L’ ATROCE SACRIFICIO DI ELENA E DIEGO, SEGNO DEI TEMPI E NON SOLO DI APPARENTE FOLLIA
La tragedia avvenuta qualche giorno fa nel piccolo centro della Valsassina dove un padre (Mario Bressi) ha ucciso, pare tramite strangolamento, i suoi due poveri figli gemelli (i dodicenni Elena e Diego con i quali ivi si trovava in vacanza) per poi gettarsi da un ponte, e in procinto di separarsi dalla moglie ( per volontà di costei) richiama il dramma dipanatosi tra Pescara e Chieti di due anni fa. Allora un altro padre (Fausto Filippone) prima spinse nel vuoto da un balcone sua moglie, poi gettò la sfortunata figlia scolara di elementari da un viadotto, presala dai nonni, e infine fece precipitare se stesso.
Vi sono delle differenze, se non altro perché pare che Filippone non avesse alcun particolare problema di menage familiare: e se vi fosse, i tre sventurati se lo sono portati nella tomba. Il Bressi, aveva invece messo per iscritto che colei che stava per separare la propria vita dalla sua sarebbe rimasta sola, non avrebbe più rivisto quei due splendidi ragazzini, e che lui sarebbe “volato via”. Ma entrambi i casi sono accomunati da una inspiegabile follia, che però una sua chiave di comprensione deve averla, dato che simili storie, da anni, non sono ormai inedite, ma vero e proprio campanello di allarme. Non dovremmo ad esempio, dimenticare l’altra follia di chi, invaghitosi di una collega, pensa di uccidere la moglie (dopo averci fatto l’amore a mo’ di folle dolce addio), e poi passa all’ eliminazione dei figli nel sonno; per infine andarsene a vedere una finale dell’ Italia ai mondiali di calcio.
L’ agghiacciante caso degli ultimi giorni (ieri il tremendo funerale di Elena e Diego) conferma che la società attuale ha nel suo intimo insidie ben peggiori del Coronavirus: la “crisi di valori” è ormai espressione generica e strausata. Qui, siamo proprio all’ impossibilità di trovare un senso alla propria esistenza individuale, e al trascinare nel proprio Nulla esattamente le persone che sarebbero le più care, irrinunciabili e amate. Non sembra che entrambi avessero problemi economici, anzi il Filippone ricopriva un ruolo di rilievo in una prestigiosa azienda tessile del Pescarese interno. Le fotografie di tutte queste famiglie ci guardano misteriosamente con i loro sorrisi, le spose raggianti nel “giorno più bello”, i bambini felici ma destinati a non vedere l’adolescenza. Ci saranno parole commosse e attonite di giornalisti, preti celebranti il funerale con grande partecipazione pastorale, vicini e “comunità” che non “sanno spiegarsi” (“era una persona per bene e tranquilla, mai sentito alzare la voce”), poi tutto si spegnerà per accadere di nuovo.
A mio avviso, sono evidenti due fenomeni che nessuno vuole ammettere: il fallimento della società consumista e materialista di massa, e la profonda crisi della famiglia soprattutto nella figura maschile e paterna.
La fine delle ideologie tanto vantata dal main stream degli ultimi trenta anni non è la fine dell’appeal di idee “pericolose” in fondo soprattutto per il Sistema, ma proprio delle Idee, della visione dell’uomo come essere pensante (intellettuale) e spirituale (religioso). Che poi queste persone, latenti assassini spietati, abbiano, e spesso lo hanno, una notevole istruzione o bazzichino oratori e parrocchie, significa solo che sovente i “pezzi di carta” siano pure le lauree non producono cultura e che la Chiesa non forma cristiani ma parrocchiani o al massimo “cattolici impegnati”. Ma siccome in effetti è inevitabile che l’uomo non viva “di solo pane”, ecco che ci si rifugia quasi morbosamente nell’ intimità familiare, e questi “mostri” sono persino padri e mariti più affettuosi, premurosi e presenti di altri: lavoro e famiglia, e poi ancora lavoro e famiglia. Hanno anch’ essi cambiato pannolini e preparato e dato il latte, sono stati scrupolosi e rassegnati “mammi”.
Sane fissazioni o passioni culturali, o militanze appunto ideali, sono rigorosamente assenti; bisogni molti (la rata del mutuo o del SUV), sogni pochissimi (se non quelli del tipo delle prossime vacanze). Anche la possibile trasgressione dell’amante finisce in disastro: un Vittorio De Sica riusciva a tenere gioiosamente in piedi due famiglie, ora può finire in tragedia (vedi Salvatore Parolisi), e non ci sono più neanche i sani vecchi bordelli senza alcuna complicazione.
Ma la moglie “angelo del focolare”, logica e fondamentale seconda ruota dentata di tali situazioni non esiste più, anche laddove sia una delle ultime “casalinghe” o piuttosto rientri nel novero statistico della “disoccupazione femminile”, al loro primo, o secondo o terzo errore, se ne andrà: con i figli. La Famiglia non è più una istituzione a cui consacrare vocazioni, ma una esperienza emozionante e significativa: tutto qui. Ecco una conseguenza del secolarismo applicato alla sfera privata e intima.
E allora dentro queste esistenze, qualora la frustrazione sia a livelli straordinari, il Nulla viene spietatamente alla luce, e trascina con sé tutto e tutti.
A.Martino
Lascia un commento