LA REGIONE ABRUZZO PROVA A PASSARE DAL SOVRANISMO DELLE PAROLE A QUELLO DEI FATTI, MA ARRIVA LO STOP DEL GOVERNO.

Noi de L’ Ortis abbiamo in più di un intervento esternato la sensazione che spesso, i cosiddetti sovranisti, qualora accedano alla “stanza dei bottoni” di qualsiasi livello, stentino a tradurre in coerenza fattiva i principi, o gli slogans, di cui si facciano portatori in sede di campagna elettorale.

Non ci rimangiamo affatto tale osservazione, però riteniamo di dover ammettere che quando il Sistema nel suo complesso e nella sua ispirazione di fondo, è ispirato da principi praticamente opposti, non è affatto semplice portare risultati e cambiamenti con qualche tratto di penna normativo, o levata di testa amministrativa: lassù nelle sfere che contano o meglio, che i poteri sovranazionali lasciano “comandare”, si è di tutt’altro avviso.

Se ne è avuto un lampante esempio con l’ impugnazione della legge della Regione Abruzzo n. 34 del 31 ottobre 2019, su “Modifiche alla legge regionale 25 ottobre 1996, n. 96 (Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione e ulteriori disposizioni normative”). Il Consiglio dei ministri l’ha bocciata in quanto contiene varie norme che violerebbero “ i principi di ragionevolezza, di uguaglianza e non discriminazione di cui all’ articolo 3 della Costituzione”. Inoltre le norme sono ritenute invasive della competenza esclusiva statale in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” e di “ordine pubblico e sicurezza” di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere g) e h), della Costituzione.

 Il Governo pur dicendosi fondamentalmente disponibile a soluzioni di compromesso con la Regione, impugna particolarmente l’articolo 2 prevedente che, per ottenere alloggi di edilizia residenziale pubblica, i cittadini non comunitari debbano produrre documentazione ulteriore rispetto a quella richiesta ai cittadini italiani e comunitari: La discriminazione fondata sulla nazionalità violerebbe altresì l’articolo18 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea e l’articolo. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come evidenziato dalla Corte Costituzionale laddove ha censurato la discriminazione dello straniero con riferimento alle prestazioni sociali.

La reazione dell’assessore Liris: “È assurdo che i cittadini stranieri non debbano certificare il loro reddito ed il loro patrimonio, potendo così precedere in graduatoria, in molti casi, i cittadini italiani costretti a denunciare fino all’’ultimo centesimo. Si tratta di una disparità in totale controtendenza rispetto ad una valutazione equanime di tutti gli aventi diritto ad un alloggio”.

Ma è stato lo stesso presidente della Regione Marco Marsilio a rivendicare la legittimità della contestata riforma della Regione Abruzzo, all’Aquila in una conferenza stampa prenatalizia in cui ha illustrato le controdeduzioni della giunta regionale alle problematicità eccepite da Palazzo Chigi. Definendole «controdeduzioni che dimostrano come questa sia un’impugnazione del tutto ideologica, frutto di un pregiudizio politico che questo governo nutre nei confronti di una Regione che esprime una cultura politica diversa dalla sua».


Il primo rilievo mosso dal governo riguarda la produzione di documentazione richiesta dalla legge agli stranieri non comunitari, norma “suscettibile di determinare una disparità di trattamento”.
«Su questo punto», ha ribattuto Marsilio «il governo prende una formidabile cantonata perché è una legge dello Stato, per esattezza il Dpr 445 del 2000, a recitare che per i cittadini stranieri gli stati, le qualità personali e i fatti sono documentati mediante certificazioni e attestazioni rilasciate dalla competente autorità degli Stati esteri. Se dunque, secondo il governo, la nostra norma è incostituzionale, allora lo è anche la legge dello Stato a cui ci siamo espressamente richiamati».
Ma anche sulla “residenzialità” si sono appuntate le osservazioni del governo. Essa in tale normativa, sarebbe un requisito aggiuntivo che la legge regionale riconosce a quanti possono dimostrare di risiedere da oltre 10 anni nella città in cui fanno richiesta per un alloggio. «Non è vero che è un requisito aggiuntivo», ha obiettato Marsilio, «perché già esisteva. Noi abbiamo solo aggiunto una premialità di punteggio per chi può dimostrare una continuità di vita su un territorio. Lo stesso principio è stato adottato anche da altre amministrazioni, come il molto progressista e molto democratico Comune di Firenze che, nel bando per l’assegnazione degli alloggi Erp, prevede l’attribuzione di 2 punti in più per la residenzialità».
Ma il Governo Conte bis ha da dire anche in materia penale.Infatti il comma 3 dell’articolo 8 della legge, stabilisce che un sindaco può dichiarare la decadenza dell’assegnazione nei casi in cui l’assegnatario “abbia ospitato stabilmente presso l’alloggio uno o più soggetti colti in flagranza di reato. Un’indebita ingerenza del legislatore regionale”, la definisce l’Esecutivo, “nel sistema dell’ordine pubblico che l’articolo 117 della Costituzione riserva alla legislazione esclusiva dello Stato”. Anche qui Marsilio ribatte: «Questo principio era già nella norma precedente. Porteremo le controdeduzioni sui tavoli istituzionali», ha concluso, «sperando di trovare dall’altra parte sufficiente ragionevolezza».


Nella giornata delle ferme, ma serie e rispettose puntualizzazioni del presidente Marsilio, non potevano mancare i richiami dell’ opposizione di sinistra, a obbedienza e sottomissione al mondialismo e al Pensiero Unico. E quella dell’ex vice presidente del Csm Legnini nonché candidato presidente della Regione Abruzzo battuto dal centrodestra è una presa di posizione di sicuro in tale senso: «Con la severa e doverosa impugnazione da parte del Governo emerge con chiarezza la superficialità e l’arroganza dell’attuale classe dirigente della destra abruzzese. La reazione scomposta di vari esponenti di maggioranza è ingiustificata poiché siamo di fronte a un’impugnazione che evidenzia con precisione le disposizioni illegittime e discriminatorie che avevamo puntualmente individuato in Consiglio regionale, proponendo specifici emendamenti e chiedendo di modificare le norme, prima della loro definitiva approvazione». E’ una argomentazione estremamente classica per la sinistra italiana : qualunque tesi provenga dalla parte propria è civile, giusta, ragionevole ; qualunque tesi o antitesi di parte avversa o anche neutrale è incivile, ingiusta, irragionevole.

Fin qui, abbiamo doverosamente e seriamente evidenziato i salienti tratti giuridici della questione, e riportato dichiarazioni di esponenti politici abruzzesi. Ma aldilà di tecinicità quali la differenza tra “ requisito aggiuntivo” e “premialità di punteggio” di sicuro difficilmente comprensibili ai più, una idea di fondo ce la siamo fatta come da premessa a questo articolo. E cioè che sia molto, ma molto dfficile condurre una politica realmente sovranista e sanamente populista (cioè all’ insegna non dico nemmeno del “prima gli italiani”, ma almeno della non penalizzazione di questi rispetto allo straniero). E tanto più lo è quando una forza politica di governo trova del tutto normale stare prima con chi, almeno in linea di principio, sostiene tali principi, e poi, tra un giorno e l’altro, con chi persegue una politica rigorosamente mondialista e immigrazionista.

A.Martino

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