CON LA PROTESTA DEL “CACEROLAZO” SCACCO MATTO AL COLLE IN UNA SOLA MOSSA.

A seguito dell’elezione della Tesei a Presidente della Regione Umbria fanno molto bene Matteo Salvini e Giorgia Meloni ad essere felici, in fondo non capita tutti i giorni di raggranellare, insieme, ben più del 47% dei consensi disponibili, cioè il 37% la Lega ed il 10% Fratelli d’Italia, emarginando così, ancor di più, la già consunta Forza Italia che con il suo misero 5,5% dei voti sembra ormai ineluttabilmente condannata al solo ruolo di semplice gregario di questa coalizione la quale, date le proprie origini culturali ed ideologiche, avrebbe tutte le carte in regola per dar vita, nella prossima legislatura, al Secondo Governo Sovranista della storia repubblicana.
Ma se ciò è vero è altresì inconfutabile che – data l’ormai inarrestabile ascesa, in Italia così come nel resto del mondo, di forze più o meno euroscettiche ed antisistema – il Presidente Mattarella farà ancor di più di quanto non sia fin qui già stato fatto per scongiurare il voto anticipato e con esso la possibile elezione, per il “Colle più alto”, del Primo Presidente della Repubblica Italiana di “destra”, cosa tra l’altro, che se avvenisse, spariglierebbe non poco i piani dei cosiddetti poteri forti.
Ecco perché, se è ormai certa e prossima, la decollazione di Giuseppi Conte (vedi a tal riguardo l’articolo del Financial Times, uscito nelle ore immediate successive al tracollo certificato del M5S in quel di Perugia, inerente le consulenze effettuate dal Premier per il Vaticano prima della sua investitura a Capo dell’Esecutivo Giallo/Verde) Mario Draghi sembra altrettanto pronto e predisposto a prenderne lo scettro.
Questo Parlamento, fin tanto che ospiterà le attuali forze con i relativi pesi registrati il 04 marzo 2018, resterà in carica fino al 2023 e a dirlo non siamo noi de l’Ortis ma uno dei principali protagonisti dell’agone politico, Matteo Renzi, il quale avrebbe tutto l’interesse a tornare il prima possibile alle urne per tentare di ridimensionare il PD di Zingaretti e quindi ritagliarsi nuovamente il ruolo di leader di un eventuale coalizione di centro-sinistra, ma, l’ex Sindaco di Firenze, sa anche, come noi, che la vera partita si giocherà tutta nell’elezione del nuovo inquilino del Quirinale, arbitro e “cartaro” di questo povero Paese, ecco perché la Meloni, per spuntare quest’arma di ricatto, ha proposto l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.
A Draghi, quindi, l’arduo compito di dare credibilità internazionale e chiaramente nazionale, all’ennesimo Esecutivo tecnico che con molta probabilità si insedierà nella primavera del 2020.
Sarà un Governo, quello dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea, di lacrime e sangue?
Certo che si! Come ormai ogni Esecutivo tecnico degli ultimi 30 anni a questa parte.
Da chi sarà sostenuto Draghi?
A nostro modesto parere, ad esclusione della Lega e Fratelli d’Italia, da tutte le forze parlamentari, forse anche da Forza Italia ed in questo caso una simile scelta dovrebbe essere dettata certamente dalle pressioni che il PPE farà sul Cavaliere.
Per il resto le prossime elezioni regionali ricalcheranno sicuramente il risultato dell’Umbria, il popolo infatti, non dimentichiamolo, ha una visione molto scettica e critica sia dell’Europa che delle politiche migratorie, ciò significa che avremo la Borgonzoni Governatrice della Regione Emilia Romagna e saranno sicuramente espugnate la Calabria, la Campania, la Puglia, la Toscana e le Marche, mentre verranno confermate la Liguria ed il Veneto.
In tutto questo ci auguriamo che la Santa Romana Chiesa, in ogni porzione della sua comunità, voglia tornare all’esclusiva missione del pascolare le anime e lasci completamente ogni attività o opinione riconducibile all’attività politica, ai laici, onde evitare la figuraccia fatta dal famosissimo e prestigiosissimo ordine francescano nel corso delle elezioni umbre.
Voglio altresì precisare, che se questo giornale da me diretto, ogni tanto muove delle critiche in tal senso non è per spirito persecutorio nei confronti della Chiesa, né per sterile critica, ma perché profondamente rispettoso della cultura cristiana e innamorato del messaggio evangelico che è, ricordiamolo, universale in quanto portatore dell’unica “verità”.
Cosa dire invece a Salvini e Meloni?
Per tutto quanto detto la questione è molto complessa e riassumibile in due fattori principali:
- La via della riforma costituzionale, nel senso dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, è una soluzione lunga e tormentata che non crediamo si possa concludere, in senso positivo, prima del fatidico 2022, anno della nomina del nuovo Presidente, ergo non avrebbe senso spendere delle energie su questa questione in questo momento storico;
- La possibilità che Mattarella porti il Paese alle urne anticipatamente è inversamente proporzionale al consenso che la Lega e Fratelli d’Italia sapranno raccogliere nelle prossime regionali.
Pertanto, noi de l’Ortis, proponiamo nuovamente ai leader sovranisti di giocare la carta dell’impeachment, cioè, se dopo le elezioni regionali ed amministrative, Mattarella non vorrà sciogliere le Camere, Salvini e la Meloni dovranno sollevare necessariamente la polemica dello stato d’accusa verso il Presidente, a quel punto il popolo tutto dovrà essere chiamato a manifestare pubblicamente e pacificamente, come fece in Argentina la gente con la protesta del “cacerolazo”, per le dimissioni del Presidente della Repubblica.
Fatto ciò a Mattarella non resterà che una sola via d’uscita: concedere le elezioni.
Et voilà, scacco matto in una sola mossa.
Lorenzo Valloreja
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