MEGHAN E HARRY DANNO SCACCO ALLA REGINA. MA LA PARTITA NON E’ FINITA, E MOLTO PIU’ IMPORTANTE DI QUANTO VI DICANO.

Nell’ apparente cronaca da rotocalco settimanale di “Harry e Meghan”, o meglio di “Meghan and Harry” (l’ordine dei protagonisti non è insignificante, come nulla nelle vulgate main stream), c’ è qualcosa di assai più significativo e consistente dell’ immane gossip (o pettegolezzo globale) provocato dalla lunga intervista televisiva in terra di California che la coppia ducale ha rilasciato a Oprah Winfrey.

Chi sono i due? In definitiva, cosa vogliono? Chi è Oprah Winfrey? Perché la monarchia britannica (la più prestigiosa e influente d’ Europa da cento anni, tra le più potenti praticamente da sempre) è nell’ occhio del ciclone? Essa, e l’istituto monarchico in genere, hanno un futuro?

Harry duca di Sussex (nato a Londra nel 1984) è il secondogenito di Carlo principe del Galles e della consorte Lady Diana Spencer, il quale dovrebbe ereditare il trono dalla  ormai semicentenaria e mitologica madre, l’ ineffabile Elisabetta II del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché sovrana di Canada, Australia, Nuova Zelanda, terre diverse ex colonie britanniche, nonché capo del Commonwealth.

Esso è una istituzione unica, retaggio dell’immenso impero coloniale britannico: oggi raggruppa non solo ovviamente il Regno Unito con le sue superstiti microcolonie (Gibilterra, S. Elena, Falkland ecc.) assieme agli stati indipendenti da tanto tempo ma ancora riconoscenti il sovrano britannico come capo nominale dello stato (rappresentato da un governatore generale), ma pure quegli stati come l’India o il Pakistan che hanno preferito la forma repubblicana o che hanno confermato, ex protettorati, la loro monarchia (Tonga, sperduta nell’ Oceano Pacifico). Tra essi vi sono estesi rapporti preferenziali culturali, linguistici, economici, commerciali. Molto conta su di esso il governo britannico, per una “Brexit di successo”, ritenendo che la vocazione britannica, più che europea e continentale, sia tuttora globale. Da questo punto di vista, con la Brexit, nonostante la retorica eurocratica, l’Europa “parla meno inglese” quindi va a perdere proprio in globalismo che tanto osanna.

Ormai da quando, circa un quarto di secolo fa, il matrimonio dei genitori saltò clamorosamente in aria (sempre con intervista televisiva), un anno sì e un anno no, si ripropone l’ipotesi che Henry detto Harry sia in realtà figlio di Diana e del suo primo amante, un ufficiale dell’esercito. Chiunque compreso l’ipotizzato padre (da vero gentiluomo, occorre dirlo) ha smentito, sta di fatto che i capelli rossi e le fattezze stanno lì impietosi o dispettosi e che qualche esame del DNA giace da qualche parte, e che forse il principe Carlo sta dolorosamente constatando la validità del nostro detto “buon sangue non mente” per dimostrazione inversa. Prima occasione per un assioma del Pensiero Unico, contro natura come il Pensiero Unico lo è in tutto: non conta l’“inseminazione” ma l’“amore verso un figlio, e chi lo cresce”. Ma certo: vedasi utero in affitto, con relativi figli comprati e venduti.

Pettegolezzi piccanti a parte (peraltro un classico per tutte le monarchie), il nostro principe incontra in America la fascinosa Meghan Markle, e dopo qualche anno la sposa nel castello di Windsor superando le inevitabili perplessità della famiglia e soprattutto della regina non tanto per il mancante sangue blu della emergente attrice americana interprete della fortunata serie Suits quanto per il suo essere divorziata e (forse) piuttosto per il sangue meticcio che tanto rilievo all’ improvviso avrebbe avuto.

Sposatisi nel 2018, nel fatale anno della pandemia i due divorziano….non tra di loro ma da Casa Windsor con una clamorosa decisione detta Megxit, bizzarro neologismo che sembra fare il paio con la più importante Brexit (almeno all’apparenza). Dicono di non sopportare più la vita di corte, l’assedio della stampa scandalistico-popolare, le rigidità mentali dell’apparato di Buckingham Palace e dintorni ecc. Prima tappa il Canada come a diluire istituzionalmente la rottura, infine la California (ex sede di lavoro di Meghan ma anche sua terra).

E lì avviene la ormai storica, lunga intervista a una delle giornaliste più seguite ma anche più accanitamente antitrumpiane e politicamente corrette d’ America, in cui Harry appare un po’ come ospite speciale. Siamo, per intenderci, all’ intervista con lo svelato pensierino al suicidio, mancato sostegno psicologico del Palazzo e allusioni cortigiane, prima della nascita del figlio Archie, al colore più o meno scuro che la pelle del nascituro avrebbe potuto avere, ecc.; oltre a cose francamente banali e stucchevoli e davvero da rotocalco come il “chi ha fatto piangere chi” che qui nemmeno voglio prendere in considerazione. Insomma: ce n’è abbastanza e di più per mettere sotto scacco la monarchia britannica non tanto per la sostanzialità politica e istituzionale, ma per come il main stream, il politicamente corretto e il Pensiero Unico globalista sanno cucinare tutti questi ingredienti. Il classico del razzismo o dell’anacronismo di tutte le monarchie, e nuovi prodotti della neolingua come “anaffettività” e “mancanza di empatia“, da mescolare con cultura del piagnisteo a volontà, ecc. e la pietanza è servita. Ma cui prodest?

Negli USA, terra che come abbiamo visto gioca tanto ruolo nella imprevedibile storia, significativamente si sono subito schierati dalla parte della “strana coppia” tutto l’apparato main stream Obama e Biden compresi (il primo già amico dei duchi di Sussex); mentre le ragioni della monarchia britannica sembrano avere discreta udienza verso la destra conservatrice e populista con l’ex presidente Trump in testa, incondizionato estimatore della vecchia regina. Ancora: i Sussex hanno letteralmente evitato Donald Trump tanto in Regno Unito quanto negli stessi USA; le loro idee, anche relative al loro futuro di impegno sociale e filantropico, sono assolutamente organiche all’ establishment pure se con una spruzzatura di blasone ai massimi livelli. Ed essi sanno benissimo che questo si tradurrà in contratti milionari. Da questo punto di vista, l’intervista gratuita alla Winfrey è un investimento colossale     

Un altro dato è molto interessante: il 70% dei britannici che votarono per Brexit, non approva la scelta della coppia, e ne rigetta accuse e insinuazioni; e specularmente, il 70% dei fautori della permanenza nell’ Unione europea sono sostenitori dei Duchi di Sussex.

E sta di fatto che le opinioni pubbliche sono ormai polarizzate, non tanto su questa o quella tematica ma su generali visioni del mondo. Direi: “dimmi come la pensi su questo, e ti dirò come la pensi su quello”. Mi spiego meglio: chiedete a un italiano cosa ne pensi su Harry e Meghan, e poniamo che si esprima a favore delle loro esternazioni. E’ un primo sintomo, chiedetegli poi cosa pensi dell’euro: se vi dirà che “ci ha salvati, dell’ Europa non si può fare a meno”, volete scommettere che non avrà alcuna riserva sulla dittatura sanitaria, che non troverà nulla di strano nelle nozze gay, che riterrà Biden “la fine dell’ incubo Trump” ecc.?

Insomma: le simpatie monarchiche, anche nei paesi di indiscutibile tradizione repubblicana e verso monarchie di particolare visibilità, sono indice di attaccamento all’ identità nazionale e tradizionale, di visione naturale delle cose, di avversione al Pensiero Unico. Nel “grande reset” postpandemico appena avviato che vedo più come una “soluzione finale” del mondialismo che la buonista “grande occasione da non perdere”, non credo che le ultime monarchie sopravvissute negli ultimi cento anni siano ben viste. E quindi, ecco operazioni come la Megxit. 

Anche perché la Brexit, aldilà delle veline ai media allineati prescriventi minimizzazione e relativizzazione, brucia e brucerà fosse solo per i cessati contributi del Regno al bilancio dell’ Unione. E dato che il terrorismo psicologico sugli “scaffali vuoti dei supermercati” o le “farmacie senza medicinali” si è rivelato per l’ assurdità che era, si passa ora ad attaccare il collante di tutto il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, vale a dire la Corona. La quale è un bersaglio senz’ altro più sostanzioso e significativo della casa farmaceutica Astrazeneca….

Immaginiamoci che la “cessione di sovranità” (appunto…) dei vassalli della UE arrivi a perfezione e si insedi al Quirinale come all’ Eliseo o al Palacio del Pardo un commissario europeo per l’Italia o la Francia o la Spagna. Gli inquilini del momento a Roma e Parigi non avrebbero alcun problema a dimettersi con qualche anticipo rispetto alla fine del mandato, ma don Felipe di Borbone diretto erede del Re Sole, che farebbe? Un re non è un “servitore dello stato” o un burocrate vitalizio, ma dalla nascita rappresenta uno stato, una comunità nazionale, il destino di un popolo (che sia pure tragico). Dovrebbe passare alla direzione del Museo del Pardo? Fare la guida turistica nella Toledo o Granada medioevali? Mettere su un agriturismo?  

Hanno cercato di adeguarsi, laicizzarsi, spogliarsi di poteri esecutivi e legislativi, ma stanno sempre lì a rappresentare ed evocare Grandezza e Identità, persino quando ne sono indegni o inadeguati. Se questo fosse semplicemente declinato in folklore e attrazione turistica non vi sarebbe alcun problema; ma se poi si sconfina ad esempio nella Brexit, le ricadute sono tremendamente concrete. Ma secondo voi, tanti britannici non hanno votato leave pensando alla loro Regina contrapposta a Juncker o alla Merkel? E se al posto suo ci fosse stato un Mattarella, questo non avrebbe ricordato che “da soli non c’è futuro”?   

Non è però nel bersaglio solo la monarchia britannica ma per esempio, anche la spagnola, davvero pericolante (in Spagna e soprattutto Catalogna c’è da oltre un secolo, un bubbone anarco-massonico e anticattolico che si sta rinvigorendo di giorno in giorno da Zapatero in poi, e i Borbone restaurati dal 1975 sono sempre più percepiti come l’ultimo lascito franchista).  

Ma persino in Thailandia, l’anno scorso, si sono viste le prime manifestazioni antimonarchiche della Storia. E’vero che si sono più che altro limitate a chiedere un ridimensionamento dei poteri reali e che l’attuale sovrano è poco popolare per il suo isolamento babilonese tra concubine e sfarzi, ma qualche cartello inneggiante a una “thai republic” si è visto: impensabile in un Paese dove il monarca, quasi come in Giappone, è semidivino, e preoccupante perché i cartelli in inglese sono un classico segno di eterodirezione delle manifestazioni.

Insomma, Dio salvi la regina e gli altri. E faccia riflettere gli italiani sul fallimento della Repubblica prima di irridere altri su un presunto isolazionismo e su presunte istituzioni anacronistiche che metterebbero in fuga i propri stessi rampolli.  

A.Martino   

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