IL REGNO UNITO E’NUOVAMENTE E DEFINITIVAMENTE LIBERO E INDIPENDENTE. COMPLIMENTI A BORIS JOHNSON

Siamo lieti di poter dare un seguito positivo ad alcuni articoli de L’ Ortis di notevole spessore politico e ideologico, tra cui ad esempio ORMAI BREXIT E’ REALTA’. E’ UN FARO PER TUTTI I PATRIOTI EUROPEI. nel mese di febbraio . Infatti, con un enciclopedico accordo alla vigilia di Natale, Ursula von der Leyen e Boris Johnson hanno, spiazzando le previsioni piuttosto pessimistiche degli osservatori, raggiunto l’ obiettivo della “Brexit ordinata”. Certo, finora la conoscenza del suo contenuto si basa su indiscrezioni, stralci più o meno ampi riguardo questo o quello, ma è difficile che tanto in sede europea che a Westminster, il tutto venga rigettato o seriamente avversato.

Complimenti a Boris Johnson ma anche, serenamente, a Ursula von der Leyen. Anche se quest’ ultima appare di sicuro e ovviamente, molto meno entusiasta del Primo ministro di Sua Maestà britannica; al quale vanno da parte nostra felicitazioni ben più calorose e partecipate. Ha continuato e perfezionato il lavoro di Nigel Farage, liberando la sua patria dall’ eurocrazia e ridando al suo popolo, e alle istituzioni di questo (dalla monarchia al governo e alla magistratura fino al parlamento ecc.) il controllo del proprio futuro. Sembrava che tutto dovesse impantanarsi sulla questione della pesca da consentire alle imbarcazioni degli ex partner europei ma si è raggiunto un compromesso abbastanza onorevole per entrambi: possibilità ai pescherecci della UE di attingere alle acque territoriali ma solo per alcuni anni, e con obbligo di risarcimento di un quarto di valore del pescato.

Anche la risoluzione delle controversie non avverrà tramite l’investitura di un organo giurisdizionale eurocratico (sarebbe stato umiliante per il Regno Unito), ma mediante arbitrato internazionale (cosa normale fra entità sovrane).

La Gran Bretagna ha nel trattato di leaving, ribadito con forza la sua identità “emotiva, culturale e spirituale europea”, e non ha mai presentato tale punto di arrivo come un qualcosa di nazionalistico: ha dedicato a tale concetto persino una moneta da 50 pence, emessa all’ inizio di questo anno quando la Brexit fu definitivamente dichiarata e i deputati britannici, con lo storico discorso di Farage, lasciarono il parlamento europeo.

Chi perde e chi vince? Non è facile dirlo con precisione macroeconomica e finanziaria. Dipende da come, in futuro, il nuovo stato di cose impatterà su tanti aspetti: il mercato finanziario della City e dintorni, i flussi turistici, il mercato prettamente british dei corsi universitari e di lingua inglese col tramonto dell’Erasmus (andavano tutti o quasi nel Regno Unito). A proposito di tale ultimo aspetto socialmente e culturalmente importante per la formazione delle cosiddette elites italiane, credo che il netto innalzamento delle già importanti rette universitarie dalle parti di Cambridge o Oxford, taglierà fuori la classica piccola e media borghesia col rampollo da “far studiare come si deve” compensando, anche ampiamente, i mancati introiti di chi già pagava a fatica, con le rette pagate da genitori che elite sono già.

Non mi sembra che la società britannica sia arrivata a tale traguardo col fiato corto, nonostante il panico sui mercati finanziari di quella giornata del giugno 2017 successiva al referendum sulla Brexit: borsa di Londra e sterlina dagli alti e bassi in fondo come tutta la finanza del Vecchio continente; nessuna penuria di farmaci, nessun scaffale di supermercato vuoto per non so quali difficoltà di approvvigionamento dovute alla folle scelta ed esistiti solo nelle veline della stampa di Sistema e agitati fino alla chiusura dell’accordo. Se problemi sull’ Isola ci sono stati, sono dovuti piuttosto alla pandemia: innanzitutto umani, dato che quelli economici li stanno risolvendo con le iniezioni di liquidità imponenti della Bank of England, che usa la SUA moneta. E anche lì, se la stanno cavando alla grande, con uno studio avanzato su una terapia immunizzante; non dopo aver avviato la vaccinazione di massa battendo sul tempo l’ eurocrazia e disputandosi con la Russia il primato mondiale sulla tempistica.

E ricordate, le cifre astronomiche che secondo i giornaloni, non si capiva bene a quale titolo, il Regno Unito avrebbe dovuto pagare alla Dea Europa vilmente abbandonata? Praticamente, un Recovery fund, Londra immenso bancomat degli eurocrati: ma non ve ne è più traccia.

Certo, la cosa è costata la testa (politica) a ben due premier entrambi conservatori: David Cameron per aver fatto svolgere un referendum nella convinzione che vincesse il remain, e Theresa May incapace di arrivare dove Johnson è arrivato (stravincendo le elezioni anticipate e ponendo la pietra tombale su un ipotetico secondo referendum).

Cosa farà ora la Scozia europeista e indipendentista? Si rassegnerà o cercherà di indire l’ennesimo referendum sull’ indipendenza?

Il punto fermo è: un popolo può riappropriarsi della propria Storia, specie se l’establishment fa il passo falso di dare rilievo alla sua volontà. Ed uscire dall’ Unione europea è difficile, complicato, ma possibile; ed un investimento sul futuro, magari con qualche perdita nell’ immediato ma sicuramente vincente.

Confermiamo la nostra simpatia e vicinanza a Boris Johnson e al suo governo per la sua incruenta, democratica e civile lotta di liberazione nazionale;  con un pizzico di sana invidia.

A. Martino

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