RADIO LISSA, 33PT: “CON L’AUMENTO DEL COSTO DELLE MATERIE PRIME E LA CINA CHE DETTA I TEMPI, L’UE SARÀ LA NOSTRA TOMBA”.

Se state per: costruire casa, fare dei lavoretti presso la vostra abitazione sia per bricolage che per delle vere e proprie riparazioni, in cui, in entrambi i casi, siete costretti ad acquistare una lamiera pressopiegata o molto più semplicemente avete deciso di comprare una bicicletta, certamente vi sarete accorti che i prezzi di tutti questi manufatti sono aumentati, di settimana in settimana, del doppio se non addirittura il triplo e, una volta constatato ciò, se pur avete denaro sufficiente per poter effettuare il vostro acquisto vi sarete anche accorti, come nel caso dell’acquisto di un’ipotetica bicicletta, che l’articolo tanto agognato non è al momento disponibile e che quindi, prima di poterla pedalare, dovrete aspettare ancora dei mesi.

E come mai accede ciò?

In molti se lo sono chiesto così come, nello stesso numero, hanno farfugliato spiegazioni a dir poco bislacche, ma mai e dico mai, che qualcuno di questi abbia avuto il coraggio di dire la verità secondo ciò che ogni buon cristiano può facilmente vedere, udire e capire.

Così si è passati dall’incolpare la pandemia – in quanto molte aziende avrebbero rallentato la loro produzione per riprenderla quando il virus ha iniziato a dare tregua e ciò, secondo questi “scienziati”, non avrebbe fatto altro che causare un’impennata delle richieste e dei prezzi come nel caso della ghisa che, ad esempio, è passata da una media di 319 euro per tonnellata nel settembre 2020 a 521 euro nel maggio del 2021, o del cobalto, per il quale occorreva spendere qualcosa come 22 mila euro per accaparrarsene una tonnellata mentre oggi la quotazione di questo metallo di transizione supera abbondantemente i 44 mila euro – all’accusare il Green New Deal per aver spostato l’attenzione dalla produzione materiale delle cose al sogno ideologico di un mondo ecosostenibile, mentre la verità è molto più semplice, essa si chiama CINA!

La Cina tanti anni fa non aveva un vero e proprio mercato interno, quindi attraverso dei piani quinquennali di sviluppo dell’export ha tentato, ed è riuscita, nel divenire ben presto la fabbrica del mondo: Manodopera a bassissimo costo, precisione, preparazione e abnegazione degli operai autoctoni, apparato statale a disposizione dei grandi gruppi che volessero investire nella terra del Dragone, una legislazione light ed un fisco meno stringente con una voluta nazionale, lo  yuan,  mantenuta sempre al di sotto delle proprie potenzialità, sono state le carte vincenti della Repubblica Popolare Cinese che così facendo a introitato, per anni ed anni, miliardi e miliardi di valuta pregiata. Fatto ciò è passata ad espandersi ed investire sia nel continente africano che in Asia diventando così essa stessa proprietaria delle risorse naturali che trasforma: legno, minerali, prodotti agricoli, terre rare. Fatto ciò, nel mentre, avendo praticamente occupato tutta la propria popolazione è riuscita a creare un florido mercato interno con consumi da capogiro.

Inizialmente Pechino finanziava i principali esportatori cinesi oggi invece che la macchina è partita ed è inarrestabile, il Governo del Celeste Impero ha iniziato a tirare i remi in barca ed ha preso a tassare in maniera proporzionale la propria popolazione colpendo, anche a morte, se è necessario, gli evasori.

Ergo gli esportatori cinesi sono disinteressati ad esportare come prima, inoltre il loro è un calcolo del tutto cinico: se anziché esportare questo manufatto che oggi vendo a valore 1 io lo trattengo per poi rivenderlo dopodomani a valore 4 il mio utile sarà stato, in pochissimo tempo del 300% senza aver fatto nulla e ciò sarà replicabile fin tanto che i miei acquirenti o competitor, non si saranno attrezzati per produrre da se stessi, in madre patria, ciò di cui hanno bisogno, cioè non subito ma ragionevolmente tra qualche anno.

È ciò che è successo, ad esempio, con le mascherine durante la prima fase del Covid, quando, per un anno, abbiamo acquistato manufatti del valore di 1 euro a 4/5 volte il proprio costo.

È proprio vero che la storia non insegna nulla: La Spagna del XVI secolo da Impero Coloniale nel giro dei successivi 3 secoli divenne uno dei Paesi più decadenti d’Europa e questo perché aveva delocalizzato ogni produzione presso le proprie colonie. La Penisola iberica, in altri termini, divenne così totalmente dipendente dalle proprie colonie e dalle altri grandi potenze industriali.

L’Italia e con essa tutto il mondo occidentale ha fatto lo stesso con la Cina: Ha delegato a Pechino la produzione di ogni cosa, specie se questi prodotti, per essere realizzati possono risultare, ecologicamente inquinanti e non rispettosi delle norme sia riguardo la sicurezza che il diritto dei lavoratori stessi, e ciò avviene nel più vergognoso dei silenzi come sé l’inquinamento prodotto in Cina non si riversasse per tutto il mondo o se le condizioni disumane dei lavoratori orientali non avessero delle ricadute nefaste anche sul mercato del lavoro qui in occidente.

La repubblica Popolare Cinese questo lo sa e, a differenza nostra, programma i propri interventi e si applica affinché questo gap sia sempre più evidente e mortale per gli altri.

Ecco perché la Cina sta chiudendo i rubinetti sulle terre rare: per depotenziare la nostra capacità militare e quindi evitare che a chiunque venga in mente di muovere guerra contro il Dragone.

L’unica soluzione per noi sarebbe – anziché spendere soldi per incentivare l’acquisto di monopattini e bici, prodotte tra l’altro sempre dai nostri simpatici amici cinesi, o investire risorse per la salvaguardia dei diritti LGBT – stanziare fiumi di denaro per reindustrializzare il Paese, mantenere le opere pubbliche, crearne di nuove, armarci fino ai denti ed iniziare a fare l’Italia, cioè a contare nel Mediterraneo.

Già, ma per fare tutto questo dovremmo prima necessariamente uscire dall’Unione Europea, dall’Euro e dalla NATO.

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