Messina erano le fedelissime, Palermo la ribelle. Prima grande città d’ Europa “liberata” dagli invasori alleati in uno Sbarco nel 1943, con forze sproporzionate che avrebbero dovuto raggiungere non Palermo ma Roma in pochi mesi, fu martire di tremendi bombardamenti.
La lava etnea l’ha condizionata urbanisticamente ma in fondo, alla lunga, più positivamente che negativamente. Le splendide realizzazioni tardobarocche e rococò, religiose e civili, si devono alla ricostruzione seguita all’ ultima grande eruzione con sisma. E ha guadagnato terra, che la lava raffreddata ha strappato al mare: forse solo a Catania è un castello che un tempo sorgeva su una spiaggia, e ora nel pieno centro cittadino. La piazza del duomo è tra le più belle e ampie d’ Italia, con quel misterioso elefantino lavico che porta bizzarramente un obelisco a sua volta base di qualcosa di altrettanto misterioso: esoterismo puro come la figura del leggendario Eliodoro che lo avrebbe creato (l’elefantino è appunto il “liotru”).
Dicevamo che appunto, nulla manca a Catania rispetto a Palermo. La straordinaria festa e devozione per Sant’ Agata la nobilitano in un mondo secolarizzato e di sola movida di moltitudini di solitari, e non le fanno temere la concorrenza di Santa Rosalia. Non solo nella gastronomia (la dolce lotta fratricida del cannolo o dei gelati o degli arancini). Non riesco però, sinceramente, a condividere la passione etnea per la carne di cavallo.
Ma nulla le manca soprattutto, di cultura. Una moltitudine gli uomini e le donne nativi o provenienti dalla provincia catanese o siciliana, che lì hanno mosso i primi passi artistici e intellettuali, o che le devono totalmente o quasi la vena creatrice. Sicuramente omettendone qualcuno, il sommo Vincenzo Bellini che con Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi è tra le massime espressioni della musica italiana preunitaria; nelle Lettere Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Vitaliano Brancati. Per arrivare a giorni più vicini, nomi apparentemente meno sommi ma non meno significativi per la cultura popolare: Franco Battiato in primis, ma anche Mario Biondi o Carmen Consoli, o un Giampiero Mughini “deus inversus” del ferrarese Vittorio Sgarbi.
Ci vuole poco per sentirsi siciliano, e catanese d’ elezione: basta essere italiano del Sud, risvegliarsi con vista sull’ Etna e farsi passare la fame con un solo arancino.
Questa estate, da quelle parti, si sono raggiunte impressionanti temperature. Ergo, l’anomala temperatura autunnale dell’acqua dello Ionio (di ben otto gradi superiore alla norma), scontrandosi con masse di aria più fredde o semplicemente meno calde (tuttora in questo momento verso le ventitré a Catania abbiamo venti gradi, e siamo quasi a novembre), ha creato le condizioni per il disastro di questi giorni, anticipato circa due settimane fa. E’ doloroso il Duomo allagato ma soprattutto lo sono le morti assurde da annegati in terraferma, fa paura quel fiume interrato nei pressi del Duomo stesso che pare voler tornare, con violenza, a vedere la luce del giorno. Catania e la sua provincia sono in un inferno liquido, che è troppo facile liquidare come “monito verso uno sviluppo sostenibile”. Cosa cambierebbe, con più auto elettriche e meno plastica?
Il problema sono quelle maledette masse di aria calda provenienti da sud, che un tempo semplicemente arrivavano più smorzate sui nostri lidi. E’ il cambiamento climatico ciclico della storia del nostro pianeta, e noi purtroppo ci troviamo nel mezzo di uno di essi.
A. Martino
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