MES: IL GIOCATORE DI POKER E LE STELLE CADENTI.
Alla fine il Movimento 5 Stelle ha ceduto la propria sovranità e chinando il capo, nonostante tutte le pantomime dei giorni passati, ha firmato quasi compatto il provvedimento sul MES e permettendo al governo Conte di andare ancora avanti.
Tutti a partire da Di Maio ma anche e soprattutto Renzi, nei giorni precedenti il voto, hanno fatto il loro teatrino del dissenso e dello smarcarsi, per dimostrare agli italiani che erano distanti da Conte ed il suo governo, ma è bastata una parolina magica che tutti hanno votato compatti la fiducia al governo.
Vi è una parolina magica che indora la pillola ed è: “elezioni anticipate”.
Questa parolina
diventa una magica scusa per cui purtroppo a dispetto di quanto si affermava ci
si deve contraddire per fare spazio alla responsabilità che il periodo
richiede.
Qualche perdita in più l’ha sicuramente sofferta il Movimento 5 Stelle con
l’ulteriore perdita di deputati e senatori, proprio loro che erano contro il
voto di scambio e contro il cambio di casacca.
Ma soprattutto una perdita di consenso ulteriore, nei confronti dei loro sostenitori, di chi ancora cerca di difendere una scelta di voto, fatta nel 2018.
Indubbiamente il movimento che nel 2018, alle elezioni politiche, riuscì a prendere quasi il 33% dei voti, risultando il primo partito dell’arco costituzionale, non esiste più o meglio è un pallido fantasma di se stesso.
Com’è potuto succedere?
Io credo che la colpa
di questa situazione sia nel DNA malato del Movimento 5 Stelle, movimento
antipolitico e populista che manca di un’ideologia di riferimento forte, un
totem a cui appellarsi nei momenti di difficoltà, quando si è chiamati a
compiere delle scelte importanti, uno schema di valori ideali che affondano
nella storia e nella cultura di una nazione o dell’umanità.
Questo ha comportato che il movimento in fondo non è altro che un’associazione
privata di cittadini che nella politica hanno trovato il loro ascensore
sociale, per scalare posizioni reddituali migliori.
A questo punto il movimento ha un solo obiettivo che è quello di mantenere le poltrone con un danno nefasto per il paese vista l’inaudita incapacità degli attori espressi e chiaramente presente anche agli alleati col PD in testa.
Prima o dopo comunque si arriverà al voto, per cui traditi i pochi valori di riferimento e disattesi i piani del programma politico, ora deputati e senatori pentastellati, cercano di massimizzare le rendite acquisite o di rifarsi un’immagine o una posizione in altri gruppi politici.
Per Matteo Renzi il discorso è un pò diverso, politico esperto, artefice del governo Conte 2, sa che ha ancora da poter raccogliere un usufrutto politico dalla sua creatura, in termini di poltrone nelle aziende di stato o in altre posizioni all’interno della Pubblica Amministrazione per i suoi uomini.
I suoi dissensi erano solo un’avviso di riscossione per il governo ed i suoi alleati, tenuti costantemente in scacco dal peso della sua formazione.
Da buon giocatore di poker, ieri, nel corso del suo intervento, ha detto che le poltrone al governo erano a disposizione, sapendo perfettamente che nessuno gliele avrebbe toccate, pena la caduta del governo e l’elezione anticipata.
Renzi sta cercando di
costruire un’alterità rispetto al PD e al Movimento 5 Stelle in previsione
delle future elezioni politiche e per cui deve trovare parole nuove e strategie
di diversificazione in modo da superare la soglia in cui le proiezioni mettono
la sua compagine politica.
In questi giorni abbiamo così potuto assistere ad una fenomenologia politica
che credo unica nel suo genere a livello mondiale, un altro di quei primati
italiani, che non fa invidia a nessuno e che naturalmente genera sospetto sulla
capacità del nostro paese di rispettare i patti con gli altri paesi europei
Germania e Francia in testa.
Come ho già detto il nostro è il paese del trasformismo, dove le parole non dicono quello che è il pensiero reale, e questo purtroppo non è un bene per noi cittadini che ne paghiamo le conseguenze.
L’Italia ha bisogno di un ritorno ad una politica dei valori e dei grandi ideali, la politica della bassa cucina ha fatto il suo tempo.
Giuseppe Vignera
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