IL PRESIDENTE MATTARELLA A MARSIGLIA SU PUTIN, TRUMP E MUSK: “NAZISMO, OLIGARCHIA E NEOFEUDALESIMO”.

All’Università di Marsiglia per ricevere una laurea honoris causa, il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha praticamente attaccato, drasticamente e anche con notevole enfasi pur non facendo nomi e cognomi, Vladimir Putin oltre che Elon Musk e anche il suo più potente collega o omologo fate voi, ovvero il POTUS Donald J. Trump.

Se ho capito bene qualcosa, il primo sarebbe un novello Hitler, gli altri due dei “neofeudatari o novelli corsari”. Faccio solo notare che sia Trump che Putin sono stati eletti, e che se Musk non ha alcun mandato popolare evidentemente egli rientra semplicemente nella categoria dei “tecnocrati” cui in Italia si è crescentemente attinto dagli anni Ottanta. Se però, in Italia titolo preferenziale nell’ultimo quarto di secolo è stato aver diretta la Banca d’Italia (requisito prettamente buromassonico), in USA (pur paese massonico per eccellenza) si bada più ai meriti imprenditoriali, che nel caso di Musk sono enormi e si sommano a competenze di innovazione tecnologica ancora ancora più colossali: il deep state romano ha idea di cosa significhi fallire per tre volte nel lancio di un razzo spaziale, per riuscirvi alla quarta come a un tavolo da gioco in cui si rischia una intera carriera imprenditoriale?

Ideare un robot o un veicolo senza guida umana non è lo stesso di progettare un ribaltone parlamentare, o anche metter su una bella privatizzazione.   

Lo abbiamo d’altronde già scritto. Solo ora, che il vento ideologico e la visione di complesso sono drasticamente mutati, si scoprono nel cosiddetto Occidente le “oligarchie” esistenti praticamente dall’ Ottocento.

Paragonare poi la Russia odierna al Terzo Reich mi pare una forzatura storica che preferisco non commentare.

Di seguito, uno stralcio significativo dell’ ANSA di oggi, che ringraziamo. Ovviamente, le chiose al discorso di Mattarella sono assai più favorevoli. E anche un discorso di ventotto minuti diviene “lunghissimo”.

A. Martino

“L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà?”, si chiede retoricamente Sergio Mattarella in un lunghissimo discorso (28 minuti). “Può accettare – incalza conquistando l’attenzione degli studenti – di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice”.

Bisogna decidere: essere “protetti” oppure essere protagonisti”. Il capo dello Stato non ha dubbi: per l’Europa è proprio arrivata l’ora di scegliere, l’ora di replicare, l’ora di ritrovarsi. Il ragionamento del presidente è analitico, denso di richiami storici: non lascia scampo all’urgenza del momento. Le sue preoccupazioni trovano fondamenta negli insegnamenti della storia, una storia che non è finita bene. Dopo aver usato le parole più chiare della sua presidenza sull’Ucraina – negli anni 30 “anziché la cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. Fu questo il progetto del Terzo Reich e l’aggressione russa all’Ucraina è di questa natura” – Mattarella spiega perché non conviene mai girare lo sguardo e praticare politiche di acquiescenza (se non di sottomissione) in cambio di piccoli benefici: “la strategia dell’appeasement non funzionò nel 1938. La fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra. Avendo a mente gli attuali conflitti, può funzionare oggi?”.

Certo che no, sembra la risposta. Infatti aggiunge: “un abbandono delle responsabilità condusse quei Paesi a sacrificare i principi di giustizia e legittimità, nel proposito di evitare il conflitto, in nome di una soluzione qualsiasi e di una stabilità che, inevitabilmente, sarebbero venute a mancare”. Ma tutto gira nel mondo ed anche nell’analisi presidenziale che batte sulla necessità di difendere il multilateralismo, le organizzazioni internazionali – sì, proprio quelle che Trump vuole smantellare – le Nazioni Unite e tutti i fori di dialogo che hanno garantito al nostro Paese “70 anni di pace”.

Di fronte a quella che è stata una “articolazione multipolare dell’equilibrio mondiale, si riaffaccia, con forza, e in contraddizione con essa, il concetto di “sfere di influenza”, all’origine dei mali del XX secolo e che la mia generazione – sottolinea il capo dello Stato – ha combattuto”. Una deriva pericolosa sostenuta da un nuovo potere della cui potenza non si può far finta di nulla e cioè la comparsa “di figure di neo-feudatari del Terzo millennio – novelli corsari a cui attribuire patenti – che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche”. Nuovi corsari, termine che la Treccani definisce sinonimo di pirati, che pensano alle organizzazioni internazionali come a sovrastrutture inutili che rallentano i loro profitti. Ecco perché serve uno scatto di reni, soprattutto all’Europa. Non serve la “rassegnazione”, serve creare subito un’Unione più forte, più coesa, protagonista. Altrimenti saremo dei “vassalli”, forse felici perché protetti dal grande signore, ma pur sempre “vassalli”. Di certo non a questo pensavano Altiero Spinelli, Jean Monnet e Robert Schuman, i Padri fondatori di un’Europa oggi “al bivio”. 

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