SIAMO IN MARZO, MA OGGI, PER L’ITALIA, E’ NUOVAMENTE UN 8 SETTEMBRE.

Oggi è il 4 marzo 2020 ma è come se fosse l’8 settembre 1943.

Infatti, a quasi 80 anni di distanza, ordini e contrordini si sono susseguiti per tutta la giornata: il pressapochismo, la superficialità e l’italica insicurezza l’hanno fatta nuovamente da padrona.

Così, il Governo Conte, scegliendo la via della sospensione delle attività didattiche per tutte le scuole, di ogni ordine e grado del “Regno”, ivi comprese le Università, non ha procrastinato affatto nessun rischio di pandemia tra i nostri giovani, perché, si badi bene, il personale ATA (Collaboratori Scolastici, Assistenti Amministrativi e Assistenti Tecnici)  continuerà a svolgere regolarmente il proprio servizio fino a quando non sarà proclamata la chiusura delle sopraddette scuole, cioè solo in caso di contagio reale.

Ma gli uomini e donne che, umilmente ed in silenzio, fanno sì che le nostre scuole, quotidianamente, possano essere fruibili e funzionanti, non sono né d’acciaio né autoimmuni a questo stramaledetto CoronaVirus ragion per cui potrebbero essere proprio questi ultimi ad infettare i nostri ragazzi dopo il 15 marzo qualora, nel mentre, stesse già covando, in loro, il batterio.

Ed allora che cosa avrebbe dovuto fare il Governo italiano?

Semplice, essere solo più chiaro e risoluto: o le scuole dovevano essere realmente tutte chiuse, insieme a tutte le altre attività, sia pubbliche che private, o questo provvedimento non ha alcun senso di esistere!

A tal riguardo già ci siamo pronunciati, nel febbraio scorso, con un mio precedente articolo e qui torno nuovamente a sottolineare la crisi di mezzi e di valori, delle democrazie, in generale, ma soprattutto della nostra.

È fuor di dubbio, appunto, che tanto attendismo e pressappochismo sono dovuti al fatto che l’attuale classe dirigente è sempre più vittima di una continua e crescente smania della ricerca del consenso.

Difatti, le scelte che un Governo compie non sono più il risultato di un calcolo logico, circa i benefici che un dato Paese avrà da qui al lungo termine, ma sono solo la diretta conseguenza del responso di taluni sondaggi.

Noi de l’Ortis, invece, attendiamo sempre la nascita dell’uomo nuovo, venuta che, non potrà necessariamente avvenire prima che la famiglia, in quanto tale, non torni integralmente alla sua più profonda e ancestrale missione, quella cioè di allevare, crescere ed accudire, la propria prole.

Infatti, se da un lato è fuor di dubbio che bisogna prevedere dei fondi per sostenere economicamente le madri ed i padri occupati che, in momenti come questi, si trovano nella condizione di dover sborsare ingenti somme per poter usufruire di un adeguato servizio di babysitteraggio, dall’altro è francamente stucchevole la posizione dei tanti, ahimè, purtroppo, troppi, genitori disoccupati che pur avendo a disposizione, non per loro scelta, tantissimo tempo, con i figli a casa, letteralmente, annaspano.

Troppe volte ho assistito a scenette di giovani madri inoccupate che accompagnavano con una fretta indicibile i propri pargoli presso le scuole materne, possibilmente anche in orario prescolastico, per poi, con altrettanta solerzia, accamparsi presso il bar di turno, chiaramente in compagnia delle proprie amiche, per consumare una colazione che, tra una sigaretta ed una chiacchiera, ha spesso una durata non inferiore alle due ore, così come vi è la necessità, sempre da parte di queste ultime, di “scaricare” i propri figli per andare al mattino in palestra, dall’estetista o dalla parrucchiera.

Dico io: ma dove sono finiti i nostri vecchi e cari genitori che si toglievano anche il pane di bocca pur di darlo ai propri figli? Figuriamoci quindi il tempo.

Ecco, indubbiamente la nostra società deve ripartire da questo: dalla consapevolezza e dallo spirito di sacrificio che comporta l’essere genitori, valori, questi, che, tra l’altro, non dovrebbero essere indotti ma connaturati nell’uomo nuovo.

Oggi, invece, si tende a delegare ogni cosa.

Pretendiamo che siano altri a cucinare per noi, a pulirci la casa, la macchina, ad accudire i nostri genitori ed i nostri figli e perché no anche ad educarli, in tal modo possiamo sempre buttare la croce sull’altro, ma dovremmo essere noi, in primis, a farci carico di tutte queste situazioni e usufruire dell’aiuto altrui solo in estreme e rare occasioni.

La delega poi, chiaramente, dai valori è passata anche ai mezzi: abbiamo fatto sì che di tutto quanto noi abbiamo materialmente bisogno fossero altri a produrlo. In fondo, a noi consumatori, è convenuto! Costa tutto di meno, no?

Così, con questo accidente tra le scatole, venendo a mancare, nelle farmacie e nei supermercati, un prodotto materialmente semplice come le mascherine, ci siamo incredibilmente accorti che nessuno in Italia le fabbrica più.

Si avete capito bene cari lettori, un prodotto così povero e dozzinale, nel Paese dell’arte dell’arrangiarsi, nella terra del genio italico, è diventato un oggetto raro e costosissimo e tutto grazie alla globalizzazione, al mutamento dei valori ed al nostro buonismo mentecatto.

L’Italia, passato il CoronaVirus, dovrà necessariamente cambiare, ma questa volta in meglio! Incominciando ad invertire la politica sanitaria di questo Paese che ciecamente e follemente, in tutti questi anni, dietro le spinte di Bruxelles, altro non ha fatto che attuare una continua politica di tagli alla spesa pubblica ed in primis al comparto ospedaliero.

Lorenzo Valloreja

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