SOVRANISTI E PATRIOTI, SVEGLIATEVI! IL COLLABORAZIONISMO AFGHANO E’ STRUMENTALIZZATO PER UNA NUOVA ONDATA MIGRATORIA.
Chi meglio di una firma de L’ Ortis, può dire una parola chiara, sincera e indipendente e secondo logica davvero sovranista, sulla questione dell’ondata migratoria che ci stanno approntando?
Innanzitutto, all’origine del problema vi è il paradosso che su queste colonne Massimo Fini ha acutamente evidenziato: sotto il mullah Omar, fino al 2001, da quel di Kabul o Kandahar nessuno scappava dai talebani brutti sporchi e cattivi. Ora invece, che i talebani sono tornati perché così, in sostanza, Washington ha voluto, a migliaia vogliono scappare nel presunto Eldorado occidentale. Ma neanche per un Massimo Fini è facile capirne esattamente il perché: sembra suggerire probabili questioni di psicologia di massa, innescate dal ventennio occidentalista. Anche queste, sicuramente: ma non solo, anzi a mia modesta opinione, forse, il principale motivo è un altro.
Cioè, l’immane e non facilmente quantificabile fiume di dollari (e anche qualche vagone di euro, credo), che dal 2001-2002 è stato progressivamente scaricato sull’ Afghanistan, e che ha generato un vastissimo ceto di assistenzialismo collaborazionista.
Sapete la differenza tra il reddito di cittadinanza grillino e lo stipendio di un “collaboratore”? L’uno è erogato dal proprio stato e l’altro da stranieri; e a onore del vero l’uno non è mai notevole e difficilmente obbliga a qualche lavoretto; l’ altro può aver raggiunto in molti casi notevoli importi e qualcosa, anche di compromettente, obbligava a fare (non solo interpretariato ecc. ma anche “soffiate” su connazionali se non addirittura il poliziotto).
Ed è normale anzi comprensibile, che tutte queste migliaia di persone con relative famiglie, siano semplicemente disperate: non solo la loro fonte di sostentamento è venuta meno, ma temono la vendetta della “restaurazione” talebana. Vendetta che, se vi sarà, ammesso che già non sia in atto a dispetto di tutte le dichiarazioni concilianti e umanitarie, non vede l’ “apertura di fascicoli” o “denunce alle autorità competenti”; ma mezzi ben più sbrigativi e brutali.
Ecco perché dall’ Afghanistan si scappa. Tutto il resto, secondo me, sono i soliti refrain buonisti se non semplicemente ridicoli: non vogliono rimettersi il burqa, le bambine hanno preso gusto ad andare a scuola, i talebani vietano il rock ecc.
Le belle anime occidentali, però, non sempre e non in tutti i casi hanno dimostrato e dimostrano sollecitudine e comprensione per chi finisce per trovarsi “dalla parte sbagliata”, compromettendosi pericolosamente o con lo straniero, o con il proprio governo disastrosamente soccombente. E di solito, la maggiore spietatezza si esercita a casa propria. Da questo punto di vista, la situazione che si determinò nel 1945 in Europa, per una parte non infima della popolazione, fu apocalittica: i fiancheggiatori dei vari regimi fascisti, sostenitori dell’occupante nazitedesco o per idealità o per motivazioni materiali affini alle suddette non avevano semplicemente dove scappare, essendosi dissolto il regime nazista. Rimanevano, non scontatamente, Spagna e Portogallo, o alcuni paesi sudamericani; ma certo, non si poteva contare né sulla certezza dell’asilo, né su un biglietto gratuito sola andata. L’ alternativa per i più fortunati, fu starsene rintanati o a profilo bassissimo in attesa che la Ricostruzione lasciasse evaporare con buon senso gli odii ideologici (assurdamente riacutizzatisi ora in funzione di dogmi del Pensiero Unico a tutela dello status quo mondialista). I più sfortunati furono sottoposti a processi di dubbia legittimità (vedasi Norimberga), o sommariamente passati per le armi, dalla Francia all’ Italia fino alla stalinizzata Mitteleuropa.
E si pensi anche all’ indifferenza e al sospetto, tra il 1979 e i primi anni Ottanta, nei confronti della diaspora iraniana dopo la caduta della monarchia: gli esuli persiani era visti con discreto fastidio dalle sinistre occidentali, come “sfruttatori del proprio popolo e complici di un tiranno”o “servi degli americani” che avrebbero meritato di ben peggio, e spesso “attenzionati” con pregiudizio come potenziali trafficanti e riciclatori.
Ciò per una minima cognizione razionale e storica del fenomeno del collaborazionismo e del servizio filogovernativo improvvisamente compromettente, che non sarà il più antico dei mestieri, ma di certo tra i più antichi. Senza scomodare i riferimenti addirittura all’ epoca di Nostro Signore su questa terra (i pubblicani israeliti), e magari appena accennando ai bonapartisti in Spagna.
Il problema immanente (qui e ora) per la visione sovranista è che questa imprevista emergenza umanitaria (voglio sforzarmi di considerarla tale nonostante tutto quanto detto finora) si è tradotta in una ulteriore chance per l’immigrazionismo bellaciao e affarista che vede a braccetto il talebano ideologico Enrico Letta con le lobbies del lavoro a prezzi stracciati. La sostituzione etnica della “battaglia di civiltà” dello ius soli si alimenta della “flessibilità” e della pura e semplice mercificazione del lavoro umano; e viceversa.
Rincresce che Matteo Salvini richiami al “dovere morale di accogliere chi ha collaborato con noi” un giorno sì e uno no. E sarebbe bello se almeno da Giorgia Meloni, si almeno accennasse a un ragionamento del genere, quanto meno per vagliare attentamente le posizioni più compromesse, a rischio di vendetta talebana, e in maggiore credito morale.
Per intenderci: un informatore della polizia non è come un addetto alle pulizie o un interprete, e tanto meno come un infermiere di ospedale a gestione di una ONG o a patrocinio italiano o britannico ecc.
Anche di questa ondata migratoria, come di tutti i disastri del mondialismo e dell’ export Democrazia+Bombe, si ringrazi l’ America dell’ “establishment corrotto” (come direbbe Donald Trump).
A. Martino
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