EROI UTILI E VITTIME DIMENTICATE: DA SALA A PASSERI, TUTTE LE STORIE NEL MEZZO A CONFRONTO
La notizia della scarcerazione di Cecilia Sala dalla prigione di Evin, in Iran, seguita dal suo rapido rientro in Italia, mi ha fatto piacere – come credo sia stato per ogni italiano degno di questo nome. Tuttavia, ciò che mi ha sinceramente irritato è stata la constatazione che, come spesso accade in situazioni simili, ci siano sempre figli e figliastri.
Pur volendo riconoscere il talento della giovane giornalista, collaboratrice de “Il Foglio” di Giuliano Ferrara e voce di spicco del podcast Chora Media – insomma, non proprio “pizza e fichi” – potremmo anche sorvolare sul fatto che il suo compagno, Daniele Ranieri, sia un noto giornalista specializzato in conflitti internazionali, firma autorevole de “Il Foglio” e di “Repubblica”. Così come potremmo tralasciare il fatto che la Sala provenga da una famiglia agiata, lontanamente imparentata con il sindaco di Milano: un padre, Renato Sala, ex senior advisor di JP Morgan e attuale amministratore indipendente di MPS, e una madre, Elisabetta Vernoni, con una brillante carriera dirigenziale.
Ma non possiamo dimenticare che, durante il caso dei marò Girone e Latorre, detenuti in India per l’incidente della “Enrica Lexie”, Cecilia Sala fosse tra i sostenitori dell’idea che i due dovessero rimanere in India fino al giudizio di un tribunale locale.
E allora mi chiedo: perché la Premier in persona si è tanto impegnata per il caso Sala, arrivando persino a discuterne con Trump, quando oltre 2.000 italiani sono attualmente detenuti all’estero in 63 Paesi, di cui più di 200 in condizioni di detenzione illegittima, senza che nessuno muova un dito? E perché le dichiarazioni dei familiari di Cecilia hanno avuto una risonanza mediatica tanto ampia, mentre per i casi sopra citati nessuno dà voce ai drammi delle famiglie coinvolte?
Forse perché i riflettori si accendono solo quando una notizia è utile al sistema, sia a livello politico interno, tra maggioranza e opposizione, sia sullo scacchiere internazionale, dove le grandi potenze – Stati Uniti, Russia o Cina – giocano le loro partite. Quando queste condizioni mancano, “Tertium non datur“… e chi si è visto, si è visto.
Per Cecilia Sala – sfortuna o fortuna, a seconda dei punti di vista – la sua vicenda si è inevitabilmente intrecciata alle attuali tensioni internazionali, al di là delle dichiarazioni ufficiali di Italia, Iran e Stati Uniti, che negano qualsiasi connessione con l’arresto, avvenuto il 16 dicembre 2024 a Malpensa, dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabad su mandato americano. Eppure, storicamente, i giornalisti sono stati spesso visti, dai malpensanti, – da Napoleone in poi – come informatori della polizia o, peggio, spie al servizio di potenze estere. Probabilmente è stata proprio quest’ultima accusa a motivare la detenzione e il rilascio della Sala: una testa di peso scambiata con un’altra di pari valore. Altrimenti non si spiegherebbe come mai Abedini sia stato arrestato senza mandato dagli inquirenti italiani e poi liberato il 12 gennaio 2025 su ordine del Ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio. Tant’è che già nella mattina del 13 gennaio l’ingegnere era tornato a Teheran.
Dunque, non solo la legge non è uguale per tutti, ma anche il valore della vita sembra essere variabile. Lo stesso schema si è ripetuto nel passato, come nel caso dei caduti di Nassiriya nel 2003: morti per un attentato ma anche per l’imperizia nell’allestire la base “Maestrale”. Nonostante le evidenti carenze strutturali e di sicurezza, nessuno pagò; al contrario, molti responsabili fecero carriera. E così, quella tragedia fu trasformata in un evento di patriottismo eroico, con funerali solenni e commemorazioni nazionali.
Ma non tutti i militari caduti ricevono lo stesso trattamento. I 13 aviatori italiani cannibalizzati a Kindu nel 1961 e i 3 paracadutisti della Folgore morti nella “Battaglia del pastificio” a Mogadiscio nel 1993 restano esempi di eroi dimenticati. La differenza? I martiri di Nassiriya erano utili alla narrativa, gli altri no!
Lo stesso vale per i civili: chi non serve al sistema finisce nell’oblio. È il caso di Giacomo Passeri, un italiano, originario di Pescara, arrestato in Egitto il 23 agosto 2023 durante una vacanza al Cairo. Accusato di possesso e traffico internazionale di droga, è stato condannato il 19 agosto 2024 a ben 25 anni di detenzione – quasi un ergastolo!
Di lui, però, non parla nessuno. Perché?
Perché quando si è “Tertium“, piaccia o non piaccia si è certo destinati a “prenderselo in saccoccia”.
Lorenzo Valloreja
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