GRAZIE ALLA FOLLIA MONDIALISTA DELLA DEINDUSTRIALIZZAZIONE, L’ITALIA NON DISPONE DI MASCHERINE PROTETTIVE
Ecco cosa significano delocalizzazione, globalizzazione, speculazione su costo del lavoro e giochi vari per aumentare il lucro di pochi (sulla pelle dei tanti) .
Ad esempio, che, pur essendo l’Italia nella vulgata ufficiale del Sistema, il Paese dal meraviglioso design (per attuare prodotti solitamente realizzati in Cina o magari in Tunisia o India) , o del Bello e dell’ Arte (ma i palazzoni delle periferie di oggi ?…), dell’ eccellenza enogastronomica (ma le prossime liste di proscrizione di Bruxelles ai nostri prodotti ?…); pur avendo insomma tutte queste belle cose , il popolo italiano non sappia dove trovare delle semplici mascherine di protezione respiratoria.
Riportiamo integralmente da www.ilgiornale.it di oggi 14 marzo 2020 , l’intervista di Fausto Biloslavo ad Alberto Spasciani, della azienda col nome di famiglia che dal 1892 fornisce alle nostre forze armate materiale protettivo di occhi e vie aeree.
Il governo vuole acquistare 34 milioni di mascherine, compresi 10 milioni di quelle veramente protettive per il virus. E’ possibile?
“Non sarà facile trovarle sul mercato. Le mascherine certificate, che fermano il virus, normalmente sono un dispositivo di protezione utile all’industria. La richiesta mondiale si attesta normalmente su qualche milione di pezzi all’anno. Il 90% è di provenienza cinese in nome della globalizzazione. Ora se ne chiedono svariati milioni in brevissimo tempo in un solo Paese”.
Non potevamo pensarci prima, quando l’epidemia è scoppiata in Cina?
“All’alba della crisi epidemica il governo ha cominciato timidamente a chiedere ai fabbricanti italiani, quattro scarsi, quali erano le scorte disponibili. Poi ha bloccato l’export. Ma quale, visto che siamo pochi? E adesso hanno addirittura stoppato tutti i dispositivi di protezione individuali, che comprendono elmetti, scarpe, cinture. Nulla a che fare con la lotta al virus. Dei nostri carichi sono fermi in dogana per questo assurdo motivo. La Germania, al contrario, ha fatto una lista precisa di prodotti da non esportare. Il governo avrebbe dovuto convocare subito i quattro fabbricanti attorno a un tavolo e favorire la realizzazione di nuovi impianti e attrezzature fornendo supporto economico. E obbligando tutta la filiera dei sub fornitori a dare precedenza a questa attività. Evidentemente non nell’immediato, ma con un logico tempo di avvio, le aziende avrebbero cominciato a sfornare i prodotti voluti sempre con maggior velocità e a prezzi “calmierati””.
E invece si è scatenata la speculazione…
“I prodotti migliori solitamente sono venduti nei negozi specializzati per l’industria e non nelle farmacie. La nostra associazione di categoria ha stabilito dei prezzi minimi e massimi per le Ffp2 e Ffp3 (le mascherine veramente protettive nda) che variano da 0,80 centesimi a 9,50 €. Poi ci sono quelle non monouso con prestazioni elevate, che possono arrivare a 18 €. E’ inaccettabile che una mascherina sia stata acquistata in farmacia a 60 euro. E quelle che ci venderanno i cinesi per “aiutarci” (2 milioni nda) variano da 1 a 3 € al massimo. Anche in rete si trovano offerte assurde. Per non parlare delle mascherine vendute nei centri commerciali che non servono a nulla. E pure se ne trovi una adeguata devi sostituirla ogni 4 ore, se vuoi continuare a venire protetto”.
Però impazzano le proposte di mascherine con la carta da forno o altre improbabili trovate. Cosa ne pensa?
“Purtroppo si magnifica l’ingegno di chi insegna a realizzare pericolosissime mascherine fai-da-te! Quelle con la carta da forno e altre stupidaggini del genere. Se la gente le usa si espone a rischi maggiori perché sta meno attenta a rispettare le distanze di sicurezza o ad evitare assembramenti. In realtà queste genialate non forniscono alcuna protezione, però vengono pubblicizzate anche da importanti trasmissioni tv”.
Dalla crisi della mascherine ne usciamo solo chiedendo aiuto alla Cina, che ci ha portato il virus?
“Qualsiasi aiuto è utile, ma dovremmo evitare di dipendere da chiunque a cominciare dai cinesi. Israele, quando lancia una gara, come ha fatto pochi giorni fa l’Italia per le mascherine, prevede sempre una bella percentuale garantita per le proprie aziende in maniera tale da mantenere la produzione interna. Noi abbiamo una società in Spagna e siamo stati saturati dagli ordini del governo di Madrid. E purtroppo ci si ostina a non prendere in considerazione utili alternative”.
Cosa intende?
“Non vengono presi in considerazione altri mezzi protettivi uguali o più validi delle cosiddette mascherine. Dispositivi che non sono monouso, ma che si possono utilizzare a lungo. Le semimaschere di cui parlo raccolgono l’inquinante nei filtri ricambiabili. Non lo dico solo perché le produciamo noi in Italia, ma per il fatto che ogni prodotto del genere potrebbe sostituire 300-400 mascherine”.
A. Martino
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