LE CIFRE VERE DEL RECOVERY FUND, OLTRE LA PROPAGANDA
Qualche conto in tasca all’ ormai mitologico Recovery Fund.
Ricordate quando parlamentari o sindaci, nelle prime settimane del lockdown di un anno fa, rimuovevano con sommo sprezzo e sdegno le bandiere blustellate?
Ricordate l’incauta e precipitosa copertina di Panorama sulla “fine dell’Europa”?
Ma non tirava affatto aria di Italexit, lo avevamo capito benissimo. Perdonatemi la brutalità, ma era tutta una pantomima per ottenere soldi dai famosi “frugali” nordeuropei. Un po’ di gioco delle parti tra il poliziotto cattivo, l’olandese Rutte e la poliziotta dal volto umano Angela Merkel, e tutto si è risolto. Gli euroband? Dimenticati, mai nominati.
Ogni cittadino della Unione europea ha fatto bingo, gli italiani ci hanno messo pure un bel terno al lotto, dimostrazione della bontà e giustizia dell’Unione, basta col sovranismo e i nazionalismi, blablabla……Ma quanto è brava e quanto è buona, la baronessa Ursula von der Leyen…
Anche questa volta, noi de L’Ortis abbiamo la sana velleità di portarvi per mano a distinguere i fatti reali dalla propaganda sistemica. E questa volta è necessario un minimo di tecnicità contabile da bravo ragioniere di cinquanta anni fa, che con le sue compiante lire e la cara vecchia partita doppia era in grado, con qualche conto su un quadernino a quadretti, di assicurare ai vari don o cummenda se questa o quella opportunità commerciale fosse un buon affare o una fregatura.
Innanzitutto, precisiamo un dato di fatto nascosto da una sottile cortina fumogena. Il Recovery Fund prevede erogazioni a fondo perduto (soldi da non restituire), e soldi a prestito da restituire e come tali da iscrivere a bilancio quali passività da finanziare, con tempi, modalità e risorse ovviamente sindacabili e da vidimare in sede eurocratica. La Spagna ha deciso di non avvalersi del Recovery Fund, ed evidentemente il suo governo qualche ragione l’avrà.
E precisiamo anche un elementare quanto fondamentale principio. I famosi fondi del Recovery, dal punto di vista nazionale (si può ancora dire o è un becero modo di dire sovranista?) sono appunto una partita doppia, cioè una specie di enorme conto corrente, o anche di busta paga (tanto per rendere forse meglio l’ idea), con numeri in entrata (cioè in avere) e in uscita (cioè in dare). E infatti il saldo di un conto corrente può essere col segno – (cosa che espone in qualunque momento alla richiesta di “rientro” da parte della banca), o una busta paga può essere anche leggerissima in qualche caso, se non addirittura a debito del lavoratore. Spero di aver chiarito il concetto davvero fondamentale. E qui, il lettore già può iniziare a diffidare degli entusiasmi di uno Zingaretti o di un Renzi, che come dei gasati direttori di filiale bancaria, si sbracciano per convincere della “convenienza” dei soldi dati a prestito non solo dal RF ma persino dal famigerato MES.
Pariamo di 360 miliardi di euro globalmente assegnati agli stati europei a titolo di prestiti, e di 390 miliardi a fondo perduto. All’ Italia ne tocca indubbiamente la fetta più ampia (una Italexit è pur sempre uno spauracchio, e pure se Conte non si sarebbe mai sognato di agitarlo espressamente, di sicuro è probabile che in colloqui riservati e lontani da telecamere e microfoni, qualche frecciatina per alzare la posta sicuramente l’avrà scoccata). Anche se, qualora uno stato membro dovesse dimostrare di aver subito dalla pandemia più danni di noi, i “nostri” soldi diminuirebbero e potremmo persino incorrere in un saldo negativo. Ma sono ipotesi, benché onestamente tracciate da Carlo Cottarelli in un suo documento dell’ Università Cattolica, abbastanza estreme, almeno mi auguro.
Allo stato attuale, comunque, all’ Italia andrebbero 209 miliiardi circa di cui 81,4 del fondo perduto (gratis tanto per intenderci) e 127, 4 del meno entusiasmante prestito. E riguardo questi ultimi, e il prestito Sure per le casse integrazioni, si avrebbe (stima ancora di Cottarelli riportata da Panorama) un risparmio di 24 miliardi sugli interessi, dato che il prestito viene accordato all’ Unione europea a condizioni, effettivamente, più vantaggiose che se stipulate direttamente dall’ Italia. Quindi, agli 81,4 miliardi a fondo perduto si sommano i 24 del risparmio sugli interessi, arrivando a un globale di finanziamenti senza restituzione per ben 105 miliardi ? Purtroppo no: perché questa, lo ripeto, è una partita di conto corrente con + e – , ovvero con dei dare e degli avere.
Andiamo a vedere i primi. Si sappia innanzitutto che il Recovery Fund nella sua articolazione a fondo perduto (i 390 miliardi) non nasce da un puro e semplice afflato comunitario di generosità, ma è finanziato…dagli stessi stati beneficiari, spalmando i contributi per sei anni. Ebbene, al “Paese dove fioriscono i limoni” spetterà versare il 12,8% di 390 miliardi, ovvero 49,92 miliardi.
Quindi, 81,4 000 000 000-49,92 000 000 000=31,48 000 000 000. Sommando ai quali i 24 miliardi del risparmio sugli interessi, si arriva alla cifra di 55, 48 miliardi.
Ma i conti non possono esaurirsi qui. Si sappia infatti, che essere membro di UE, comporta il pagamento di una “tessera” annua alquanto salata rapportata al 1,2% del PIL. Sperando che non si arrivi come spesso ventilato al 2%. Comunque sia nei prossimi sei anni dell’esercizio di bilancio della UE, saremo “contribuenti netti” per 20 miliardi di euro (significa cioè che tanto diamo all’ Europa più di quanto riceviamo). Ma non è finita: già oggi parte dell’IVA è sacrificata sull’ altare della Dea Europa. E in conseguenza della Brexit potrebbero essere visti al ribasso i contributi agricoli, dato che essi vanno a premiare le agricolture più legate alla trovata del “green new deal”.
Ebbene, le analisi più ottimistiche e inconfutabili portano a stimare il reale apporto del fondo perduto in 35,48 miliardi (i 55,48 di cui sopra con la detrazione dei 20 netti di contributo al bilancio comunitario).
E spero, per carità di patria, che le stime più pessimistiche di cui sopra non portino il tutto ai “miseri” cinque miliardi di euro dell’analisi di Carlo Cambi su Panorama (n.07/2852 del 10 febbraio 2021). E proprio con il duro giudizio ivi riportato di Giulio Tremonti voglio concludere:
“Nella narrazione che si è fatta i soldi del Recovery Fund sono come i carri armati di Mussolini, aumentano di continuo. La verità è che la parte a fondo perduto non è di 80 miliardi, ma al massimo arriva a quaranta perché l’Italia dovrà aumentare il suo contributo al bilancio o sopportare nuove tasse europee”.
A. Martino
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