E COSI’, DONALD TRUMP LASCIA L’ AMERICA SOVRANISTA E POPULISTA TRA LE MACERIE. E’ LA FINE O UN NUOVO, E PIU’ CONSAPEVOLE E COERENTE INIZIO?
“È stata un’elezione rubata – tuona Donald Trump – non concederemo mai la vittoria“. Così dice The Donald all’ imponente manifestazione dei suoi sostenitori a Washington.
“Non ci arrenderemo mai“, conferma Trump. E la folla che lo ascolta intona “Stop the steal” (fermate il furto). E ancora: “Sono il presidente più votato della storia americana, con questi numeri non c’era nessuna possibilità di perdere. Abbiamo avuto 75 milioni di voti e dicono che ho perso. Qualcuno crede che Joe (Biden) ha avuto 80 milioni di voti? Ha avuto 80 milioni di voti coi computer“. Una cosa da “terzo mondo“, attacca Trump, sostenendo che i democratici abbiano “usato la pandemia per truffare il popolo“.
Il resto, è rimbalzato sui media di tutto il mondo con il fragore dell’ evento storico sbalorditivo, una specie di novello sacco di Roma da parte dei Visigoti nel 410 : Capitol Hill (sede del potere legislativo) ove si stava svolgendo un passaggio puramente formale in vista dell’ insediamento di Biden, assaltato; i parlamentari in fuga, i presidenti di Camera e Senato protetti in una base militare segreta, l’ irruzione di massa nel “tempio della democrazia” evocando semplicemente il quale i cuori di tanti palpitano nell’ impero euroatlantista da almeno tre quarti di secolo. Inviti di Trump a moderazione e pacificità, senza peraltro rimangiarsi una sola delle parole di cui sopra e tutto il resto (“così non si può andare avanti” ecc.).
Donald Trump non sa perdere e lo ha dimostrato, confermato e certificato ogni giorno e ogni notte che vengono mandate sulla Terra: d’ altronde è lui quello che ha sempre diviso l’umanità tra winners e losers. Ovviamente, lui è, anzi è sempre stato tra i primi. Ma non più: almeno per una volta fa l’esperienza del perdente.
Ma non può, a due settimane dall’ insediamento dell’avatar obamiano Joe Biden ed effettivamente con una certa patologia che porta tanta acqua al mulino degli altrettanto patologici celebratori del “25 aprile mondiale”, accettare la sconfitta. Eppure avrebbe le carte in regola per ritenere questa sconfitta assolutamente da onore delle armi: era riuscito a terminare il suo mandato senza stato di accusa per il Russiagate o ostruzione alla giustizia contro tutti i pronostici dell’inizio del mandato più “pazzo” della storia americana; ed ha aumentato di qualche milione i voti popolari dimostrando di non essere una scheggia di meteorite.
Ma forse ha rovinato tutto comprese prospettive ulteriori (sarebbe una beffa atroce la destituzione ora). E quello che sinceramente ci fa rabbia, è che tutto il mondo sovranista e populista nelle sue cento varianti e sfumature ovviamente nazionali, rischia di essere sommerso da una valanga di fango e falangi di maestrine e maestrone a sbraitare : “guardate, dove portano i nuovi fascismi!”.
Non è che non abbia ragioni da vendere, intendiamoci. Ma mi rammarico con incredulità, che un uomo del genere non abbia ancora capito cosa il deep state è capace di fare, e che la violenza verbale e figurati quella tout court, l’oggettiva piromania istituzionale e l’ostinazione nei principi sono una delle cose da non usare assolutamente contro questa cappa che dalla morte di JFK almeno avvolge gli USA e tutto il resto del sistema euroatlantista. Eppure, in suoi momenti di grazia e particolare lucidità, proprio in Donald Trump ho riconosciuto un maestro: si veda il mio LASCIAMO PERDERE I PIAZZISTI E GLI AVVOCATI DEL MONDIALISMO.CERCHIAMO LA VERITA’. PRIMA PARTE: L’AGGHIACCIANTE DISCORSO ALLA NAZIONE DI DONALD TRUMP. del 15 giugno 2020. Una lectio magistralis in pratica, sul deep state: un discorso quasi da Eisenhower; oddio, ma cosa è mai stato di tanta saggezza e acume?
Ma Donald Trump, anche se il suo peggior nemico è proprio lo stesso Donald Trump, una logica di fondo la sta seguendo pur muovendosi come (infatti!) un elefante in un negozio di cristalli e porcellane: ed è quella della profonda, radicale ristrutturazione del sistema politico americano. Se ieri un cadavere eccellente, oltre a quello dei quattro martiri populisti, e mastodontico con zanne d’avorio giaceva in pieno Campidoglio (non quello antico quanto glorioso dalle parti nostre) era proprio quello dell’Elefante, ovvero il Grand Old Party (il partito di Abraham Lincoln).
Guardate cosa ha detto Donald Trump junior, sempre al fatale raduno d’ Epifania: “Il loro partito repubblicano non esiste più, c’è il partito repubblicano di Donald Trump”.
L’ avventura dei prossimi non solo anni ma giorni è questa, è il ridotto in Valtellina o piuttosto nel profondo Midwest di Trump: dar vita a un nuovo soggetto politico di destra alternativa più per spirito di sopravvivenza e, appunto, alternativa al Sistema, che per reale DNA ideologico (frange suprematiste a parte). D’ altronde, l’alternativa non può che essere da quelle parti: alla cosiddetta Sinistra non interessano più i lavoratori ma le minoranze etniche e sessuali: il marxismo dialettico è stato sostituito dal Pensiero Unico politicamente corretto ed eticamente corrotto.
Il partito repubblicano “per bene” vada pure a fare la “destra” dei dem; si destituisca e si arresti pure Trump, facendone il perseguitato testimone della fede sovranista-populista e principe degli apostoli. Si vada a vedere le carte scoperte, e quale bluff sia perdente: la voglia di status quo e di sottomissione delle masse giocato dall’ establishment, o la voglia di continuazione della Storia americana da parte delle legioni trumpiane.
A.Martino
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