TU VUO’ FA’ O FILOAMRICANO … MEE CHI T’ ‘O FFA FA’?
Che Salvini sia un’animale politico è fuor di dubbio e che fin’ora, a livello tempistico, non abbia mai sbagliato neanche un colpo è altrettanto vero, ma il suo viaggio a Washington, sotto il sole della discussione sui Mini Bot, che senso ha avuto?
Di certo, anche questa volta, a guidare il Ministro degli Interni è stata la stella polare del pragmatismo, infatti se l’Italia a livello globale veste la triste maglia di IV Paese al mondo per debito pubblico – superato solo dagli Stati Uniti, dal Giappone e dalla Francia – è altresì vero che possiede la terza riserva aurea al mondo, e in conseguenza di tutto ciò, con un’Europa che continua a spingerci verso l’angolo dell’austerity, la via che porta all’emissione dei Mini Bot sembra essere l’unica strada percorribile se si vuole consentire al Belpaese di poter finanziare, nell’immediato, le opere pubbliche che serviranno da volano a tutto il sistema economico nazionale.
Ora è pacifico che, dopo i numerosi richiami di Bruxelles su questa vicenda, qualora la coalizione Giallo/Verde decidesse di attuare una simile soluzione l’Italia sarebbe soggetta non solo alle sanzioni dell’UE ma anche ad ogni possibile speculazione internazionale ed è proprio in virtù di questo scenario apocalittico che Salvini ha effettuato il suo viaggio a Washington.
L’Italia in definitiva si è posta, ancora una volta, sotto l’ombrello statunitense garantendosi così:
- il nulla osta delle agenzie di rating, che non a caso sono a New York;
- l’esenzione dai futuri dazi che con molta probabilità colpiranno, su mandato di Trump, l’industria automobilistica tedesca.
A tanta cortesia a stelle e strisce, però, corrisponderà un altrettanto elevato prezzo da pagare e sarà quello di appiattirsi completamente sulle posizioni trampiane: dal dossier cinese, a quello venezuelano passando per la questione iraniana.
Se ideologicamente questa opzione sembra avere le gambe per camminare, in quanto, in questo modo, la Lega entra a far parte, a pieno titolo, della grande famiglia internazionale dei conservatori voluta e pronosticata, da Steve Bannon – e che annovera, tra le proprie fila, oltre l’America di Trump, anche il Brasile di Bolsonaro, il Gruppo di Visegrad e lo Stato d’Israele di Netanyahu – a livello strettamente geopolitico significherebbe, per noi italiani, realizzare veramente un grosso autogol.
Nella realtà, infatti, non solo saremo costretti ad abdicare dalla qualifica di Media Potenza, ma, anche, dalla nostra specifica missione di Nazione sovranista, che, detta in altri termini, ci comporterebbe la perdita totale di ogni:
- possibilità d’azione presso la nostra sfera d’influenza naturale, ossia, sia nei territori prospicienti il Mediterraneo che nell’intera penisola balcanica;
- autonomia economica sostituendo al dominus europeo quello statunitense.
Purtroppo, ahimè, queste ricadute negative, complessivamente, non sono mai riscontrabili nell’immediato, non consentendo così un’eventuale ripensamento delle proprie posizioni, ma anzi, spesso, si manifestano con iniziali e brillanti successi, com’è il caso dell’annuncio fatto dalla BCE, qualche giorno fa, riguardo la volontà nel voler rilanciare il “Quantitative Easing”.
Una reazione, quest’ultima, voluta senz’altro da Draghi il quale l’ha concepita come risposta efficace alla posizione filo statunitense assunta dall’attuale Esecutivo Giallo/Verde che, ha incassato, tra l’altro, anche il tanto pronosticato calo dello spread.
Ma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, è il caso di ricordare che Salvini, in questo frangente, sta veramente giocando con il fuoco.
Il Presidente Trump sicuramente avrà intenzione di usare la Lega, ed in particolar modo la figura di Matteo Salvini, quale punto di contatto e elemento di congiunzione, tra la Casa Bianca ed il Cremlino, per tentare di sganciare Mosca dal BRIC e quindi adoperare la Russia in chiave anticinese, ma gli interessi russi non sono assolutamente questi.
La Russia, infatti, non abbandonerà mai al proprio destino i suoi alleati perché punta ad un vero e proprio multipolarismo globale dove gli Stati Uniti siano un protagonista alla pari di tutti gli altri Paesi e non l’unico protagonista egemone.
Ciò è tanto più vero se si pensa che – per la prima trilaterale che si terrà a Gerusalemme, il prossimo 24 giugno, tra lo Stato d’Israele, gli Stati Uniti e la Russia – lo staff di Putin ha già fatto sapere che sarà comunque necessario rispettare gli interessi iraniani in Siria .
Se a ciò, poi, aggiungiamo anche il fatto che la Lega, nel 2017, ha firmato con il partito della Russia Unita un patto per il “partenariato paritario, affidabile e reciprocamente vantaggioso”, la cosa si fa ancora più complicata e imbarazzante.
Se fossimo in una commedia di Goldoni, che ne so, nell’Arlecchino servitore di due padroni, ad esempio, di certo la figura dello scaltro servo ne uscirebbe esaltata, ma, è bene ricordarlo, nella commedia dell’arte, spesso e volentieri, a conclusione della storia, il servo usciva di scena dietro una copiosa scarica di legnate, qui, invece, le conseguenze potrebbero essere ben peggiori rispetto ad una semplice razione di “randellate“, infatti, ad essere in gioco non è solo il destino del sovranismo italiano ma anche quello della Patria stessa.
La sovranità monetaria, anche partendo dai Mini Bot, è senz’altro la conditio sine qua non per far ripartire il Paese, ma essa non può essere minimamente perseguita senza i giusti partner, in altre parole senza la Russia di Putin.
Lorenzo Valloreja
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