L’ANNO SANTO DELLA CHIESA VISIVAMENTE DEBOLE E IN CRISI, DOVE LE SUE PAROLE SONO ATTUATE DA SOGGETTI IMPREVEDIBILI SECONDO GLI SCHEMI UMANI.

L’ apertura della Porta Santa ha, come da tradizione, inaugurato l’Anno santo ordinario del 2025.

Questa “invenzione” spirituale di papa Bonifacio VIII (il primo Anno Santo si tenne nel 1300) basata sull’ indulgenza plenaria dei peccati, non è affatto un obbligo canonico del papa regnante. Una volta e nei primi tempi della sua lunghissima  storia non era neanche venticinquennale, ma cinquantennale o addirittura secolare.

In tempi moderni, non fu affatto indetta per le traversie legate alle campagne napoleoniche nel 1800 e per quelle derivanti dal processo “risorgimentale” italiano nel 1850.

Papa Francesco ha giustamente affermato qualche giorno prima, che di “turismo religioso” il messaggio cristiano non ha alcun bisogno, e che questo Giubileo che egli ha voluto dedicare alla Speranza ha senso solo in una ottica, in un mondo così largamente scristianizzato, di conversione e riconciliazione con Dio.

Non posso non aderire totalmente  a tale pensiero (si veda a riguardo, se si vuole, il mio articolo LA PERDONANZA CELESTINIANA: UN PO’ SANREMO,UN PO’ MEETING DI RIMINI, E TANTA PROMOZIONE TURISTICA E MANGERECCIA, CON UNA SPRUZZATA DI POSTCATTOLICESIMO SPRAY. del 29 agosto 2024).

Il Concilio ecumenico vaticano secondo, sancendo tra le atre cose, innanzitutto la fine della Tradizione almeno nel suo senso più coerente e intransigente, ha fatto sì che questa venisse meno anche in qualunque ritualità. Da allora, insomma, si assiste a una certa liturgia  “creativa” in cui, per quanto riguarda le funzioni pontificie, Tradizione a parte, sembra che la stessa dimensione teologica si ridimensioni a beneficio di simbolismi riconducibili alle impostazioni culturali del singolo pontefice. Insomma, ieri si è fatto così, ora facciamo in questo modo, e la prossima volta chi vivrà vedrà.

Ecco quindi che dalla apertura di una Porta santa nel 1949 con un Pio XII in assoluta continuità cerimoniale con i suoi predecessori ( assistito e venerato persino con flabelli da faraone nella sua funzione pontificale da uno stuolo di militari pontifici, e dignitari religiosi quanto laici salmodianti o in muta devozione), si passa al 1975 con un Paolo VI ancora tutto sommato nel segno della tradizione e anch’ egli al  triplice tocco del sacro martelletto ha lo scenografico potere (simbolico, il portone in realtà era tirato giù da addetti all’altra parte) di svellere persino con una certa violenza una porta santa sì ma rappresentante il diaframma tra la Civitas hominis immersa nel Peccato e la civitas Dei. E infatti, un piccolo calcinaccio colpì papa Montini che sussultò appena. Quel martelletto, in realtà, era un Crocefisso sotto mentite spoglie, io direi.   

Nel 1999 san Giovanni Paolo II non userà più il martelletto, la Porta non viene più addirittura divelta, ma come a rassicurare e a non drammatizzare troppo il significato psico-teologico dello spalancamento del sacro portone, essa viene semplicemente spalancata dal pontefice. Il seguito papale è alquanto ridotto, e un vecchio e sofferente papa, fasciato da una sgargiante e volutamente appariscente casula, si aggrappa sia in ginocchio che in piedi con orgoglioso e santo stoicismo al suo bastone pastorale. Se si sdrammatizza l’ abbattimento del diaframma tra Uomo e Dio, sembra che esso sia assorbito nelle sofferenze forse in quel momento già indicibili del papa polacco, provato non si capisce se più spiritualmente o fisicamente.

E arriviamo alla viglia di questo Natale 2024, con un papa Francesco quasi sperduto e in certe riprese fotografiche inquietantemente solitario nella vastità imponente e straordinariamente maestosa di una basilica che ancora, con anacronismo misterioso secondo canoni materialisti e ateisti (atei anche molti di quelli che decantano a fini commerciali la “opportunità” del Giubileo) è il centro di una cristianità sempre più esigua e debole ma ancora esistente e pulsante ( “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro», Matteo 18:20).   

Le Guardie svizzere, quelle sì ancora misteriosamente presenti nella Chiesa (post)cattolica, non indossano la corazza delle grandi occasioni sopra la mitica uniforme multicolore (troppo bellicosa?), e l’esiguo seguito del papa sulla carrozzella sembra più fare da badanti che da assistenti di una semplicissima liturgia in cui a un papa Bergoglio invalido ma non proprio immolato come Giovanni Paolo, sulla sua prosaica sedia a rotelle (niente bastone pastorale da capo del Gregge, e altro che sedia gestatoria) è semplicemente richiesto di bussare con tranquillità sulla Porta come a non disturbare.

E’ un minimalismo formale e dal simbolismo anche involontario, da Chiesa in evanescenza ed evaporazione. Anche se poco sopra precisato, che le cose non stanno proprio così almeno per il credente con un minimo di grazia e speranza, agli occhi del Mondo rischia proprio così di apparire.

Di fatto e assurdamente (ma le logiche della Provvidenza sono insondabili) l’edificazione della Pace e di un mondo meno succube del satanismo transumanista e woke, appaiono in questo momento rimesse nelle mani più di un tycoon protestante (che infatti si dice protetto, come visto, dalle mani divine) alleato a un uomo molto più ricco di lui ben poco cristiano.

Il “cattolico” abominevole Biden, fino al 20 gennaio ancora temibile nelle sue velleità di guerra nucleare nonostante o forse proprio per la sua neurodegenerazione, crede di essersi messo a posto la coscienza con qualche commutazione di pena capitale. Sarà ricordato, nonostante le sue parole mielose per papa Bergoglio, come il principale responsabile della sanguinosissima guerra su commissione alla Russia.

Fiat voluntas Dei.

A. Martino      

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