GRANDINE, CAVALLETTE ED API, COSI’ LA FINE DEL MONDO SEMBRA REALMENTE PIU’ VICINA, MA E’ SOLO NORMALE “AMMINISTRAZIONE”. PAROLA DI STORICO PROVETTO.

Il grande Giambattista Vico fu il primo a parlare dei corsi e ricorsi della storia e mai come ora il pensiero del filosofo e storico napoletano, è sembrato così attuale doto che, da qualche anno a questa parte, il mondo cosiddetto civilizzato sta, per diversi eventi e fattori, ripiombando letteralmente in un passato lontanissimo, quasi medievale.

E ciò è tanto vero quanto il fatto che, qualche giorno fa, un’enorme sciame di cavallette ha invaso la Provincia di Nuoro devastando più di 2.000 ettari di terreno e distruggendo, letteralmente, i pascoli ed il foraggio in essi contenuti.

Una scena, insomma, da vera e propria piaga biblica.

Ma se ciò accade in Sardegna, nella dotta Bologna, a creare problemi, sono sopraggiunte le api.

Infatti, a seguito del grande caldo, come già si era verificato il mese scorso a Milano, sciami di api hanno iniziato a costruire alveari nei punti più disparati della città, ma certamente in luoghi che, a loro detta, dovevano risultare migliori, vuoi perché maggiormente riparati dal sole oppure perché più vicini a fonti d’acqua, fatto sta che gli atterriti utenti della biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna hanno dovuto convivere con questi insetti fintanto che non sono intervenuti i Vigili del Fuoco, unitamente ad alcuni apicultori, per prelevare prima e mettere in sicurezza poi, i sopraddetti imenotteri.

Ma come mai accade ciò?

Greta Thunberg, di sicuro, darebbe la colpa ai cambiamenti climatici in atto sul nostro pianeta, ma, in questo caso, c’entra l’inquinamento atmosferico?

L’inquinamento no, non c’entra, o meglio non può incidere così tanto sul cambiamento del clima che, è bene ricordarlo, sta mutando da sé.

Infatti, la terra sta attraversando, da un bel pò di anni ormai, una fase interglaciale, cioè un periodo di tempo che va da una glaciazione ad un’altra e tra la prima e la seconda di esse vi è sempre una fase di sglaciazione che l’uomo, con il suo operato, può leggermente accelerare o diminuire, ma non di certo sospendere.

Dove invece l’uomo può assumersi una quota notevole di responsibilità è certamente nell’abbandono sistematico di determinate porzioni di territorio agricolo che, lasciato a se stesso, diventa l’habitat naturale non solo delle tanto temute e poc’anzi citate, cavallette ma anche delle cimici che, in tutto il Nord-Est italiano, stanno facendo stragi di alberi di melo, pero, kiwi, pesco, ciliegio e albicocco.

Questa ecatombe deve essere senz’altro presa a monito da parte del Governo per comprendere, qualora ce ne sia ancora bisogno, di come sia fondamentale per l’Italia l’attività agricola, settore, quest’ultimo, importante non tanto per le notevoli ricadute economiche quanto per le intrinseche capacità che ha nel presidiare e manutenere, i territori.

Per il resto, per la frenesia delle cavallete, che da placidi animaletti si trasformano in orde di locuste distruttrici a causa della serotonina, o per le straordinarie grandinate che, ad inizio giugno, hanno letteralmente ricoperto il Salento con un candido manto, poco o nulla possiamo fare, giacché, anche quest’ultimo episodio, rientra pienamente nelle bizzarrie del tempo ed a tal riguardo, il nostro lettore ben informato, non potrà non tener da conto delle tante chiese dedicate, in Italia, alla “Madonna della neve”. Santuari, questi ultimi, costruiti per l’appunto per ricordare ai tanti fedeli il curioso caso della “neve” scesa copiosa ed abbondante, nel pieno di un’estate di circa 1600 anni fa.

Lorenzo Valloreja

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