TRUMP IL TAGLIATORE DI TESTE: DAGLI ESCLUSI DI CAPITOL HILL ALLE PRESENZE FORZATE SI PUÒ INTUIRE IL FUTURO DEL MONDO

A poche ore dal giuramento di Trump, la Meloni sembra essere riuscita, anche questa volta, a salvare e galvanizzare la propria narrativa, se non a livello internazionale, quantomeno a livello italiano.

E già, perché a molti professionisti dell’informazione era sfuggito un dettaglio non da poco: fino a venerdì 17, la Meloni non era ancora stata invitata, così come molti altri leader europei tuttora esclusi, da Macron a von der Leyen, da Zelensky al Presidente della Germania Frank-Walter Steinmeier, senza dimenticare il Cancelliere sfiduciato Olaf Scholz. Quest’ultimo, pur guidando un governo ad interim e gestendo l’ordinaria amministrazione in attesa di un nuovo esecutivo, non è stato ritenuto meritevole di un invito. Insomma, per Donald, gli europeisti duri e puri devono restare a casa: il segnale è chiaro!

Ed è talmente lampante – per chi fosse ancora duro di comprendonio – perché, al contrario, sono stati invitati fin da subito tutti gli euroscettici: dal padre della Brexit, il britannico Nigel Farage, alla leader del partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland, Alice Weidel. Quest’ultima, peraltro, ha dichiarato che, qualora gli sforzi per riformare l’UE non avessero successo, proporrebbe “un referendum per la Dexit“, seguendo l’esempio della Brexit. Inoltre, ha espresso il desiderio di riattivare il gasdotto Nord Stream e di abbandonare la transizione verde promossa dall’UE. A questi si aggiungono l’anti-immigrazionista ungherese Viktor Orbán e l’islamofobo francese Éric Zemmour.

La presenza di quest’ultimo, a discapito di Marine Le Pen, rappresenta la cifra di come questi inviti siano stati congegnati per inviare segnali chiari su come saranno organizzati i nuovi tempi di questa diversa era politica che si staglia all’orizzonte.

La Le Pen infatti paga lo scotto per le dichiarazioni del suo numero due, Jordan Bardella, il quale, dopo la rielezione di Trump, ha dichiarato: “Per noi, francesi ed europei, queste elezioni americane devono suonare come una sveglia. L’occasione di ripensare il nostro rapporto con la potenza e l’autonomia strategica. Perché Donald Trump ci invita a difenderci da soli, prendiamolo in parola”. Un pronunciamento che, se non fosse stato fatto da un alto esponente del Rassemblement National, potrebbe essere attribuito tranquillamente a Macron. Ergo, il Trump del 2024 non è quello del 2016: è molto più radicale dei lepenisti, e questa dissonanza è qualcosa che un uomo coriaceo come il tycoon non può tollerare.

In altri termini, come ho già detto in altri articoli, tutto ciò che si discosta dal piano trumpiano del mondo sarà inevitabilmente relegato, nella migliore delle ipotesi, in un “cono d’ombra” o, nella peggiore, estirpato dalla scena politica occidentale.

Steve Bannon, se vogliamo, è stato il prototipo di questo trattamento: prima esaltato, poi scaricato, e infine promosso in un ruolo molto meno incisivo e defilato rispetto al passato. Questo principio potrebbe valere anche per Elon Musk.

Certamente, Musk è l’uomo più ricco al mondo. Ha contribuito enormemente alla vittoria di Trump, riuscendo anche a deviare dal campo democratico – portandoli dalla parte del tycoon – gli altri “paperoni” della Silicon Valley, come Jeff Bezos e Mark Zuckerberg. Ma il patron di SpaceX deve pur sempre stare al posto suo, e questo messaggio è chiaramente espresso tra le righe nell’invito rivolto a Nigel Farage per presenziare al giuramento. Farage, benché recentemente criticato da Musk per il mancato appoggio a Tommy Robinson, un attivista di estrema destra attualmente detenuto nelle carceri inglesi, resta agli occhi di Trump l’unico interlocutore credibile in Gran Bretagna.

Seguendo questa logica, è altrettanto evidente come potrebbe evolvere la trattativa del tycoon con Putin sull’Ucraina: il mancato invito a Zelensky, al premier inglese Starmer e a von der Leyen suona inevitabilmente come una condanna a morte per la causa ucraina. Anzi, mi verrebbe da dire che sarà già un miracolo se Zelensky, alla fine della fiera, non sarà anche arrestato – e forse ucciso dalla sua stessa gente – perché accusato, giustamente o ingiustamente, di ruberie e sottrazioni d’armi dalle forniture occidentali durante questi quasi tre anni di conflitto.

In questo contesto, la Meloni, per certi versi, è stata più falco degli inglesi, completamente appiattita sulle posizioni di Biden. Queste prospettive le hanno impedito persino di pronunciarsi a favore delle rivendicazioni elettorali di Trump riguardo ai presunti brogli delle elezioni presidenziali del 2021. È stata proprio questa la motivazione per cui il tycoon, come un novello Riccardelli, ha obbligato la Premier Meloni alla visione di 90 minuti non della “Corazzata Kotiomkin”, ma del docufilm “The Eastman Dilemma: Lawfare or Justice”. Solo che, in questo caso, alla richiesta di un parere sul montaggio analogico, Giorgia non ha potuto rispondere con l’iconica frase del Ragionier Fantozzi: “… è una cagata pazzesca!”, ma avrà  dovuto chiedere scusa per non aver fatto nulla per contrastare Biden dal 2022 a oggi.

Ora, questo basterà per essere, come già indicano i giornali italiani, l’unica referente europea credibile? Io, se ho capito bene come ragiona Trump, continuo a credere proprio di no.

Certo, la Meloni è brava nelle relazioni interpersonali, cioè sa sempre trovare l’amico dell’amico che può esserle utile per salvarsi la faccia – in questo caso specifico, il suo invito è maturato non solo grazie ai buoni uffici di Elon Musk, ma anche grazie alla buona parola di un altro trumpiano di ferro, il Presidente Milei – ma eccelle soprattutto, in Italia, nella comunicazione: ha d’altronde una macchina comunicativa da paura. Ma i nodi vengono sempre al pettine, anche perché le bugie hanno davvero le gambe corte.

Così capita che certi astuti comunicatori, presi dalla foga, dimentichino l’adagio latino Excusatio non petita, accusatio manifesta, e senza che nessuno glielo abbia mai chiesto, tengano a precisare: “È passato più di un mese dall’invito di Trump. Informale, faccia a faccia (sì, tipo festa di compleanno, sic!), all’ombra di Notre Dame…”. E noi abbiamo saputo della presenza della Premier solo 48 ore prima dell’inizio della cerimonia.

Infine, un piccolo giallo: dal 5 dicembre 2024 era data per certa la presenza, a Capitol Hill, dell’ex senatore Antonio Razzi. Questo, insieme ad altri membri dell’associazione “Noi con Trump”, aveva incontrato il tycoon il 17 gennaio nella sua residenza di Mar-a-Lago, ma all’ultimo minuto la loro presenza è stata cancellata. Perché? Probabilmente perché Giorgia Meloni, molto attenta alla propria immagine, non voleva essere associata a una figura considerata da molti, a torto o a ragione, sopra le righe.

Ma tutto questo basterà a incoronarla nuova Merkel? Io credo di no. Perché, al 100%, oltre all’affaire Ucraina, a saltare sarà proprio questa Europa.

D’altronde chi vivrà vedrà!

Lorenzo Valloreja

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