IL CENTENARIO DI ALBERTO SORDI E’ IL RICORDO DELL’ ITALIA VINCENTE, SORRIDENTE E LIBERA (ANCHE DI SBAGLIARE) CHE NON C’E’ PIU’.
Alberto Sordi, cui il main stream sta tributando nel centenario della nascita (caduto il 15 giugno) quegli onori che in fondo non sempre gli tributò, in vita la critica cinematografica, ha letteralmente accompagnato la vita degli italiani che hanno avuto il privilegio e la fortuna di vivere la “età d’ oro” dell’ Italia anzi dell’ intero cosiddetto Occidente.
La Sinistra fa almeno finta di apprezzarlo solo ora, costrettavi dal Nulla del fiume di commediole politicamente corrette dei soliti omologati e conformi Alessandro Gassman o Mastrandrea o Giallini o Favino o Angela Finocchiaro e via dicendo; ma non gli ha mai perdonato l’ incarnare una Italia senza “rispetto delle regole” e “coscienza democratica”, e senza “fiducia nelle istituzioni”. Tremendo da questo punto di vista “Il vigile” (1960), pur permettendosi con “Tutti dentro” (1984) di profetizzare Tangentopoli.
Quando morì, in effetti ebbi la sensazione non che se ne andasse semplicemente un grande attore, ma uno dei simboli del mio vissuto non solo personale, ma anche sociale e politico; e che ciò avvenisse anche con un tempismo sottilmente inquietante. Infatti il suo ultimo film Incontri proibiti ( un anziano ma virile signore vive un rapporto audacissimo nientemeno che con Valeria Marini ) è del 1998, il principe del cinema italiano lascerà questo mondo nel 2003. Vede appena la fine della lira nel cui commiato con benvenuto all’ euro viene coinvolto certo non immaginando, o solo sospettando in cuor suo come in fondo tutti, che era una sola. Ma muore ancora al tempo di san Giovanni Paolo II in cattolicità ancora sostanziale, senza nozze gay; senza MES e con il servizio militare di leva.
Ha avuto il dono di non veder finire il suo mondo; di non vederlo definitivamente condannato dai lugubri consessi tecnico-sanitari con i loro “distanziamenti sociali”, autocertificazioni e orrore per gli “assembramenti”. E con le sale cinematografiche e teatrali sprangate per mesi, come neanche lontanamente sotto le bombe dei “liberatori” nel suo magnifico “Polvere di stelle” (1973).
Significativamente, ci ha lasciato un grandissimo erede che è Carlo Verdone assolutamente all’ altezza ma se già da In viaggio con papà (1982) questo era chiaro, francamente l’ erede di Verdone (quindi indirettamente del grande Alberto) proprio non riesco a vederlo neanche con il lanternino.
Alberto Sordi non è quindi una specie di manuale dell’ italianità senza tempo e avulsa dal contesto storico; la parabola artistica di Albertone coincide con l’ Italia del sorriso e dell’ ascensore sociale, del benessere diffuso e anche della cialtroneria ma vissuta con autoironia, senza drammi come in fondo anch’ essa funzionale al boom senza pedanterie giustizialiste. Sicuramente, il sarcasmo abbattutosi sulla casta dei medici con relative baronie per cui il paziente è solo numero e soldi, in tempi così suscettibili come quelli odierni, non l’ avrebbe fatta franca: immagino gli esposti dell’ ordine dei medici dopo l’ incredibile dittico sul prof. dott. Tersilli, da umile quanto arrivista e burocratico medico della mutua (ora “di famiglia”) attraverso alti e bassi approdato alla clinica di chirurgia estetica.
Anche se Un borghese piccolo piccolo del 1977 con la regia di Mario Monicelli è un picco tragico del cinema italiano, capace di condensare decine di poliziotteschi descriventi la violenza endemica di quegli anni che in fondo non ci ha mai abbandonato, pur derubricata a “microcriminalità”. E anche se sullo schermo il Sordi del pieno boom ha persino riprodotto il dramma di un imprenditore strozzato da debiti e consumismo, che si vende un occhio.
La sua profonda cattolicità lontanissima dalla bigotteria lo faceva umanamente corretto, non politicamente; la narrazione delle bassezze di cui l’ italiano, ma in fondo l’ uomo in genere è capace, non aveva alcun compiacimento, come il buon confessore che si presume accolga il peccatore ma condanni il peccato. Ci sono ora presunte dame vip e più che mature che raccontano delle sue sbrigative avances : egli, signore che mai fece nomi e cognomi delle sue fugacità erotiche, se ne sbalordirebbe. Deve suscitare davvero molto rispetto ancora il nome di Alberto Sordi, se nessuna cede a vittimismi di retrodatazione anche cinquantennali, in epoca di me too.
Alberto Sordi, continueremo a vedere e rivedere tutti i tuoi film sentendoti come uno zio o nonno andatosene cui volevamo tanto bene, e al quale foscolianamente ne vogliamo ora persino di più; ma con malinconia, pensando a “come eravamo” e “con chi eravamo” e da chi e cosa eravamo circondati quando li assaporavamo sul grande schermo.
A.Martino
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