DA MONFALCONE A TIRANA: L’ISLAM POLITICO È GIÀ COMINCIATO E BUSSA ALLA PORTE DELL’ITALIA

Ciò che è successo alle comunali di Monfalcone è di una gravità senza eguali: per la prima volta in Italia, una lista composta esclusivamente da migranti islamici si è presentata alle amministrative e ha raccolto – non un insignificante e ininfluente 3%, come sottolineato da molti – ma un risultato importantissimo, perché, nella maggior parte dei casi, rappresenta la soglia minima che consente di accedere ai vari consessi istituzionali.
Il problema principale, tuttavia, non è né quello, perché la partecipazione è senz’altro un segno di integrazione nel sistema, quanto piuttosto il fatto che, per la prima volta, si sia presentato un partito di una confessionalità minoritaria, quindi in forte polemica con la cultura dominante degli autoctoni, che diventa, dunque, elemento di tensione e disgregazione dello status quo.
Infatti, in un mio precedente articolo del luglio 2024 – commentando le elezioni francesi e il lusinghiero risultato conseguito da Mélenchon, anche grazie all’importante sostegno ricevuto dalla comunità islamica – avevo messo in risalto come quest’ultimo non avesse considerato in alcun modo che “la comunità islamica in Francia è sempre più presente e numericamente preponderante“, e, se il sistema non sarà in grado di assimilarla, “ben presto essa costituirà un proprio partito e cercherà di cambiare lo Stato francese secondo le proprie esigenze, portando nel cuore dell’Europa l’integralismo islamico. Una problematica che, di contro, avrebbe sempre dato nuovo vigore e linfa a partiti come quelli di Marine Le Pen, che si oppongono a tale cambiamento“.
Ebbene, se dai nostri cugini d’Oltralpe il processo non è ancora andato oltre l’incubazione, da noi, incredibilmente, si è passati dalle chiacchiere all’impegno diretto: ciò deve necessariamente aprire una serena e seria discussione politica sulla gestione dei vari credo religiosi presenti nell’Italia del XXI secolo.
Paradossalmente, verso la religione islamica, siamo stati più avanzati durante il fascismo di quanto non lo siamo oggi. All’epoca, infatti, dopo l’eliminazione dell’oppositore libico Omar al-Mukhtar e l’arrivo nella Quarta Sponda di Italo Balbo come nuovo governatore, dal 1934 in poi, ci fu un cambiamento radicale di direzione. Il regime si presentò come “Protettore dell’Islam”: nuove moschee e scuole coraniche furono costituite in colonia e la potente confraternita della Senussiya, che controllava tutta la Cirenaica, appoggiò apertamente Mussolini, tanto da donargli la spada dell’Islam. Persino sull’isola di Rodi, il regime, come “ponte culturale” verso l’Oriente, provvide alla restaurazione della Moschea di Solimano. Mussolini stesso, nel 1938, donò 4 colonne di marmo di Carrara da installarsi nel complesso della Spianata delle Moschee, precisamente nella Moschea al-Aqsa.
Questa collaborazione non servì solo a pacificare la Libia, ma fu fondamentale, in chiave propagandistica, per entrare in concorrenza con l’avversario Impero inglese – che controllava in maniera ferrea sia i confinanti territori dell’Egitto e del Sudan, sia il ricco Medio Oriente (Palestina, Giordania, Iraq) – e per galvanizzare i sudditi della Somalia e dell’Eritrea, nella stragrande maggioranza musulmani, nella guerra contro il Regno d’Abissinia del Negus Hailé Selassié, fondamentalmente cristiano copto.
Negli stessi anni, cioè sempre nel 1934, iniziarono le trasmissioni di Radio Bari, che fu la prima emittente europea a trasmettere in lingua araba. Le trasmissioni erano dirette principalmente ai paesi arabi del Nord Africa e del Medio Oriente. Questi programmi, trasmessi inizialmente tre volte alla settimana, si estendevano fino a quattro ore giornaliere entro il 1940, includendo notiziari, conferenze e musica. L’obiettivo era promuovere la cultura italiana e contrastare l’influenza britannica e francese nella regione. Personaggi di rilievo, come il gran mufti di Gerusalemme Hajj Amin al-Husayni, parteciparono alle trasmissioni, contribuendo così a conferir loro una certa autorevolezza.
Persa la guerra, l’Italia, grazie anche all’opera di Enrico Mattei, non perse però il proprio appeal nel mondo islamico mediterraneo, tanto da finanziare i movimenti di liberazione nazionale, come il Fronte di Liberazione Nazionale algerino, o dare supporto politico ed economico a paesi come l’Egitto di Nasser. Fu forse anche per questo motivo che Mattei perse la vita in maniera tragica e ancora misteriosa nei cieli di Bascapè nel 1962.
Tuttavia, venti anni dopo, nel 1984, un altro grande politico democristiano, Giulio Andreotti, lungimirante come pochi, ebbe un ruolo determinante nella costruzione della Grande Moschea di Roma: il più grande luogo di culto islamico d’Europa, sia per superficie che per capienza, fortemente voluto dal re Faysal dell’Arabia Saudita, che contribuì in modo significativo al finanziamento. Con questa opera, l’Italia ottenne quella che il Divo Giulio definì la posizione del marito che ha “la moglie americana e l’amante araba”. Eravamo dunque il centro del mondo e, grazie ad un altro grande italiano come il Presidente del Consiglio Bettino Craxi, mentre nel resto del mondo le bombe islamiste esplodevano a più non posso, da noi, l’amicizia con l’OLP di Yasser Arafat ci preservò da ogni male.
Era quello un tempo in cui veramente l’Italia aveva un peso nello scacchiere geopolitico mondiale, peso che ancora oggi può esercitare ma che deve necessariamente passare attraverso una gestione intelligente sia dell’immigrazione che della questione religiosa.
La cosa è talmente seria che ritengo, a mio modesto parere, che il Paese si debba dotare di un Ministero che abbia come esclusiva competenza il rapporto con i vari culti religiosi ed avrei anche qualche nome da suggerire per quel dicastero: abbiamo ad esempio l’ottimo Pietrangelo Buttafuoco, uomo di grande cultura e moderazione, convertitosi da tempo all’islam nella sua versione sufista, potrebbe fungere da ponte tra questi due mondi; così come abbiamo il prof. Franco Cardini, grande conoscitore sia del mondo cristiano che islamico; oppure l’anziano ed ex Ambasciatore Torquato Cardilli, convertitosi all’islam nel 2012. Ma al di là di questi nomi, lo scopo di tale operazione sarebbe quello di dar vita ad una corrente in Italia di un Islam moderato, che riconosca tutti i nostri valori e che sia l’unico riconosciuto affinché i cittadini di tale credo possano continuare a vivere nel nostro Paese.
È un pochettino, in chiave moderna, quello che fecero per secoli, sia sotto il vicerame che durante il Regno, a Napoli dove, le comunità albanesi, croate e schiavone in genere, provenienti dai Balcani, furono tutte accolte ed integrate a patto che queste, pur mantenendo il proprio rito e tradizione, riconoscessero in primis l’autorità della Chiesa Cattolica e successivamente lo status quo politico esistente.
Una simile operazione intelligente è stata fatta dalla piccola ma intraprendente Albania di Edy Rama.
Infatti, il Primo Ministro albanese nel 2024 ha annunciato l’intenzione di creare un microstato sovrano per l’Ordine Bektashi, una confraternita sufi. Il microstato, chiamato Stato Sovrano dell’Ordine Bektashi, sarebbe situato a Tirana, capitale dell’Albania, e occuperebbe un’area di circa 10 ettari, rendendolo più piccolo della Città del Vaticano. Sarebbe governato dal leader spirituale Bektashi, Baba Mondi, e avrebbe una propria amministrazione, ma senza forze armate o sistema fiscale.
Secondo Rama, la creazione di questo microstato mira a:
- Promuovere un Islam moderato, che consenta, ad esempio, il consumo di alcol e la libertà di abbigliamento per le donne.
- Fornire un modello di tolleranza religiosa e convivenza pacifica.
- Rafforzare il ruolo dell’Albania come esempio di armonia interreligiosa nei Balcani, a scapito della penetrazione turca in Bosnia.
E mentre da Tirana accarezzano il sogno della Grande Albania, nella nostra sfera d’influenza naturale che sarebbero i Balcani, l’Italia non sembra più toccare palla, curva com’è sulle esigenze della NATO e degli altri alleati.
Persino l’antipatico Macron tentò di fare qualcosa di apprezzabile riguardo alle problematiche generate dalla convivenza con l’Islam. Ad esempio promosse iniziative istituzionali per sostenere un Islam “alla francese” o “moderato”, compatibile con i valori della Repubblica laica. Nel 2020 creò il Conseil National des Imams (CNI), con l’obiettivo di contrastare l’influenza di paesi esteri (come Turchia, Algeria o Marocco) sull’Islam francese.
Nel 2021, poi, promosse la “Legge contro il separatismo” che rafforzava i controlli sulle associazioni religiose; imponeva la trasparenza sui finanziamenti stranieri; contrastava l’islamismo politico o “separatismo islamico” e richiedeva alle associazioni di firmare una “Carta dellaicità”. Ma tutto affondò a causa delle divisioni interne tra le organizzazioni islamiche francesi.
Sta di fatto che, tornando a bomba, in Francia ancora non esiste un partito islamico che si presenti alle elezioni, mentre in Italia sì… meditate gente, meditate…
Lorenzo Valloreja
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