INVECE DI RINGRAZIARE LA RUSSIA DEL PRESIDENTE PUTIN, I SACERDOTI DEL CULTO DELLA NATO E DELL’EUROPA ALIMENTANO UN’ASSURDA RUSSOFOBIA.

Nei giorni scorsi, sulla stampa italiana main stream ( o tradotto in italiano “di sistema” o più polemicamente “di regime”) insomma sulla stampa di rigida osservanza europeista e atlantista si è assistito a una rara manifestazione di sostanziale fake news, dal sapore oltretutto davvero maligno e ingeneroso. Ovviamente qualcuno dirà: fake news quelle de La Stampa o La Repubblica? Ma come ti permetti, misero giornaletto on line?

E questo è il punto: è fake news, nella prassi, non quello che è mendace, allarmante ad arte, insomma “falso e tendenzioso” come fattispecie del buon vecchio Codice penale Rocco, ma ciò che è difforme dal politicamente corretto e dal Pensiero Unico in sede di opinione e analisi (requisito oggettivo). E (requisito soggettivo) se la sua fonte è “scorretta” vale a dire proveniente da testate riportabili all’esterno del Pensiero Unico e del politicamente corretto quali la galassia sovranista e populista o che so, il mondo cattolico della Tradizione o gli oppositori del sistema vaccinale; ebbene, la “inattendibilità” giornalistica è  in questo caso totale, nonché soggetta a provvedimenti di ordine professionale giornalistico e persino penalistici (mai sentito parlare di repressione del dissenso?).

Però gli organi del genere di quelli suddetti hanno licenza di (s)parlare, di allarmare, di inventarsi trame da saga di 007; persino sullo sfondo di una enorme tragedia epocale come questa stramaledetta pestilenza. O forse, proprio per questo: perché nonostante la bandiera blu con il cerchio stellato esposta dall’ineffabile sindaco di Milano, pasdaran di qualunque correttezza politica, è chiaro che alla fine di questa tragedia nulla sarà come prima.

Un minimo di premessa culturale e ideologica era necessario, perché altrimenti, dopo la quantità di veleno russofobico vomitato dalla stampa in questione, si potrebbe pensare che gli arresti domiciliari collettivi per DPCM inizino, comprensibilmente, a scalfire la psiche di redattori e caporedattori vari. Insomma: la Russia e il suo “zar” (ma l’ ultimo non fu deposto nel 1917?), approfittando della pandemia e col pretesto di aiutarci, ci starebbero riempendo di spie, avviando una bonaria occupazione militare, e trascinando in modo ricattatorio sulla sponda geopolitica di quelli che per settanta anni sarebbero stati i “nostri nemici”. Qualcuno addirittura, ha tracciato un incredibile parallelismo con l’invasione sovietica dell’ Afghanistan. 

Pazzesco, vergognoso, e disperato. Oltre che (ammesso che gratitudine e ingratitudine siano categorie politiche), spaventosamente ingrato e sprezzante.

La Russia non ha mai aiutato con tanta imponenza e dispendio di risorse umane e materiali, forse, nessun altro paese straniero: nemmeno quando le navi russe furono tra i primi soccorritori di Messina, nel tremendo terremoto-maremoto del 1908. Otto brigate mobili mediche specializzate nel contenimento batteriologico, una quantità impressionante di materiale medico e di protezione individuale dalla mascherina al respiratore alla tuta speciale: da nessuna altra parte, compresa la Cina e figuriamoci se gli USA di Trump o i famosi partners europei, è arrivata una tale manifestazione di letterale amore verso l’ Italia. Gli enormi aviotrasportatori Ilyushin, inizialmente previsti da impiegare in nove, hanno dovuto essere infine ben quindici: si pensi semplicemente al costo dell’andata e ritorno di uno solo di quei velivoli.

Comunque sia, la generosità del Presidente Putin è stata con moto d’animo forse commosso ( lo suppongo da italiano) accettata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e il capo della diplomazia Luigi di Maio ha voluto dare un personale benvenuto ai primi arrivi dei nostri soccorritori. E non mi pare proprio che l’attuale governo “giallo-rosso” sia tacciabile, trascorsi salviniani a parte, di sovranismo o rapporti geopolitici “scorretti”: è anche vero che, si dice, solo gli stupidi, non cambiano mai opinione.  

Se opportunismo e calcolo vi sono, si tratta (ben vengano anch’ essi) di contenere un grave focolaio di virus relativamente alle porte della Russia,  e forse di sperimentare sul campo qualche tentativo farmacologico.  

E’ naturale quindi, che l’ambasciatore della Federazione russa in Italia (diplomatico notoriamente attento, misurato, e poco incline a protagonismi mediatici o esternazioni fuori dal canale diplomatico) si sia visto, oserei dire, costretto a qualche puntualizzazione anche piuttosto netta e amareggiata.

Riportiamo quindi, passi significativi della sua lettera a La Stampa (giornale tra i più “critici”) del 27 marzo.

“I nostri epidemiologi, virologi, rianimatori, su richiesta dei colleghi italiani, cominceranno a lavorare nelle residenze per anziani strapiene della città (Bergamo, nda) in cui si è creata una situazione critica per la mancanza di medici e il bisogno di interventi di sanificazione di edifici, locali e mezzi di trasporto. L’autore dell’articolo dovrebbe capire che i militari russi, così come i loro colleghi italiani, andando a operare nell’area loro assegnata, mettono a rischio la propria salute e forse anche la vita“.

…..”A titolo di informazione per l’autore e per i Suoi stimati lettori, comunichiamo che i rappresentanti delle truppe russe di difesa nucleare, chimica e biologica, sono gli specialisti più mobili e più preparati con esperienze in diverse regioni del mondo, in grado di prestare assistenza efficace nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti, così come nell’esecuzione delle necessarie misure di disinfezione”.

……Per quanto riguarda il messaggio che spunta dal ragionamento dell’autore e cioè che l’invio di militari russi (a proposito, a titolo gratuito) avrebbe come scopo quello di causare un qualche danno ai rapporti tra l’Italia e i partner della NATO, offriamo ai lettori l’opportunità di giudicare da soli chi e come viene in aiuto al popolo italiano nei momenti difficili. In Russia c’è un detto: «Gli amici si vedono nel bisogno»”, sottolinea l’ambasciatore.

Infine “il parallelo tracciato dal giornalista tra l’arrivo in Italia degli specialisti russi e l’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan nel 1979, concedetemelo, è semplicemente fuori luogo e come si dice «non sta né in cielo né in terra»”. 

Sua Eccellenza Razov ha così concluso la sua missiva nel segno delle nostre considerazioni iniziali, pur in linguaggio ovviamente diplomatico e più sfumato:

“Guidati dal principio fondamentale del giornalismo sull’imparzialità e obiettività dell’informazione e convinti che i media debbano riflettere punti di vista diversi, siamo certi troverete la possibilità di pubblicare la nostra risposta, che ci auguriamo possa aiutare a chiarire ai vostri lettori la realtà delle cose”.

A.Martino

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