IL CASO HOTEL PLAZA SI COMPLICA. FINISCE IL MITO DELLA DIVERSITA’ DI GIUSEPPE CONTE, INCALZATO DAI RENZIANI.
Non è facile, ma spiegabile nella logica politica tutta italiana del “fuoco amico” per cuocere l’ alleato-avversario a fuoco lento, l’ annunciata interrogazione parlamentare del deputato di Italia viva (lo scissionista partito di Matteo Renzi), circa una manovra normativa che avrebbe, e non di poco, avvantaggiato il “suocero” del presidente del Cdm Giuseppe Conte, cioè il padre della compagna Olivia dott. Cesare Paladino proprietario del prestigioso romano Hotel Plaza.
Che poi agli annunci di tutti i tipi, possano benissimo non seguire i fatti specie se il buon Matteo (Renzi) otterrà quanto sperato nella particolare dinamica di fine 2020, non significa molto. Sta di fatto che l’intervista rilasciata dell’ on.Michele Anzaldi a Il Giornale è pesante, anche al netto delle particolarità italiane; e anche perché rilasciata a un dei pochi fogli italiani di opposizione al governo giallorosso prima e alla dittatura sanitaria dopo.
Ve ne proponiamo un ampio stralcio, lodando Il Giornale per il suo mettere in rilievo una vicenda su cui la stampa di Sistema cerca di far scendere un silenzio, come si dice, assordante.
L’ on. Anzaldi afferma di aver subito paventato il rischio di una interpretabilità ad personam nell’ ambito del decreto Rilancio, ma che gli fu obiettato che era una forzatura, data la non retroattività tipica delle leggi penali, e il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. E così prosegue, riportando integralmente dall’ intervista che Francesco Curridori ha realizzato per Il Giornale.
…..”E, invece, oggi scopriamo che quella norma è stata applicata retroattivamente solo nel caso del Plaza, come rivela Franco Bechis sul Tempo, con la cancellazione della condanna a 1 anno e 2 mesi ma senza il raddoppio della sanzione previsto nella norma, che avrebbe significato un pagamento fino a 4 milioni: una storia incredibile. Ma ora chiedo che sia fatta massima trasparenza”.
Che tipo di trasparenza chiede? “Quella norma è stata inserita nel decreto dal Governo, prima ancora che il decreto arrivasse in Parlamento, quindi è completamente di origine governativa. Nella versione uscita dal Consiglio dei ministri e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 19 maggio quel comma già c’era. Quale è stato l’ufficio legislativo del Governo che l’ha voluto? È stato il ministero dei Beni culturali e turismo, cui le norme del settore dovrebbero teoricamente fare riferimento? Oppure è arrivato da qualche altro ministero? Oppure a inserirlo è stato il Dagl (Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi ndr) che fa diretto riferimento a Conte a palazzo Chigi? La stranezza è che quella norma non è stata rivendicata pubblicamente da nessuno, di certo non dal ministro del Turismo. Se era davvero così utile per il rilancio dell’economia, perché nessuno l’ha sottolineato?”.
Che cosa si aspetta quindi? “Sarebbe utile e corretto che venissero pubblicati i verbali della seduta del preconsiglio dei ministri che ha dato il via libera a quella norma, per risalire al responsabile e fare piena trasparenza. Il preconsiglio è l’organo che si occupa della redazione formale di un decreto, si svolge a Palazzo Chigi con i capi legislativi di tutti i ministeri e viene presieduto dal capo del Dagl, nominato dal presidente Conte. Ogni decreto, prima ancora di arrivare in Consiglio dei ministri, passa da lì”.
Si spieghi meglio… “Tutti i ministeri inviano al Dagl le proposte di articolato da inserire nel decreto, poi è il Dagl che si occupa concretamente di assemblare il tutto e redigere formalmente il decreto. A questo punto è doveroso che la gestazione di quel comma, un vero e proprio colpo di spugna, sia resa pubblica. Se il governo non lo farà a breve, se a svelarlo non sarà qualche doverosa inchiesta giornalistica, lo chiederò formalmente con un’interrogazione parlamentare”.
Conte, in passato, ha attaccato Salvini e Meloni dichiarando che non voleva agire “col favore delle tenebre”. Non le sembra che questo caso, quello del Recovery e dei servizi segreti, dimostrino proprio il contrario? “Direi che questa volta lo ha certificato con una pec. Perché se lei chiede un parere ai ministri su dei progetti illustrati in 128 e per un importo di 200 miliardi in poche ore con una pec inviata alle due di notte, se non è quello il favore delle tenebre non saprei dire”.
In passato il M5S avrebbe chiesto le dimissioni, mentre ora tutto tace. Siamo di fronte a un caso di garantismo a senso unico? “Mi pare evidente. I Cinquestelle si sono sempre mostrati durissimi con gli altri e garantisti con i loro, spesso anche oltre l’ omertà. Qui non si tratta di garantismo, ma di trasparenza”.
Alla luce di questo caso e delle crescenti tensioni nella maggioranza, secondo Lei, Conte dovrebbe dimettersi? Al presidente del consiglio Italia viva ha chiesto un netto cambio di rotta, è evidente che così non si può andare avanti. Io mi spingerei personalmente anche oltre, ma mi rimetto alla posizione espressa dal partito. Se questo cambio concreto, tangibile non arriva da lui, è evidente che arriverà dal Parlamento”.
A. Martino
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