L’UCCISIONE DEL GENERALE IGOR KIRILLOV (CHE SI OCCUPO’ DEGLI AIUTI ALL’ITALIA DURANTE IL COVID) TENTATIVO ESTREMO DI IMPEDIRE LA PACE.
Sarebbe facile e scontato mettere alla gogna colui che chiamiamo l’abominevole Biden, eppure probabilmente gli americani non hanno direttamente e operativamente a che vedere con l’attentato che, nel pieno centro di Mosca, ha troncato le vite del tenente generale Igor Kirillov, capo delle Forze di difesa nucleare, biologica e chimica (NBC) e di un suo sottoposto. L’attentato potrebbe essere ricordato come quello “del monopattino” dato che un trabiccolo elettrico di questo genere (a quanto pare persino la Russia ha ceduto a questa stupida mania green occidentale), imbottito di un potente esplosivo equivalente a trecento chili di tritolo, è stato lo strumento dell’atto terroristico.
E per i motivi che vi dirò sarei propenso, se mi si concede la metafora cinematografica, a vedervi la mano più di James Bond che di Ethan Hunt.
E’ avvenimento decisamente poco esaltante per l’apparato di sicurezza russo, che però, in uno strano copione, riesce sempre ad agguantare gli esecutori entro massimo quarantotto ore (in questo caso, si tratterebbe di un balordo uzbeko che per quattro soldi si sarebbe inguaiato per il resto della sua vita).
Non è il primo di questi (basti pensare alla a noi tanto cara e viva memoria della professoressa Darya Dugina), ma quasi mai lo SBU (il servizio segreto ucraino) ha apertamente e ufficialmente rivendicato la paternità dell’atto. Appena lunedì lo aveva incriminato in contumacia (singolarità ucraina, i servizi segreti fungono anche da pubblica accusa oltre che da boia?).
Questa volta, insolitamente, lo ha fatto. Con strali contro la vittima principale. Gli USA, come prassi in questi casi, hanno preso le distanze. Il che non ha assolutamente fatto il cosiddetto regno cosiddetto unito.
Certo, in un contesto come quello NATO, in cui le decisioni operative spesso travalicano le volontà nazionali in un equilibrio evanescente, è un’analisi relativissima. Il Times ha pur sempre parlato di “atto di difesa legittimo” a cui l’ex presidente russo ha replicato che atti di difesa legittimi potrebbero essere pure quelli contro funzionari operativi della NATO stessa.
Il generale Igor Kirillov (alle cui famiglie e commilitoni dovrebbero andare le condoglianze sincere di tutti gli spiriti non omologati del mondo) è stato uno tra gli alti ufficiali russi più mediatici: impegnato in questi ultimi anni di “operazione speciale” in svariate conferenze stampa, sembrava più un giornalista di inchiesta che un militare. Ha illustrato la visione russa non solo riguardo all’utilizzo di armi chimiche da parte di Kiev (ovviamente fornitele dagli occidentali) ma anche a proposito di studi batteriologici in cui rientrerebbe pure la diffusione del famigerato Covid 19. Riguardo le accuse in materia chimica e batteriologica, Kirillov sistematicamente ritorceva verso Ovest le accuse di gasatore e utilizzatore di armi vietate che gli furono rivolte per anni, sanzioni britanniche incluse: appunto.
E’ stato anche definito, chissà con quale fondatezza e tanto per aumentargli l’alone di negatività, il coordinatore delle atomiche di Mosca. Per quanto più direttamente ci riguarda, mi consta che si occupò dei (prima accolti a braccia aperte, poi contestati e disprezzati come spionistici) aiuti all’Italia nella fase peggiore della pandemia e nell’area disastrosamente contagiata di Bergamo.
Ce n’era quanto bastasse, e ne avanzasse, per attirare l’attenzione dei servizi segreti occidentali (in particolar modo di quelli britannici, Oltremanica si è forse brindato alla sua eliminazione con commenti entusiasti). Kirillov era per costoro un agente principe di “disinformazione russa”, complottismo, e fake news, Tutti termini ormai di neolingua con cui la stampa di sistema bolla qualunque riferire fatti, o esprimere opinioni, non graditi o minaccianti “l’unità delle nostre popolazioni” (concetto questo, tipicamente UE e francamente raggelante nel suo velato totalitarismo).
Di sicuro, dal punto di vista politico, atti del genere appaiono disperatamente tesi a minare la strada della inevitabile pax trumpiana che potrebbe avviarsi già dal 20 gennaio 2025 (giorno del fatidico secondo insediamento di The Donald). Ma anche a marcare la cesura fra falchi e colombe ovvero tra fans, fino all’ultimo minuto di potere di Biden, della terza guerra mondiale (gran parte dei dem americani, quasi tutti i leaders europei Meloni compresa stando almeno alle parole laddove “la Russia non può vincere” ha sostituito la storiella dell’ “aggressore e dell’aggredito”) e la gente mentalmente sana e anelante alla fine della strage lungo il Dnipro e dintorni (Trump loro leader globale, e forse lo stesso Zelensky come simpatizzante occulto).
Il quale ultimo, dopo poche ore e non a caso, ha ammesso che Crimea e Donbass non sono recuperabili manu militari. Possiamo solo sperare che da qui al 20 gennaio, non vi siano altri atti terroristici.
A. Martino
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