Le elezioni in Russia (i cui risultati ufficiali e definitivi saranno divulgati solo venerdì) hanno visto ancora una conferma di Russia Unita (il partito del presidente Vladimir Putin). Ma non sono qui le percentuali, il “meno rispetto a” oppure il “più rispetto a” che mi interessano, e neanche le solite accuse di brogli ecc. del sistema euroatlantista.

A tale proposito, il politicamente scorrettissimo Gerard Depardieu (da qualche anno cittadino russo), che si è recato a votare presso l’ambasciata russa a Parigi, ha fatto una clamorosa dichiarazione di fiducia nella democrazia russa, e ha provocatoriamente affermato che, da cittadino della Republique, era meno interessato alla partecipazione elettorale.

Voglio bensì segnalare la costante ascesa del partito comunista russo, ormai ufficialmente primo partito comunista d’ Europa e secondo partito russo. Ne sono paradossalmente lieto: pur inserendosi in una tradizione storico-ideologica estranea a noi de L’Ortis, è una ulteriore garanzia di indipendenza per la Russia, costituendo, all’opposizione, una sentinella di sovranità e dignità nazionale. E’ peraltro probabile che, involontariamente, la costante esaltazione della “grande guerra patriottica contro il fascismo invasore”, abbia attirato l’ attenzione dell’ elettorato sugli eredi di Stalin.

Certo, nel partito comunista russo vi è il retaggio bolscevico con tutto ciò che significa nel senso di scristianizzazione, di “terrore rosso”, di totalitarismo sovietico. Certo, è un apprezzamento duro da formulare per un tradizionalista di ovvia tendenza monarchica che, coerentemente, preferirebbe un grande partito neozarista.

Ma pazienza: meglio alla Duma una nutrita pattuglia comunista, eurofobica e acerrima antagonista dell’ euroatlantismo, che una opposizione “liberale ed europeista”. L’ establishment occidentalista deve augurarsi di aver sempre a che fare con Putin, e non con Gennady Zyuganov.

A. Martino