CARO CONTE TI SCRIVO …
Signor Presidente,
mi permetto di scriverLe in quanto – come cittadino italiano, pur essendo un fervente sostenitore del suo Esecutivo – non condivido appieno l’approccio tenuto fin qui dal nostro Paese nei confronti della cosiddetta “questione libica”.
Infatti, se è vero che vi sono dei tempi in cui è giusto esporre le proprie idee senza null’altro fare è altresì certo che esistono, anche, delle stagioni in cui è tassativamente necessario intervenire e noi, ahimè, stiamo attraversando proprio una di queste cruciali fasi storiche.
L’opinione pubblica italiana, che oggi è atterrita dalla questione dei migranti, intravvede nel perdurare della instabilità libica un ulteriore campanello d’allarme rispetto ai possibili sbarchi che questo funesto evento potrebbe innescare, ma, a dirla tutta – come gli analisti e gli esperti di geopolitica, già sanno – nella nostra “quarta sponda” il pericolo non viene tanto dal seppur notevole afflusso di disperati che li si accalca, quanto dal fatto che, i nostri cugini d’oltralpe, ci stanno letteralmente buttando a mare.
Con la I Guerra Civile libica del 2011 ed il successivo abbattimento del regime di Gheddafi, l’Italia ha perso tutti i propri privilegi presso la terra dei Fileni: settant’anni di relazioni bilaterali sono andate a farsi benedire nell’arco di soli 8 mesi ed i danni per il nostro comparto industriale sono sinceramente incalcolabili.
Di contro, Parigi, maggiore sostenitrice delle milizie ribelli, con questa operazione è riuscita nell’immediato:
- Ad accaparrarsi, a nostro discapito, una quota sempre maggiore di petrolio libico;
- Ad aumentare, a nostro discapito, l’influenza francese nel Nord Africa;
- A migliorare la situazione politica interna in Francia;
- Ad offrire ai militari francesi un’opportunità per riaffermare la loro posizione nel mondo;
- A distruggere i piani a lungo termine di Gheddafi il quale voleva soppiantare la Francia come potere dominante nell’Africa francofona attraverso l’utilizzo di una moneta aurea.
Caduto Sarkozy ed eletto Hollande, subito dopo, è stata la volta di Emanuel Macron ma la musica non è cambiata, anzi. L’inquilino dell’Eliseo, infatti, ha fatto una mossa che ha spiazzato tutti noi italiani: si è appoggiato sempre di più al Generale filo-russo Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, che da anni ormai controlla tutta la regione orientale della Libia. Alleanza questa che, implicitamente, ha messo in più stretta relazione anche la Francia con la Russia declassando così anche il nostro rapporto con Mosca.
Ora, stante così le cose, l’Italia non può continuare a rimanere immobile sperando che gli altri rispettino gli accordi internazionali ne può sperare in un intervento della Comunità Internazionale la quale esiste solo su carta intestata.
La cosa più logica da fare in tutto questo marasma, come già ho affermato in precedenza dalle pagine di Sputnik qualche mese fa, sarebbe stata quella di togliere immediatamente le sanzioni alla Russia e chiedere contestualmente al Cremlino di aiutarci a ricomporre il quadro, ed invece no. Si è scelto al contrario, scelleratamente, di continuare ad appoggiare Serraj senza, ne voler mettere gli scarponi a terra, ne alcuna convinzione politica, in altri termini, in quel di Tripoli, si è scelto semplicemente di tirare a campare.
Ma ora – dopo gli scontri che, a partire dal 27 agosto per successivi 9 giorni consecutivi, hanno insanguinato la capitale libica – tutto ciò è palesemente impraticabile.
Urge pertanto un cambio di direzione radicale che ridia:
- Sicurezza e serenità ai libici;
- Leadership al nostro Paese in quell’angolo di mondo;
- Pace e stabilità a tutto il Mediterraneo.
A tal riguardo lo scrivente ha da proporLe una strategia che se applicata garantirebbe quanto, pocanzi, da me auspicato:
- Roma dovrebbe tenere una Conferenza di Pace tra le parti in causa della questione libica in Italia;
- A questa conferenza, oltre le parti in causa, dovrebbero partecipare, quali mediatori, l’Italia, la Russia e gli Stati Uniti;
- Sfruttando il particolare rapporto che questo Esecutivo ha con Donald Trump e con il Presidente Putin l’Italia dovrebbe cercare il riconoscimento da parte di questi ultimi riguardo l’esclusiva sfera d’influenza del nostro Paese su questa porzione d’Africa;
- Ottenuto il bene placito delle due principali potenze Roma dovrebbe fare richiesta all’ONU per l’ottenimento di un Mandato Fiduciario Internazionale della durata di 10 anni sulla Libia.
In altri termini, così facendo, l’Italia replicherebbe l’esperienza positiva dell’AFIS (Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia), quando, a cavallo tra il 01 aprile del 1950 ed il 01 luglio 1960, Roma traghettò Mogadiscio dallo Stato Coloniale alla piena democrazia.
Nel caso specifico quindi non ci muoveremmo in maniera unilaterale ma avremmo un mandato internazionale ad occupare militarmente l’intera Libia per 10 anni al fine di:
- garantire un sereno processo di pacificazione;
- garantire le libere elezioni;
- aiutare la classe dirigente locale a rafforzarsi attraverso la redazione di una Costituzione democratica e moderna;
- istruire, supportare e riarmare le forze armate libiche;
- realizzare tutta una serie di opere pubbliche strategiche che siano in grado di riportare la Libia nel novero dei Paesi maggiormente industrializzati.
Fatto ciò, allo scadere del mandato, come siamo venuti, così, ce ne torneremmo alle nostre case, con la differenza però, rispetto al passato, che avremmo riconsegnato al mondo una Libia unita, pacificata, moderna e nuovamente nostra alleata privilegiata.
Signor Presidente, l’Italia è nella condizione storica per poter adempiere a questa missione, ora spetta solo a noi essere degni del nostro destino.
Certo che le mie parole Le saranno di sicuro sprono cordialmente la saluto augurandole ogni successo su questa vicenda.
Lorenzo Valloreja
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