SE IL SEME NON MUORE…
La sera del 27 Luglio 2021 una notizia mi ha profondamente sconvolto: la morte per suicidio del dott. Giuseppe De Donno.
Come tanti conoscevo la figura di questo medico poiché uno tra i primi che si sia speso per trovare una cura a ciò che dal 2020 ci hanno spacciato come una sorta di peste nera del XXI° secolo. Sto parlando ovviamente del covid-19. Ebbene De Donno la cura l’aveva effettivamente trovata. Tanti ammalati sono stati guariti eppure il medico mantovano è stato letteralmente massacrato mediaticamente e socialmente. Sappiamo tutti il perchè. Non giriamoci intorno. Da che mondo e mondo un vaccino, seppur in fase sperimentale, può essere imposto solo nel caso non esistano cure alla malattia. Le cure c’erano ma evidentemente da queste ultime non sarebbe entrato neanche un centesimo nelle casse di Big Pharma. E questo non è complottismo. E semplicemente la facoltà di riuscire a calcolare 1+1.
Fatto sta che pur abitando lontanissimo da De Donno, e non avendolo mai incontrato o conosciuto, la notizia della sua morte mi ha prostrato come se avessi perso un caro amico. Come mai? Sicuramente per una questione di “appartenenza”. Infatti nel corpo umano l’orecchio è molto distante dal piede. Eppure sia che ci venga mozzato un orecchio o un piede l’intero corpo ne soffre in egual misura. Questo spiega il perchè non solo chi scrive ha provato dolore ma pure tantissimi italiani che si sentono parte di uno stesso “corpo” del quale Giuseppe De Donno ne era una delle parti più fulgide e nobili.
E ora alcune considerazioni. I media mainstream che per lungo tempo hanno calunniato e sbertucciato il noto pneumologo sono gli stessi che hanno diffuso la notizia secondo la quale egli si sarebbe suicidato. Non voglio fare uno di quegli opinionisti-criminologi che imperversano nelle trasmissioni nazional popolari però ritengo che sulla tragica fine di De Donno si possano prendere in considerazione solo tre opzioni.
1)E’ stato ucciso ed è stato inscenato un suicidio.
2)E’ stato indotto al suicidio per scongiurare ritorsioni nei confronti dei suoi familiari.
3)Si è suicidato a causa di una profonda depressione.
La terza opzione mi pare poco probabile, anche perchè se si va a verificare ciò che egli ha detto o scritto poco prima del fatidico 27 Luglio non sembra di avere a che fare con un uomo in procinto di togliersi la vita. Comunque l’animo dell’uomo è un abisso insondabile, quindi tutto può essere. Quello che però mi preme sottolineare è che quando viene eseguito un omicidio su commissione non viene condannato solo il killer ma anche il mandante. Ciò che voglio dire è che in qualsiasi delle tre modalità Giuseppe De Donno sia morto egli era già stato condannato a morte da tempo. E i mandanti di questo omicidio sono innumerevoli. Talmente tanti che ci vorrebbe un server apposito per poterne registrare i nomi.
Comunque la si rigiri De Donno è stato ucciso dai suoi colleghi, dalle case farmaceutiche, dalla politica, dall’informazione di regime, dall’ignoranza, dal conformismo e dalla viltà degli italiani. Esattamente come il commissario Calabresi nel 1972. Ucciso fisicamente da un sol uomo ma condannato a morte dalle stesse èlites che hanno massacrato il nostro medico.
Però devo dare una brutta notizia ai detrattori del medico lombardo e a tutti coloro che hanno gioito per la sua prematura dipartita. Si perchè fino al 26 Luglio tutti quegli italiani che si sono sempre ribellati alla menzogna diffusa dal regime pandemico, disorientati e senza una guida, hanno trovato nel dott. De Donno un vero e proprio martire della Verità. Un uomo che con la sua tragica morte è riuscito a compattare, cementare e dare linfa vitale ad un Movimento fino a poco tempo fa formato da tantissime persone ma sparpagliate, come pecore senza pastore. Gli assassini sociali, morali e mediatici di De Donno involontariamente l’hanno consegnato all’immortalità!
Alla stregua di martiri eroici come Jan Palach nella Cecoslovacchia occupata o Bobby Sands nell’Irlanda del Nord. Uomini che con le loro tragiche morti si sono trasformati in fari luminosissimi a cui volgere lo sguardo quando regimi di qualsiasi specie o colore politico vorrebbero schiacciare e sopprimere ogni forma di libertà. E quindi la vicenda di Giuseppe De Donno ci insegna, o per meglio dire ci conferma, che se il seme non muore non può dare frutti. E questi frutti li possiamo contemplare nelle strade e nelle piazze d’Italia intenti a rivendicare il diritto alla libertà.
E se adesso egli è morto e sepolto tanti vorrebbero seppellirne anche il ricordo. Il problema per loro è che adesso la figura di Giuseppe De Donno è diventata imponente come un immenso albero, le cui radici sono in grado di spaccare la roccia.
Alessio Paolo Morrone
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